“In una città del Nord Italia un ragazzo e una ragazza si incontrano, si fidanzano; alcuni anni insieme, poi le nozze: la sposa rimane subito incinta. Come lavoro lui fa il rappresentante di commercio, lei è casalinga; durante le prime settimane di gravidanza tutto bene, poi cambia qualcosa. L’uomo comincia a restare fuori la sera, torna tardi, è sempre meno affettuoso; non si preoccupa di sapere come sta la moglie, sembra infischiarsene del fatto di diventare padre.
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Facile indovinare che c’è un’altra donna di mezzo: di qui litigate crescenti, scontri via via più aspri, finché scende tra i due il silenzio. Musi dalla mattina alla sera. Ma siccome le emergenze sono continue in una casa, e occorre in qualche modo gestirle, ecco il marito avviare una “prassi comunicativa” fatta di bigliettini. Ce n’è per tutti i gusti: pacchi in arrivo, l’idraulico per il lavello intasato, la verifica dei contatori, la benedizione del parroco, l’assemblea di condominio; bigliettini sempre bigliettini.
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Dopo il parto le cose non cambiano, è chiaro come lui sia ormai, col cuore e con la testa, da un’altra parte. Anche del figlio appena nato poco si interessa, quasi non fosse suo; alla moglie non rimane che chiedere la separazione. E i giudici del Tribunale - donne tutte e tre - mostreranno ben poca comprensione verso il “maschio”; uno che si comporti così non merita indulgenza: non soltanto gli viene addebitata la separazione, con quanto ne consegue, ma dovrà risarcire alla moglie pure il danno non patrimoniale - ogni riflesso negativo che quell’infedeltà/indifferenza abbia provocato.”
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I giudici meneghini infatti hanno riconosciuto in favore della parte attrice una somma pari a circa 10.000.000 di lire considerando “in concreto ravvisabile nella specie, quale condotta così assunta dal marito un danno apprezzabile e rilevante a carico della moglie, quale modificazione peggiorativa della sfera personale del soggetto, intesa come il complesso di attività, ma anche di vissuti affettivi, emozionali e relazionali, in cui il soggetto esplica la sua personalità, ben più grave del mero disagio comunque conseguente alla frattura dell’unione coniugale”.