Oltre alle varie magagne che l’assillano, sul terreno psichiatrico, una donna non più giovane si ritrova con un marito scadente: sfaccendato, con strane pretese sessuali a volte, traditore.
“Meglio lasciarlo al suo destino”, consigliano le amiche.
La separazione coniugale è qualcosa che non va in automatico però, occorre chiederla in modo esplicito.
La nostra paziente alterna momenti validi ad altri meno buoni: d’accordo nella sostanza, disamorata ormai del marito, non è in grado tuttavia di prendere iniziative, non da sola; chiaro che, se non si vuole abbandonarla, occorrerà nominarle un protettore.
Possibile una cosa del genere?
Qualche studioso risponderà di no: “Non si può, settore troppo intimo quello del matrimonio”. Discussioni varie, perplessità al Palazzo di Giustizia; finché non prevarrà il buon senso.
Delicata la sfera domestica, certamente, quel che conta è però il “best interest” della persona: la soluzione più conveniente per lei, cioè, sotto il profilo pratico; anche nelle vertenze tra marito e moglie.
Perché perpetuare i disagi nel focolare, inutilmente?
Un giudice accoglierà la richiesta a un certo punto: via libera alla separazione coniugale, sì, tramite amministratore di sostegno.
Dopo un po’ anche la domanda di divorzio (un altro giudice): l’annullamento del matrimonio poi, la divisione dei beni, atti consimili; le risoluzioni circa i figli minori.
Un nuovo capitolo si è aperto in materia