Famiglia, relazioni affettive  -  Redazione P&D  -  29/03/2022

L’utilizzo improprio della cosiddetta sindrome dell’alienazione parentale, l’ascolto del minore e il suo allontanamento forzoso dalla casa parentale - Cass. Civ. n. 9691/2022 - Chiara Bevilacqua

Con ordinanza n. 9691 del 24 marzo 2022, la prima sezione civile della Corte di Cassazione si è pronunciata nuovamente sulla sindrome d’alienazione parentale.

La pronuncia trae origine dalla contrastata vicenda giudiziale che si è conclusa con l’accoglimento parziale del ricorso presentato da una donna, la signora L.M., in merito alla decisione di decadenza dalla responsabilità genitoriale sul figlio minore, di trasferimento del bambino in casa-famiglia nonché all’utilizzo della forza in sede di esecuzione.

I giudici di legittimità affermano che il richiamo alla PAS (Parental Alienation Syndrome) e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre (1).

La Corte di Cassazione si era già occupata della PAS in precedenti decisioni, ove si affermava che il giudice di merito deve verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale (2), ma anche che non è solo attraverso la consulenza tecnica che si possono accertare questi comportamenti pregiudizievoli perché il giudice ha a disposizione tutti i mezzi di prova propri del processo civile ed anche uno strumento specifico, quale è l'ascolto del minore, che costituisce la modalità attraverso la quale il minore esercita il suo diritto di partecipare al processo e  di esprimere la sua opinione sulle scelte di vita che lo riguardano(3). 

In ambito psicologico, il concetto di PAS nasce nel 1985, quando il medico Richard Gardner lo coniò in merito alla situazione in cui uno dei genitori (cd. «alienante») opera verso l’altro genitore (cd. «alienato») una dinamica denigratoria volta a ritenere dannosa e negativa la frequentazione del genitore alienato e della sua famiglia.

I figli coinvolti mostrano una posizione totalmente aderente a quella dell’alienante, finendo per disprezzare l’altro genitore, spesso identificato come la causa del male che affligge il genitore collocatario. Contemporaneamente, il figlio instaura un legame patologico con il genitore alienante (che coincide spesso con la madre), spinto da una forte empatia che lo rende vittima di una manipolazione psicologica.

Il frutto e la conseguenza di tale comportamento è l’inquadramento del genitore alienante come la vittima cui prestare assistenza e con cui solidarizzare, e del genitore alienato come la figura crudele, assente e negligente da cui allontanarsi (4).

Nella fattispecie de quo occorre evidenziare che la Suprema Corte non ha inteso, né potrebbe, sindacare valutazioni proprie della disciplina della psicologia o delle scienze mediche, ma può certo verificarne la correttezza applicativa sulla base di criteri universalmente conosciuti e approvati. Orbene, in questo perimetro valutativo, il concetto di abuso psicologico, utilizzato dai consulenti tecnici di ufficio, appare indeterminato e generico, di incerta pregnanza scientifica, insuscettibile di essere descritto secondo parametri diagnostici della scienza medica, e di ardua definizione anche secondo le categorie della disciplina psicologica. Non può essere pretermesso che quest'ultima, a differenza della disciplina medica, utilizza modalità e parametri che pervengono a risultati valutativi non agevolmente suscettibili di verifiche empiriche, che siano ripetibili, falsificabili e confutabili secondo i canoni scientifici universalmente approvati, e di riscontri univoci attraverso protocolli condivisi dalla comunità scientifica.

Ciò posto, i giudici sostengono che ogni decisione che si ponga il problema se privilegiare l'interesse del minore in prospettiva futura, con la conseguenza di arrecargli una sofferenza immediata, deve contemperare due diverse esigenze: la scelta della prospettiva futura può essere ragionevolmente privilegiata solo se è altamente probabile che dia esito positivo nel lungo periodo e al tempo stesso dalla scelta opposta deriverebbe un danno elevato; è per di più è necessario che la sofferenza nel breve periodo appaia superabile senza lasciare strascichi troppo traumatici.

Un altro importante punto trattato dalla giurisprudenza legittimità, in tema di affidamento dei figli minori nell'ambito del procedimento di divorzio, concerne l'ascolto del minore infradodicenne capace di discernimento: costituisce adempimento previsto a pena di nullità, atteso che è espressamente destinato a raccogliere le sue opinioni e a valutare i suoi bisogni. Tale assolvimento non può essere sostituito dalle risultanze di una consulenza tecnica di ufficio, la quale adempie alla diversa esigenza di fornire al giudice altri strumenti di valutazione per individuare la soluzione più confacente al suo interesse(5).

Peraltro, l'audizione del minore infradodicenne capace di discernimento è funzionale alla salvaguardia dei principi del contraddittorio e del giusto processo, in relazione al quale incombe sul giudice che ritenga di ometterlo un obbligo di specifica motivazione, non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore, ma anche qualora opti, in luogo dell'ascolto diretto, per quello effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, atteso che solo l'ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda(6).

Se è pur vero che i minori, nei procedimenti giudiziari che li riguardano, non possono essere considerati parti formali del giudizio, perché la legittimazione processuale non risulta attribuita loro da alcuna disposizione di legge; tuttavia è altrettanto vero che essi sono parti sostanziali, in quanto portatori di interessi comunque diversi, quando non contrapposti, rispetto ai loro genitori. La tutela del minore, in questi giudizi, si realizza mediante la previsione che deve essere ascoltato, e costituisce pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei diritti del minore il suo mancato ascolto, quando non sia sorretto da un'espressa motivazione sull'assenza di discernimento, tale da giustificarne l'omissione(7).

Infine, la Cassazione ha stigmatizzato l’ordine di esecuzione coattiva consistente nell’uso della forza fisica diretta a sottrarre il minore dal luogo ove risiede con la madre, per collocarlo nella casa-famiglia, ritenendo suddetta misura «non conforme ai principi dello Stato di diritto in quanto prescinde del tutto dall’età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento, e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare, ponendo seri problemi, non sufficientemente approfonditi, anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona, sebbene ispirata dalla finalità di cura dello stesso minore».

Tutto ciò considerato, e senza pretesa di voler trattare questioni di genere né esprimere valutazioni proprie della disciplina della psicologia o delle scienze mediche, si rileva che i temi della PAS, dell’ascolto del minore e dell’allontanamento dalla casa parentale, anche con l’uso della forza, sono tutti oggetto della riforma in atto del processo civile (la c.d. riforma Cartabia, legge 26 novembre 2021, n. 206), ove la tutela effettiva dei diritti dei minori costituisce il fine primario della riforma dei procedimenti familiari e minorili, così come l’adeguamento del diritto interno ai precetti di numerosi atti di diritto internazionale e di sentenze sovranazionali.


1.Sul punto la Corte di era già espressa recentemente, da ultimo cfr. Cass. Civ., sentenza n. 13217/2021).

2. Cass. Civ., sentenza n. 7401/2013.

3. Cass. civ. sentenza n. 11890/2015; Cass. Civ., S.S.U.U. n. 22238/2009.

4. Francesco Montecchi (a cura di), I figli nelle separazioni conflittuali e nella (cosiddetta) PAS

(Sindrome di alienazione genitoriale). Massacro psicologico e possibilità di riparazione, Franco Angeli, 2°

edizione, 2016.

5. Cfr. Cass. Civ., sentenza n. 23804/21; e Cass. Civ. sentenza n. 1474/21.

6 Sul punto crf. Cass. Civ. sentenza n. 1474/2021.

7 Cfr. Cass. Civ. sentenza n. 16410/2020; Cass. Civ. sentenza n. 12018/19).


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