Addio ai concetti di insidia e trabocchetto
Abbiamo già avuto modo, proprio in questa rubrica, di ricordare come il nuovo orientamento della Corte di Cassazione in ordine alla valutazione della responsabilità della Pubblica Amministrazione per danni patiti dagli utenti a causa del difetto di manutenzione dei beni quali per esempio le strade ed i marciapiedi, abbiano mai fatto registrare una netta inversione di tendenza. Non si applica più l’art. 2043 c.c. che impone al danneggiato l’onere di dimostrare anche la colpa della Pubblica Amministrazione, si applica invece l’art. 2051 che prevede un’inversione dell’onere della prova ed un caso di fatto di responsabilità oggettiva del proprietario della strada o del marciapiede. Ne è derivata una sostanziale indifferenza dei concetti di insidia e trabocchetto, prima fondamentali per dimostrare la responsabilità della Pubblica Amministrazione, poiché oggi il danneggiato non ha più l’onere di fornire, per l’appunto, la prova dell’insidiosità dell’ostacolo che ritiene di aver individuato, per esempio, sul marciapiede comunale. Alcune sentenze dell’anno 2006 pronunciate dal Tribunale di Bari, per quanto risentano ancora della vecchia impostazione cui si è fatto sopra riferimento, sono però interessanti perché ottengono un fondamentale principio consistente nel legittimo affidamento che l’utente può porre sulle regolarità del manto stradale, piuttosto che della superficie del marciapiede, in difetto di segnalazioni di evidenti malformazioni del terreno o comunque pericoli. In particolare in una di queste sentenze, infatti, la Pubblica Amministrazione aveva tentato di sostenere una responsabilità del cittadino che era inciampato su una serie di piastrelle pericolose poste a copertura del marciapiede di proprietà comunale, sostenendo che avrebbe potuto avvedersene prestando maggior attenzione. Spesso, infatti, si assiste alla reiezione delle richieste di danno sulla scorta delle più incredibili argomentazioni da parte delle compagnie di assicurazione e, tra queste, vi è anche quella secondo la quale il cittadino che abiti nei pressi di un quartiere nel quale vengano svolti lavori di manutenzione, dovrebbe di fatto conoscere tute le insidie che la sciagurata effettuazione di tali lavori in spregio delle norme che impongono di segnalare i pericoli, potrebbero comportare. In questa sentenza, invece, viene espresso il principio fondamentale secondo il quale il cittadino può fare legittimo affidamento sul fatto che in assenza di segnalazioni l’area soggetta al calpestio debba essere priva di parti per lui pericolose e quindi, per dimostrare un eventuale suo concorso di colpa, la Pubblica Amministrazione deve dare una rigorosa prova della scarsa attenzione nel caso di specie espressa dal cittadino che ha subito il danno. Nell’augurio che i comuni prestino, tra l’altro, maggior attenzione per le modalità con le quali le loro compagnie di assicurazione gestiscono, spesso con evidente dispregio queste regole, le istruttorie relative alla liquidazione del danno, poiché il fatto di essere assicurati non significa potersi disinteressare del diritto dei cittadini ad usufruire di beni privi di pericoli, è bene ricordare che, comunque, questa nuova interpretazione della responsabilità della Pubblica Amministrazione non consente di certo al cittadino di poter essere disattento perché, in tal caso, può pur sempre rischiare di essere considerato parzialmente responsabile del danno.