In quegli anni dormivo in stanza con mio padre, due letti singoli su due lati opposti della stanza. Mia madre dormiva con mia sorella in un’altra camera, dall’altra parte della casa. Avevano deciso così i mei, da anni, per ragioni loro.
Ogni tanto, non spesso, mio padre si svegliava di colpo a metà della notte, si sentiva soffocare. Aveva questo difetto, se mangiava troppo, e non digeriva bene, di notte il cibo gli risaliva lungo l’esofago. Succede a tanti credo. Non è una cosa terribile, ci si alza, non si respira per cinque secondi, ci si sente morire; poi si apre un pertugio nel blocco della trachea, filtra un po’ di ossigeno, tutto si risolve.
Anche quel lunedì notte ci fu un gran trambusto, grida soffocate, da parte sua, solo che si trattava di infarto cardiaco stavolta. Certe critiche partitiche sul suo operato in ufficio avevano molto turbato papà. Arrivò dall’ospedale civile la Croce rossa, controllo, barella, lo portarono rapidamente in motoscafo al reparto di cardiologa.
Il martedì successivo si era già un po’ ripreso, chiacchierava sereno, ancor meglio il mercoledì, e cosi sembrava anche il giovedì, quando arrivai da lui alle cinque del pomeriggio. ‘’Paoletto, il nostro Paoletto’’, mi accolse affettuoso. Cinque minuti dopo tutto precipitò, ci fu un nuovo attacco, fortissimo, io e mia sorella fummo subito mandati fuori dalla stanza. Due ore dopo mio padre era morto, lo rividi un attimo, composto, immobile.
Mia madre rimase in ospedale, volle che noi due tornassimo a casa. C’incamminammo e già in campo, sotto il monumento al Colleoni, trovammo un conoscente che ci fermò per chiedere notizie. ‘’E’ morto – dicemmo mesti - un quarto d’ora fa’’.
Avevo meno di 15 anni quel giorno di ottobre. Da allora ho dormito solo in stanza per anni.
Al funerale la chiesa era strapiena. Il santino diceva ‘’Vir iste mitissimus apparuit’’. Verrà sepolto all’isola di San Michele.
Nessun evento ha inciso tanto sulla mia vita.