Letteratura  -  Redazione P&D  -  26/08/2024

L'odore nei vestiti - Paolo Cendon

È morta nel primo pomeriggio in ospedale, un male oscuro; ora è notte, ti ritrovi nell’ appartamento di lei, solo, eri suo ospite contingentemente. Sarà fra due giorni il funerale, ritornerai poi dove abiti - al nord.

  Le volevi un gran bene, per un’ora steso in poltrona pensi al passato.  Non la rivedrai più.  Eri preparato, da tempo, forte lo stesso il colpo però; scorri con gli occhi dei quaderni, presi dal cassetto, i suoi recenti, ci sono varie annotazioni di giornata, meticolose. 

   Sfogli dei libri, dal suo scaffale, si tratta di romanzi recenti, non sai se riuscirai a dormire.   Per distrarti apri l’armadio, tiri giù da una mensola, ci sono le sue maglie; l’odore che emanano ti colpisce subito, ti avvicini col naso.

  Continuerà anche dopo la sepoltura, una benedizione l’olfatto come senso.    Sempre il medesimo odore il suo, uguale   per ogni capo di vestiario, durerà a lungo, è intenso, un mix che non si può vedere; lo si sente anche di notte, meglio se in casa, specie sulla lana – le magline sottili, allora, chiare e scure, le sciarpe, il gilet viola, il poncho, lo scialle di mohair.

Ti strofini un minuto col viso, lievemente, ci immergi le dita, è leggera la trama.

Le cose che la morte non cancella, anche al di là della mente. Uguali la mattina e il pomeriggio.

Un ‘’sentore’’ così, soltanto lei ce l’aveva; ricordi quando lo avvertivi ancor prima di vederla, tante volte entrando in stanza. Qualcosa di dolce, di pulito, di tiepido - non si può dire lo stesso per tutti gli esseri umani.

  Se chiudi gli occhi ti sembra che sia adesso accanto a te.




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