La sentenza ha riconosciuto all'uomo un assegno di 1.500 euro e non più di 300 euro
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Trecento euro erano pochi, troppo pochi, come assegno mensile versato al marito che si era licenziato dal lavoro per accudire il figlio disabile e badare alla casa di proprietà della ex moglie. Così la Corte di Cassazione ha deciso di elevare il versamento a 1.500 euro perché la donna separata deve garantire all'ex marito che ha lasciato l'attività di manager informatico per dedicarsi al figlio disabile e alla casa lo stesso tenore di vita che gli assicurava durante il matrimonio.
La decisione considera anche che la ex "continua a godere del tenore di vita precedente alla separazione, grazie alle sue numerose proprietà immobiliari e ai proventi che le derivano dalla sua famiglia, pur dovendo provvedere in via esclusiva a dover mantenere il figlio".
Dopo aver lasciato il lavoro a 47 anni, l'uomo era stato mantenuto dalla moglie, poiché si occupava del bambino e della lussuosa abitazione di proprietà di lei. La Cassazione ha valutato come corretta la sua richiesta di un assegno più elevato evidenziando che, come sostenuto dal ricorrente, non è semplice rientrare nel mercato del lavoro dopo i 50 anni tanto da aver dovuto chiedere l'aiuto della sorella in Sardegna, dove si era trasferito non potendosi permettere una casa in affitto in Lombardia. La tesi della moglie che lui avesse "idonee risorse personali e professionali" per cavarsela è stata bocciata in quanto ritenuta "apodittica".