Si tratta di una casistica che in concreto ha trattato al livello della giustizia civile di legittimità di un fatto inquadrabile nell'ambito della responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia di cui alla fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. secondo cui ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha incustodia, salvo che provi il caso fortuito in cui la ratio è l'attribuzione al custode della responsabilità in esame proprio a causa della custodia.
Senz'altro utile ricondurne anche ad una lettura della relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941, con il punto 657 in base alla quale "Circa i danni cagionati da cose (articolo 772) ho modificato l'articolo 1153, riportato nell'articolo 82 del progetto del 1936, nel punto in cui si richiama alle cose che si hanno in custodia, mi sono riferito invece al danno provocato dalle cose di cui si ha la detenzione considerata questo nel senso di materiale disponibilità.
Mi è parso po' inutile accennare, come aveva fatto il progetto del 1936, all'esonero da responsabilità nel caso di colpa del danneggiato o di fatto del terzo: il primo discende dai principi generali, il secondo si riduce ad un'ipotesi di fortuito.
I principi che regolano la responsabilità per danni prodotti alla cosa che si ritiene si riferiscono pure all'incendio, che il progetto del 1936 aveva ricondotto sotto la regola normale dell' onere del danneggiato di provare la colpa del danneggiante o delle persone di cui egli deve rispondere: se si pensa che l'incendio si verifica nella sfera altrui, si ha una chiara ed esatta nozione della difficoltà di una prova come quella richiesta dal progetto del 1936, mentre è più facile al detentore della cosa incendiata di provare il caso fortuito o la colpa del danneggiato. ".
Dal punto di vista della casistica concreta di fonte giurisprudenziale qui riportata è utile leggere nel testo della sentenza che " L'oggetto del presente procedimento va correttamente inquadrato nell'ambito della previsione normativa di cui all'art. 2051 c.c., in tema di danno cagionato da cosa in custodia.
La responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c., per i danni cagionati da cose in custodia, presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma, tuttavia, non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e il danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione "iuris tantum" della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità (cfr. in termini, Cass. sez. III, sentenza n. 8005 del 1.4.2010; Cass. sez. VI-III, ordinanza n. 5910 dell'11.3.2011 Cass. Civ. Sez. III, 21.10.2005, n. 20359).
Deve, dunque, considerarsi custode chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti al bene oggetto di custodia, poiché di fatto ne vigila le modalità d'uso e di gestione (Cass., Sez. III, 2.2.2006, n. 2284; Cass. Sez. III, 30.11.2005 n. 26086).
Ciò posto, va ancora sottolineato che la fattispecie normativa applicabile costituisce, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, un'ipotesi di responsabilità oggettiva, per la cui ricorrenza è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato.
Non rileva, al riguardo, la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone, né implica uno specifico obbligo di custodia, analogo a quello previsto per il depositario, dovendosi considerare che la funzione della suddetta norma è quella di imputare la responsabilità a chi, di fatto, si trovi nella condizione di controllare i rischi inerenti alla cosa. Detta forma di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito, il quale costituisce un fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell'evento, che deve essere riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno (Cass., Sez. III, 20.10.2005, n. 20317).
A tal fine, sotto il profilo probatorio, incombe sull'attore la prova del nesso causale tra cosa e danno; mentre il convenuto, per liberarsi dell'obbligo risarcitorio, deve provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e che, potendo consistere anche nel fatto di un terzo o dello stesso danneggiato, deve presentare i caratteri dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità (Cass. Civ. Sez. III, 21.10.2005, n. 20359). ".
Segue il provvedimento giurisdizionale nella sua parte delle ragioni di fatto e di diritto che hanno portata alla decisione (https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1774813).
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RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione regolarmente notificato alla controparte, ******* e ******* convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli, il ******* di *******, al fine di vederlo condannare, previa pronuncia di responsabilità a suo carico nella causazione degli eventi dannosi dedotti in causa, all'eliminazione dei danni da infiltrazioni provocati all'immobile di cui gli stessi sono proprietari ed al risarcimento del danno per il ripristino dello stato interno dell'appartamento, oltre che per il mancato utilizzo dello stesso.
Gli attori deducevano, in particolare:
a) di essere proprietari di un immobile, sito in Napoli, ******* 32, *******B, piano quarto e ultimo, interno 37 Bis, all'interno del quale da diverso tempo si verificavano fenomeni di infiltrazioni d'acqua e di umidità, provenienti dai lastrici solari posti a copertura dello stabile e per la cui eliminazione avevano incardinato ricorso cautelare presso il Tribunale di Napoli, a cui veniva assegnato n. rg. 23/2018 (Giudice Dott. *******, poi sostituito dal Dott. *******) e nel corso del quale veniva nominato il ******* ***, che confermava le doglianze degli attori, sia in ordine al fumus boni iuris che al periculum in mora, attribuendo al ******* odierno convenuto, la responsabilità delle denunciate infiltrazioni;
b) che, a seguito dell'istruttoria, il Tribunale di Napoli accoglieva il ricorso cautelare, ordinando “al condominio resistente di provvedere alla esecuzione dei lavori indicati nel computo metrico estimativo contenuti nelle pagine 29 e 30 della relazione di CTU del 14.6.2018”, ossia delle opere necessarie per la risoluzione delle cause delle infiltrazioni;
c) che, tuttavia, alcun adempimento veniva eseguito. Gli attori chiedevano, quindi, al Tribunale di confermare i provvedimenti resi in sede cautelare, e, per l'effetto, condannare il ******* a rimuovere le cause delle infiltrazioni, ponendo in essere le opere previste dal CTU a pag. 29 e 30 dell'elaborato peritale; di condannare il ******* al risarcimento del danno per il ripristino dello stato interno dell'appartamento per complessivi ******* oltre ******* come indicato dal CTU alle pagine 31 e 32 della relazione peritale, oltre che per il mancato utilizzo dello stesso dal mese di ******* (coincidente con l'invio agli attori, da parte dell'******* del ******* di diffida a non frequentare l'immobile a causa del pericolo di crolli) al giorno di completamento delle opere necessarie e/o del risarcimento del danno per il ripristino dello stato interno dell'immobile, da rapportare al valore locatizio dello stesso, ricavabile dalla ******* delle ******* dell'******* delle ******* per un totale mensile pari ad ******* con vittoria delle spese di lite, da attribuirsi ai procuratori antistatari.
Con comparsa di costituzione e risposta, depositata in data 27.3.19, si costituiva in giudizio parte convenuta, la quale eccepiva, in via preliminare, l‘improcedibilità di tutte le domande per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione e, in via principale e nel merito, l'imminente inizio dei lavori per cui è causa, in relazione alle domande di conferma dei provvedimenti cautelari emessi, di condanna del ******* a rimuovere le cause delle infiltrazioni e di risarcimento del danno per il ripristino dell'immobile pari a ******* ; eccepiva, ancora, l'infondatezza nel merito della pretesa attorea, volta ad ottenere la condanna del ******* al risarcimento del danno per mancato utilizzo dell'appartamento dal ******* sino all'esecuzione dei lavori di ripristino; eccepiva, in ogni caso, l'esistenza di apposita polizza con la compagnia di assicurazioni ******* spa al fine di essere garantita e manlevata dalla stessa, per il caso di accoglimento, anche parziale, della domanda attorea.
Chiedeva, pertanto, di essere autorizzata alla chiamata in causa della ******* spa e concludeva, in via preliminare, per la dichiarazione di improcedibilità delle domande e, in via principale, per la dichiarazione di cessata materia del contendere, in relazione alle domande di conferma dei provvedimenti cautelari emessi, di condanna del ******* a rimuovere le cause delle infiltrazioni e di risarcimento del danno per il ripristino dell'immobile e per il rigetto, nel merito, della domanda volta ad ottenere la condanna del ******* al risarcimento del danno per mancato utilizzo dell'appartamento dal *********** sino all'esecuzione dei lavori di ripristino; in ogni caso, chiedeva che la ******* spa venisse condannata a tenerla indenne da ogni responsabilità, in caso di accoglimento della domanda attrice, con vittoria delle spese di lite.
Si costituiva, altresì, in giudizio, con comparsa di costituzione e risposta, depositata tardivamente in data 26.6.2020 e per effetto della spiegata chiamata in garanzia, la ******* la quale eccepiva, in via preliminare, l'improcedibilità della domanda attorea per mancato esperimento della procedura di valutazione del danno di cui all'art. 14 delle condizioni di assicurazione e la nullità della citazione per genericità dell'atto introduttivo del giudizio, ex artt. 163 e 164 cpc. Eccepiva altresì, in via principale, la decadenza del diritto dell'assicurato, per avere omesso di informare tempestivamente la ******* chiamata in causa circa l'esistenza del sinistro, ex artt. 1913 e 1015 cc. e l'infondatezza nel merito sia della pretesa attorea che della domanda di garanzia. ******* concludeva, pertanto, per la dichiarazione di improcedibilità e di nullità della domanda attorea e, in via principale, per il rigetto delle domande nel merito.
All'udienza del 19.4.19 il convenuto veniva autorizzato a chiamare in causa la ******* mentre all'udienza dell'11.10.19 veniva assegnato termine per attivare il procedimento di negoziazione assistita; con ordinanza del 3.7.20, su richiesta delle parti, venivano concessi i termini ex art. 183 VI comma c.p.c., mentre, con successiva ordinanza del 28.1.21, veniva conferito incarico di ******* all'udienza del 9.11.21, sostituita dal deposito di note scritte, la causa, ritenuta matura per la decisione, veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni; con successiva ordinanza del 15.11.22, il procedimento veniva riservato in decisione, previa assegnazione dei termini di cui all'art. 190 cpc.
Preliminarmente, si osserva che la decisione va circoscritta alle domande formulate da parte attrice nell'atto introduttivo e non può essere estesa ad ulteriori domande, proposte in corso di causa, fondandosi il processo civile sul sistema delle preclusioni.
Parimenti, non saranno oggetto di valutazione i documenti prodotti dal ******* solo in sede di comparse conclusionali e ciò anche ai fini della valutazione della cessazione della materia del contendere, tenuto anche conto che la causa pende dal 2018 e che i lavori enunciati non sono stati in ogni caso ancora eseguiti.
Va poi disattesa l'eccezione di improcedibilità della domanda ex art. 3 D.L. 132/14 proposta dal convenuto, essendo stata rispettata la condizione di esercizio dell'azione di risarcimento dei danni. In particolare, agli atti, vi è invito alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita rivolto dai danneggiati, per il tramite del proprio difensore, al convenuto e alla terza chiamata a mezzo PEC del 18.3.19, rimasto privo di riscontro.
Va altresì respinta l'eccezione di nullità dell'atto di citazione, essendo l'atto introduttivo completo di tutti gli elementi richiesti dalla legge. Nel merito, la domanda è fondata e merita accoglimento.
L'oggetto del presente procedimento va correttamente inquadrato nell'ambito della previsione normativa di cui all'art. 2051 c.c., in tema di danno cagionato da cosa in custodia.
La responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c., per i danni cagionati da cose in custodia, presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma, tuttavia, non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e il danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione "iuris tantum" della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità (cfr. in termini, Cass. sez. III, sentenza n. 8005 del 1.4.2010; Cass. sez. VI-III, ordinanza n. 5910 dell'11.3.2011 Cass. Civ. Sez. III, 21.10.2005, n. 20359).
Deve, dunque, considerarsi custode chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti al bene oggetto di custodia, poiché di fatto ne vigila le modalità d'uso e di gestione (Cass., Sez. III, 2.2.2006, n. 2284; Cass. Sez. III, 30.11.2005 n. 26086).
Ciò posto, va ancora sottolineato che la fattispecie normativa applicabile costituisce, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, un'ipotesi di responsabilità oggettiva, per la cui ricorrenza è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato.
Non rileva, al riguardo, la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone, né implica uno specifico obbligo di custodia, analogo a quello previsto per il depositario, dovendosi considerare che la funzione della suddetta norma è quella di imputare la responsabilità a chi, di fatto, si trovi nella condizione di controllare i rischi inerenti alla cosa. Detta forma di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito, il quale costituisce un fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell'evento, che deve essere riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno (Cass., Sez. III, 20.10.2005, n. 20317).
A tal fine, sotto il profilo probatorio, incombe sull'attore la prova del nesso causale tra cosa e danno; mentre il convenuto, per liberarsi dell'obbligo risarcitorio, deve provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e che, potendo consistere anche nel fatto di un terzo o dello stesso danneggiato, deve presentare i caratteri dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità (Cass. Civ. Sez. III, 21.10.2005, n. 20359).
Ebbene, nel caso di specie, che danni si siano verificati nell'unità immobiliare di proprietà degli attori e che questi siano stati diretta conseguenza d'infiltrazioni di acque provenienti da una res in custodia del ******* convenuto, è circostanza già emergente dalle risultanze della fase sommaria, ed in particolare dalla c.t.u. in quella sede espletata, a cui si ritiene di dover aderire. Il nominato c.t.u., Ing. ******* le cui valutazioni risultano correttamente argomentate ed immuni da errori di tipo metodologico, ha certificato e confermato in questa sede la perdurante presenza dei fenomeni infiltrativi ed i conseguenti danni nella proprietà attorea, individuando anche le cause.
L'ausiliario, sul punto, già nel corso della prima ******* espletata nell'ambito del procedimento cautelare RG. n. 23/2018, ha asseverato che “nell'immobile dei ricorrenti signori ******* e ******* allo stato attuale si sono riscontrati effettivamente evidenti problemi di infiltrazioni d'acqua e di umidità. Il sottoscritto precisa, in proposito, che a seguito degli accertamenti eseguiti durante gli accessi peritali eseguiti nei mesi di ******* e ******* , ha potuto riscontare che le suddette infiltrazioni di acqua e di umidità interessano in particolare la camera da letto con affaccio diretto su via ******* lato nord, e la camera adibita a soggiorno sala da pranzo, lato est dell'immobile di proprietà degli attori signori ******* A proprio parere, i danni riscontrati nell'immobile oggetto di causa di proprietà dei ricorrenti signori ******* sono i seguenti:
1) ammaloramento delle panconcelle in legno di orditura del solaio in legno a servizio della camera da letto; 2) danneggiamento materasso letto camera da letto;
3) ammaloramento superfici murarie e soffitto della camera adibita a soggiorno, con evidenti macchie di umidità e di infiltrazioni d'acqua, distacchi di tinteggiatura e scrostamento della pittura e parte della rasatura su soffitto e pareti”.
Circa le cause, il CTU ha scritto: “…le cause dei danni riscontrati nell'immobile oggetto di causa di proprietà dei ricorrenti signori ******* sono i seguenti:
1) ammaloramento della copertura del tetto a spiovente in eternit a servizio dei locali sottostanti adibiti a camera da letto, disimpegno e alla cameretta;
2) ammaloramento dello strato di membrana impermeabilizzante relativo al manto del solaio di copertura dei locali sottostanti adibiti a camera da letto, al disimpegno e alla cameretta;
3) ammaloramento dello strato di membrana impermeabilizzante relativo al manto del solaio di copertura dei locali sottostanti adibiti a camera da letto e soggiorno”. (cfr. pag.21 della relazione)”.
Il tecnico, che ha anche dichiarato che il precedente intervento del ******* non è stato risolutivo (cfr. pagine 21 e 22 della prima relazione di *******, ha precisato (pagine 22 e ss.) che “le infiltrazioni, nonostante nei mesi di ******* e *******, durante i quali sono stati eseguite le operazioni peritali, non fossero in atto, sono effettivamente in grado di arrecare un pregiudizio grave ed imminente all'immobile, sia sotto il profilo strutturale sia riguardo alle condizioni di salubrità degli ambienti. ******* gli accessi eseguiti difatti il sottoscritto, in particolare, ha riscontrato una situazione estremamente preoccupante per quanto riguarda le panconcelle in legno che costituiscono l'orditura del solaio in legno a servizio della camera da letto dell'immobile di proprietà dei ricorrenti. Le suddette panconcelle, a seguito delle infiltrazioni d'acqua, si presentano in un grave stato che a giudizio dello scrivente pregiudicano seriamente l'aspetto strutturale del solaio (…) ******* gli accessi eseguiti il sottoscritto ha riscontrato inoltre una preoccupante situazione che pregiudica anche le condizioni di salubrità degli ambienti: il materasso del letto della relativa camera da letto si presentava difatti bagnato e sporco di macchie di muffa”.
Va inoltre aggiunto che, il Consulente, chiamato a chiarimenti, ribadiva che: “così come fatto presente nella relazione di consulenza tecnica depositata nel mese di ******* , nell'immobile dei ricorrenti signori ******* e ******* nei mesi di ******* e ******* , durante i quali sono stati effettuati gli accessi peritali, sono stati riscontrati effettivamente evidenti problemi di infiltrazioni d'acqua e di umidità. Il sottoscritto ribadisce ancora che a seguito dei suddetti accertamenti, eseguiti durante gli accessi peritali nei mesi di ******* e ******* , ha potuto riscontare che le suddette infiltrazioni di acqua e di umidità interessano in particolare la camera da letto con affaccio diretto su via ******* lato nord, e la camera adibita a soggiorno sala da pranzo, lato est dell'immobile di proprietà degli attori signori ******* come riscontabile dalla documentazione fotografica allegata alla relazione depositata. Il sottoscritto, in proposito, chiarisce che le infiltrazioni riscontrate risultavano presenti ancora nei mesi di ******* e ******* durante i quali sono stati effettuati gli accessi peritali, e, quindi, anche dopo i lavori eseguiti dal ******* e ritenuti non a regola d'arte. Il sottoscritto chiarisce ancora che nell'elaborato finale depositato nel mese di ******* si è assunta l'attuale presenza delle medesime infiltrazioni: essendo stati riscontrati anche ristagni di acqua sulla copertura”. A pag. 8 dell'elaborato peritale è stato riportato interamente lo stralcio del verbale di accesso peritale eseguito in data 23.03.2018 in contraddittorio con i CTP delle parti in causa, dove si legge: “Si dà atto, inoltre, che in data odierna le compagini murarie presenti all'interno dell'unità immobiliare attorea presentano fenomeni infiltrativi a carico della camera da letto e della camera adibita a sala pranzo soggiorno. Si dà atto, inoltre, di aver riscontrato una quantità di acqua stagnante al di sotto della falda del tetto soprastante la camera da letto (come da foto effettuate) ed, inoltre, un ristagno evidente di acqua in prossimità dello scolo pluviale, in corrispondenza dell'angolo dove è stato riscontrato il fenomeno infiltrativo nella camera adibita a sala da pranzo soggiorno sottostante.” Il CTU chiariva ancora che nell'elaborato finale depositato nel mese di ******* , a pag. 22, con il termine “non sono presenti infiltrazioni in atto” intendeva dire che “durante gli accessi eseguiti non sono stati riscontrati fenomeni di gocciolamenti in corso, ma ciò non toglie che gli stessi siano avvenuti i giorni precedenti in considerazione delle evidenti macchie presenti di colore giallo marrone e dalla formazione di efflorescenze, come è possibile vedere anche dalle foto allegate all'elaborato peritale…. i danni riscontrati nell'immobile oggetto di causa di proprietà dei ricorrenti, sono stati anche l'ammaloramento delle panconcelle in legno di orditura del solaio in legno a servizio della camera da letto, come è possibile vedere anche dalle foto allegate all'elaborato peritale; che il rilevato stato precario delle panconcelle è stato senz'altro determinato, oltre che dal normale deterioramento ed usura delle stesse, anche dalle rilevate infiltrazioni, che hanno contribuito in maniera rilevante a comprometterne la loro funzionalità statica/strutturale.” (cfr. relazione del 4.7.2018).
Alla luce delle risultanze della consulenza tecnica, il Giudice, all'esito dell'espletato procedimento cautelare, RG. n. 23/2018, condannava il ******* all'esecuzione dei lavori indicati dall'ausiliario, involgenti tutte le parti comuni del fabbricato condominiale. Tali fenomeni, assieme ai danni che sono derivati alla proprietà attorea, sono stati, poi, ulteriormente confermati nel corso della consulenza espletata nel presente giudizio, ad opera dello stesso ******* il quale ha asseverato che “a seguito degli accertamenti eseguiti dal sottoscritto si è potuto constatare che ad oggi non vi sono stati lavori su iniziativa del ******* né tantomeno sono stati eseguiti lavori in ottemperanza all'ordinanza emessa nel procedimento sommario. A seguito degli accertamenti eseguiti dal sottoscritto si è potuto constatare che, ad oggi, gli unici lavori eseguiti su iniziativa del ******* nella camera da letto, successivamente alle attività di ******* sono stati quelli di messa in sicurezza, da parte di una ditta di fiducia del ******* stesso, con la posa in opera di sola impalcatura parziale di sostegno al fine di garantire la praticabilità della sola camera da letto matrimoniale, a seguito della inibizione della stessa a parte del ******* del Comune di ********* che ne aveva impedito l'accesso con relativo verbale redatto dalla ******* Il sottoscritto precisa di non aver rinvenuto ed ottenuto nessuna certificazione di eliminato pericolo redatto dallo stesso tecnico incaricato dal ******* stesso. In ogni caso il sottoscritto precisa e ribadisce che ad oggi il ******* non ha realizzato nessun lavoro per eliminare le infiltrazioni e i danni riscontrati nell'immobile di proprietà dei riscorrenti”.
L'ausiliario ha, inoltre, accertato il peggioramento delle cause infiltrative che “può reputarsi, senza dubbio alcuno, conseguenza dell'accertamento originariamente eseguito dal CTU all'epoca nominato. Le infiltrazioni sono effettivamente ancora oggi in grado di arrecare un pregiudizio grave ed imminente all'immobile di proprietà dei ricorrenti, sia sotto il profilo strutturale sia riguardo alle condizioni di salubrità degli ambienti”.
Alla esecuzione dei lavori indicati nel computo metrico estimativo contenuto nelle pagine 29 e 30 della relazione di CTU del 14.6.2018 a firma del dell'******* andrà, pertanto, condannato in via definitiva il ******* convenuto, con conferma dei provvedimenti resi in sede cautelare. Quanto ai danni all'immobile, riscontrati dall'ausiliario già nel corso della fase sommaria, mette conto richiamare, ai fini della determinazione dei costi di ripristino dell'immobile in proprietà di ******* e ******* le pagg. da 31 e 32 della consulenza tecnica d'ufficio, con indicazione del relativo computo metrico, ove risultano descritti e quantificati i danni alle strutture murarie e all'immobile, essenzialmente riconducibili ad interventi di consolidamento dei solai in legno esistenti nel vano adibito a camera da letto e di rifacimento dell'intonaco e tinteggiatura delle pareti e dei soffitti, per il vano adibito a camera soggiorno, per un ammontare totale pari ad ******* oltre IVA. ******* convenuto dovrà pertanto essere condannato al pagamento in favore di ******* e ******* dell'importo di ******* oltre IVA, a titolo di risarcimento dei danni all'immobile, importo quantificato tenendo conto del prezziario dei lavori pubblici per la ******* relativo all'anno 2016.
In merito, poi, agli interessi, trattandosi di debito di valore, vanno recepiti i principi di cui alla sentenza n. 1712 del ******* delle ******* della S.C., ribadita da successive pronunce (cfr., tra le altre, Cass. Civ., Sez.
III, ******* / ******* , n. 605 e, più di recente, Cass. Civ., Sez. III, ******* , n. 15928), secondo cui “qualora la liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuata per equivalente, con riferimento cioè al valore del bene perduto dal danneggiato all'epoca del fatto illecito, e tale valore venga poi espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione monetaria fino alla data della decisione definitiva, è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del mancato guadagno, che questi provi essergli derivato dal ritardato pagamento della somma suddetta.
Tale prova può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale l'attribuzione degli interessi, ad un tasso stabilito, valutando tutte le circostanze oggettive e soggettive del caso. In quest'ultima ipotesi, tuttavia, gli interessi non possono essere calcolati dalla data dell'illecito sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata, mentre è possibile determinarli con riferimento ai singoli momenti riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, in base ai prescelti indici di rivalutazione monetaria ovvero in base ad un indice medio”.
Appare equo adottare come criterio di risarcimento del pregiudizio da ritardato conseguimento della somma dovuta, tenuto conto della natura del danno, dell'arco temporale considerato e di tutte le circostanze accertate, quello degli interessi legali: questi ultimi vanno calcolati sulla somma come devalutata all'epoca del fatto e poi progressivamente rivalutata, di anno in anno, secondo gli indici I.S.T.A.T.; sull'importo come determinato all'attualità sono dovuti gli ulteriori interessi legali, ex art. 1282 c.c., fino al saldo effettivo.
Il convenuto viene, quindi, condannato al pagamento, in favore degli attori, a titolo di danno patrimoniale, dell'importo di ******* oltre IVA e interessi al tasso legale, su detta somma, dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo e, sull'importo devalutato di ******* dal ******* , epoca del riscontro dello stato dei luoghi per effetto dell'espletamento della prima consulenza d'ufficio, alla data di pubblicazione della presente pronuncia.
Meritevole di accoglimento è, altresì, la domanda di condanna del ******* al risarcimento del danno da lucro cessante, cd. danno figurativo da mancato godimento dell'immobile, dal mese di ******* (coincidente con l'invio agli attori, da parte dell'******* del ******* di diffida, ritualmente versata in atti, a non frequentare l'immobile a causa del pericolo di crolli) al giorno del risarcimento del danno per il ripristino dello stato interno dell'immobile, rispetto al quale la Corte di legittimità, da tempo e ripetutamente, ha affermato che il danno subìto dal proprietario risiede nella perdita della disponibilità del bene e nell'impossibilità del dominus di conseguire l'utilità di regola ricavabile dal bene medesimo, in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso. In tal senso, la quantificazione del risarcimento ben può essere stabilita dal giudice sulla base di elementi presuntivi semplici, mediante ricorso al cosiddetto danno figurativo e, quindi, con riguardo al valore locativo del cespite (Cass. civ., sez. III, 12.7.2019, n. 18740; Cass. civ. Sez. II 6.8.2018 n. 20545; Cass. civ. Sez. II 28.8.2018 n. 21239; Cass. Sez. II, Sentenza n. 10870 del 25/05/2016; Cass. civ. Sez. II, 15.10.2015, n. 20823; Cass. civ. 28.5.2014 n. 11992; Cass. civ. Sez. III 17.6.2013 n. 15111; Cass. civ. 16.4.2013 n. 9137; Cass. civ. 11.2.2008 n. 3251; Cass. civ. 8.5.2006 n. 10498).
Gli attori hanno specificamente quantificato l'ammontare del danno suddetto, facendo riferimento al valore locatizio dell'immobile e indicando il periodo a partire dal quale non hanno potuto usufruire dello stesso.
Inoltre, la consulenza tecnica espletata in questa sede ha puntualmente determinato il valore locativo del bene oggetto di causa, effettuandone la relativa stima sulla base dei valori indicati dall'******* immobiliare dell'******* delle ******* della ******* di Napoli per il fitto di locali ad uso abitazione nella zona interessata (******* - Napoli centro), alla luce dei quali è risultato congruo, per l'immobile in oggetto, tenuto conto di una superficie complessiva pari a circa 106 mq, un valore di locazione mensile pari a circa ******* Quanto alle domande proposte dal convenuto, nei confronti della chiamata in causa e, segnatamente, della ********* quale impresa assicuratrice, va rilevato che la ******* già nella comparsa di costituzione in giudizio, ha eccepito il difetto di copertura assicurativa.
A fronte di tale contestazione, il ******* convenuto non ha assolto all'onere probatorio, su di esso incombente, relativo all'esistenza della copertura assicurativa invocata, al contrario riconoscendo, in sede di conclusionali, l'effettiva scopertura assicurativa per i danni arrecati all'immobile dei ******* in ragione dei fenomeni di infiltrazione d'acqua, non coperti dalla garanzia di cui alla polizza sottoscritta ******* ai ********* sensi di quanto disposto dalle condizioni di assicurazione, capitolo “******* da acqua”, art. 8.1., dai quali sono espressamente esclusi i danni materiali derivanti da raccolta e deflusso di acqua piovana, inclusi i soli danni materiali e diretti conseguenti a rottura accidentale di impianti e/o tubazioni installati nel fabbricato e dall'art. 5, sezione ******* che, dall'oggetto dell'assicurazione, esclude i danni derivanti da spargimento d'acqua.
La Suprema Corte ha più volte specificato che l'assicuratore della responsabilità civile convenuto per l'adempimento del contratto, che alleghi l'esclusione della garanzia assicurativa, non propone un'eccezione in senso proprio, poiché tale allegazione si risolve nella mera contestazione della mancanza di prova del fatto costitutivo della domanda.
Ne consegue che l'assicuratore non assume alcun onere probatorio, restando immutato a carico dell'attore l'onere di dimostrare il fatto costitutivo della domanda in tutta la sua estensione. Né può farsi distinzione fra clausole generali e clausole speciali del contratto, dal momento che tutte ed inscindibilmente le clausole attengono alla delimitazione dell'oggetto della garanzia, il quale, se contestato, deve essere provato unicamente dall'attore che intenda giovarsi dei relativi effetti, trattandosi di fatto costitutivo della domanda ai sensi dell'art. 2697 c.c., comma 1 (Cass. sez. 3, Sentenza n. 4234 del 16/03/2012 Cass. civ. Sez. 3, ******* n. 1946; Idem, ******* n. 16831; Idem, ******* n. 6108, fra le altre).
Consegue il rigetto della domanda di manleva proposta dal convenuto nei confronti della chiamata in causa.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, secondo le statuizioni del D.M. 55/2014 così come modificato con D.M. 147/2022, entrato in vigore il ******* , in favore degli attori e della chiamata in causa e a carico del ******* convenuto.
In ordine alla richiesta di parte attrice di condanna della controparte al risarcimento dei danni ex art. 96 comma 1 c.p.c., ai fini della valutazione della stessa, va ricordato che, secondo i ******** “In tema di responsabilità processuale aggravata, il carattere temerario della lite, che costituisce presupposto della condanna al risarcimento dei danni, va ravvisato nella coscienza della infondatezza della domanda e delle tesi sostenute, ovvero nel difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta consapevolezza, non già nella mera opinabilità del diritto fatto valere” (cfr. Cass., Sez. II, 1° ******* , n. 14583; Cass., Sez. I, ******* , n. 9579; Cass. Sez. 1 n. 3664 del 9.02.2017). In altre decisioni si afferma che: “In materia di responsabilità processuale aggravata, condotte sintomatiche dell'elemento soggettivo della mala fede o della colpa grave non si ravvisano soltanto nella consapevolezza della infondatezza in iure della domanda, ma anche nella omessa deduzione di circostanze fattuali dirimenti ai fini della corretta ricostruzione della vicenda controversa” (cfr. Cass. Sez. 3 n. 4136 del 21.02.2018).
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