(da ‘’I diritti dei più fragili’’, Rizzoli, 2018)
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Muore uno dei genitori, in seguito a un incidente stradale; oppure a causa di un infortunio sul lavoro, di un suicidio, di un delitto di mafia.
I riflessi sulla prole allora: chiamata a vivere senza quel tocco protettivo, di lì in avanti; destinata a un affido provvisorio, avviata forse all’orfanotrofio, senza più i baci della buonanotte.
Un bimbo che perda la madre, giovane e bella.
Rivangherà ogni tanto il passato, singhiozzerà, paventerà il futuro; ingurgiterà cibi meno buoni, balbetterà, si vestirà disordinatamente.
Non saprà sempre di sapone di bucato, cadrà malato più spesso, non saprà con chi confidarsi.
Un figlio senza i “sì” e i “no” del padre ad accompagnarlo, dietro l’angolo di casa.
Niente più gesti di sostegno virile, finiti i lanci in aria per gioco; basta con le spiegazioni da uomo a uomo, nessun conforto dopo gli insuccessi.
Un’agenda diversa sotto tanti aspetti, ronzii circostanti d’altro genere: il dover farcela o cavarsela da soli.