Famiglia, relazioni affettive  -  Elvira Reale  -  03/07/2024

La Cassazione penale bacchetta il tribunale civile sul diritto di visita

(Sent. Cassazione VI penale 20004/24, pres. De Amicis, rel. Paola Di Nicola Travaglini)

Elvira Reale, Associazione Salute Donna e CTS ‘Protocollo Napoli’

Il fatto:

il Tribunale di Lecce, adito dall’ indagato per il delitto di maltrattamenti ai danni della moglie e della figlia minore ha accolto l'appello del P.M. avverso il provvedimento con riferimento all'applicazione del divieto di avvicinamento alle persone offese nonché ai luoghi abitualmente frequentati da queste, con la prescrizione di non comunicare con qualunque mezzo, e trasmissione di copia dell'ordinanza al Tribunale per i minorenni di Brindisi.

L’indagato ricorre contro tale provvedimento (ordinanza del 24/10/2023  del tribunale di Lecce) lamentando la mancanza di esigenze  per la  misura cautelare stante i seguenti fatti: “il ricorrente ha un ottimo rapporto con la figlia, alla quale si è limitato a dare uno "schiaffetto", e che difetta il pericolo di reiterazione del reato, atteso che è la moglie ad avere comportamenti altalenanti - tanto da avere ritirato l'esposto contro il ricorrente ed acconsentito a vedere la bambina in deroga agli accordi di separazione. Inoltre l'indagato sta frequentando un Centro per uomini maltrattanti e il Sert e che i servizi sociali si sono espressi a favore degli incontri tra padre e figlia, tanto che lo stesso Giudice per le indagini preliminari ha valorizzato la sua decisione di allontanarsi dall'abitazione familiare rigettando la richiesta cautelare”.

Cosa oppone la Cassazione rispetto a questo cerchio magico di circostanze favorevoli all’indagato: ovvero la frequenza di un centro per uomini maltrattanti e di una sorta di valutazione positiva di un servizio sociale a cui lo stesso GIP ha dato ampiamente credito?

La discussione

Punto primo,

dice la Cassazione: “La circostanza che (l’uomo) abbia  lasciato la casa familiare, anziché escludere il pericolo di reiterazione del delitto di maltrattamenti, è stata ritenuta correttamente un fattore di rischio «soprattutto in occasione delle visite del padre alla bambina” .

Infatti il comportamento definito altalenante della donna (ndr, non può essere eccepito come giudizio negativo sula donna, ma) ha solo mostrato come l’uomo ripreso a casa dopo aver effettuato un percorso presso una comunità,  a garanzia di un cambiamento, non sia stato  (ndr, lui) conforme alle aspettative e abbia ripreso i comportamenti maltrattanti verso la moglie e la figlia. Mostrando quindi di non essere in grado di una modifica dei suoi comportamenti violenti”.

A ciò si aggiunge uno ‘strambo’ ovvero contraddittorio provvedimento del  tribunale civile, che : “in sede di separazione consensuale, ha consentito (le visite padre- figlia) in presenza purché sia presente la madre, ovverosia proprio la vittima a cui tutela è stata posta la misura cautelare”.

In ciò è di tutta evidenza come il tribunale civile sia incorso nella vittimizzazione secondaria (censurata da una molteplicità di organismi internazionali) nei confronti della madre, con effetti anche sulla minore, esponendo quindi entrambe ad un rischio di reiterazione della violenza.

  Prosegue la sentenza: “Le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale di Lecce nel ritenere che la separazione coniugale abbia aggravato le esigenze cautelari non solo rispetto alla donna, ma anche alla figlia della coppia, in costanza del diritto di visita  del ricorrente, trovano conforto nei principi stabiliti da questa Corte,  secondo  una  lettura convenzionalmente orientata delle norme in materia di violenza domestica anche alla luce della giurisprudenza della Corte EDU”.

Punto secondo.

Altro punto fondamentale che la Cassazione ha messo in risalto è la violenza post-separativa;  questa violenza in genere  non è presente nei nostri tribunali civili che addirittura giungono ad abbracciare il pregiudizio che essa sia un’invenzione delle donne per sostenere le denunce strumentali contro gli uomini. Vediamo invece che il tema dell’aggravamento delle condotte violente è ben presente in questa sentenza:

È stato evidenziato, nel caso di specie, che la violenza domestica è continuata e si è aggravata proprio dopo la separazione coniugale che, stante la natura discriminatoria del reato, rappresenta un atto di affermazione dell'autonomia e della libertà della donna, negate nella relazione di coppia dall'uomo maltrattante (Sez. 6, n. 46797 del 18/10/2023, T., Rv. 285542; Sez. 6, n. 23322 del 06/04/2023, C., non mass.)”.

Questo dato, la presenza della violenza nella fase post-separativa ed il suo tramite principale attraverso l’uso strumentale dei figli, non è però tratto solo dalla comune esperienza, come dice la sentenza, ma è frutto di ricerche internazionali sul tema, di cui è bene tenere conto perché scienza, tecnica e giurisprudenza viaggino insieme di comune accordo a vantaggio della verità dei fatti.

“Si tratta di un dato, di comune esperienza, fatto proprio dalle Convenzioni internazionali (in questi termini v. il § 42 della Relazione esplicativa della Convenzione di Istanbul, ulteriormente avvalorato anche dalle sentenze di condanna pronunciate dalla Corte EDU nei confronti dell'Italia lì dove hanno rilevato che la separazione tra coniugi, intesa come scelta della donna di liberarsi dalle violenze subìte, avesse aggravato quelle già presenti nella relazione maltrattante (Talpis contro Italia, 2 marzo 2017; Landi c. Italia, 7 aprile 2022; De Giorgi c. Italia, 16 giugno 2022; M.S. c. Italia, 7 luglio 2022; I.M. e altri c. Italia, 10 novembre 2022).

Ciò vale soprattutto se si condivide un rapporto genitoriale, poiché, in situazioni di pregressa violenza domestica, sono proprio i figli a costituire per l'agente l'occasione o lo strumento per proseguire i maltrattamenti ai danni della persona offesa (Sez. 6, n. 9187 del 15/09/2022, dep. 2023, C., non mass.)”.

Punto terzo: il rischio e la sicurezza.

Si legge quindi nella sentenza una censura netta e chiara dell’orientamento del tribunale civile, che - diversamente dal tribunale penale di questo caso, in grado di leggere  correttamente il rischio per la donna e la minore nel confronto diretto con il partner e il padre - non mostra alcuna competenza nella valutazione del rischio da violenza, decidendo, in maniera re-vittimizzante, che la bambina veda il padre, considerato sempre detentore indiscusso del diritto genitoriale; ma c’è di più, nella sentenza di Cassazione viene sottolineata l’anomalia e l’assenza di logica, nonché di buon senso,  del provvedimento del tribunale civile quando dispone visite protette della bambina alla presenza della madre, mentre essa stessa  è soggetto da tutelare e da tenere lontana dal partner.

Proseguendo quindi in questa contrapposizione di orientamenti tra penale e civile, vediamo il tribunale penale aumentare la sua vigilanza e la sua metodologia riparativa a tutela della coppia madre figlia di contro l’atteggiamento re-vittimizzante del civile:

Il Tribunale di Lecce, nel ritenere «l'assoluta necessità di vietare qualsiasi forma di avvicinamento, allo stato legittimato dal diritto di visita disposto in sede di separazione consensuale» (pur senza  braccialetto  elettronico  e con una distanza di soli 200 metri) ha operato un doveroso bilanciamento tra il diritto di visita del padre, stabilito in sede civile, e le esigenze di tutela della  minorenne,  che ne è  stata vittima - sia diretta che come testimone di quelle praticate ai  danni  della madre (art. 572, ultimo comma, cod. pen.) -, ritenendo queste ultime prevalenti”.

In sostanza il tribunale penale ha vietato con i suoi strumenti di ‘messa in protezione’  quello che il tribunale civile aveva promosso invece con i suoi strumenti inappropriati di ‘messa a rischio’ della sicurezza della coppia madre-figlia, di contro per altro l’art. 31 della Convenzione di Istanbul.

Non è dato sapere dalla sentenza l’epilogo di questa vicenda di contrapposizione di orientamenti. Un dato è certo che la sentenza di Cassazione costituisce però un monito grave su cui il tribunale civile deve riflettere senza alzare la bandiera della sua autonomia, perché a questo punto ci troviamo di fronte al paradosso che la donna sia sempre defettuale sia che ottemperi all’ordine del giudice penale, ma disattenda l’altro e viceversa se ottemperi all’ordine del tribunale civile, disattendendo l’altro.

Le conclusioni:

La conclusione cui è pervenuto il Tribunale del riesame, oltre a garantire che la persona offesa non venga posta in pericolo proprio dalla stessa Autorità giudiziaria, atteso che il Tribunale civile ha disposto che il diritto di visita del ricorrente avvenga obbligatoriamente alla presenza della moglie che ha dichiarato di essere vittima delle sue violenze, trova conforto, ancora una volta, nel principio, immanente all'ordinamento interno (artt. 2 e 30 Cost.) ed internazionale, del best interest of the child. Questo non solo è sancito dalla CEDU (artt. 3 e 8), ma soprattutto dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176), il cui art. 3, paragrafo 1, stabilisce che «In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente», e dalla richiamata Convenzione di Istanbul (artt. 26 e 48), soprattutto con riguardo all'art. 31, secondo cui, nei provvedimenti afferenti ai minori, devono essere prese in considerazione le eventuali pregresse azioni violente ad opera del genitore maltrattante (non solo nei casi di violenza diretta sui minori o da essi assistita, ma anche nei casi in cui la condotta violenta sia perpetrata esclusivamente in danno dell'altro genitore) e all'art. 51, che dispone che tutte le autorità - tra cui rientrano ovviamente i giudici civili in sede di separazione e divorzio - operino una corretta valutazione del rischio di reiterazione dei comportamenti violenti, per garantire sicurezza alle vittime di violenza domestica”.

E’ chiaro che facendo riferimento alle norme sovranazionali sia a tutela della donna che del minore, i giudici di Cassazione ritengano che il loro orientamento giurisprudenziale sia quello corretto, e quindi necessariamente prevalente sull’orientamento del tribunale civile, dovendosi in ogni circostanza avere cura per la sicurezza delle persone.

Pur convenendo quindi con queste  affermazioni che il  best interest del minore non possa che andare di pari passo con l’interesse della madre, vittima di violenza, troviamo disseminate sentenze, a tutti i livelli, che non applicano questi principi lineari, logici e rispettosi dell’integrità psico-fisica di donne e minori.

Purtroppo paludati tecnici e giudici megafoni di scienze non validate sono in grado di tirare fuori dal cilindro mirabolanti e diversi best interest dei minori, come ad esempio le varie pseudo teorie vertenti sui seguenti assiomi: la conflittualità di coppia come danno maggiore rispetto alla violenza di coppia; la separazione da un padre violento come danno maggiore rispetto alla persistenza della continuità di relazione con quel padre.

Ne abbiamo lette e viste di tutte le specie e purtroppo ne continueremo a vedere. In questo contesto ascientifico che pulsa anche nelle vene della giurisprudenza, trovare sentenze illuminate e illuminanti e presentarle al pubblico diviene un dovere sociale.

Ci aspettiamo però delle modifiche dell’atteggiamento ancora dominante tra operatori del diritto e della psicologia, in virtù  della riforma Cartabia, come indicato dalla sentenza stessa: “Il diritto del minorenne a non subire pregiudizi, fatto proprio dall'ordinamento interno, penale e civile, è stato ulteriormente ribadito e rafforzato, proprio in fase di separazioni e divorzi, dalla c.d. riforma  Cartabia  (il  d.lgs. 10 ottobre  2022, n.149 ha infatti previsto una Sezione del codice di procedura civile interamente dedicata alla «violenza domestica o di genere» ex artt. 473-bis, 40-46  cod. proc. civ.) sul presupposto che la sua tutela deve considerarsi sempre  preminente  rispetto  ad  interessi  diversi  od opposti,  quali  quelli  del genitore che ha esercitato violenza (v., in tal senso, Corte EDU, I.M. e altri c. Italia, 10 novembre 2022, § 111, ove si afferma che «Per quanto riguarda i minori, che sono particolarmente vulnerabili, le disposizioni stabilite dallo Stato per proteggerli da atti di violenza che rientrano nell'ambito di applicazione degli articoli 3 e 8 devono essere efficaci ed includere misure ragionevoli  per  prevenire maltrattamenti di cui le autorità erano o avrebbero dovuto essere a conoscenza, nonché un efficace prevenzione per proteggere i minori da tali gravi forme di lesioni personali»).

Nelle nostre conclusioni poi vogliamo riportare - a sostegno di un cambiamento in atto nelle prassi giudiziarie, che si accompagnano alla doverosa attuazione della riforma Cartabia -  quanto ha affermato Margherita Cassano, prima Presidente della Corte di Cassazione nell’audizione di fronte alla Commissione Bicamerale d’Inchiesta sul Femminicidio:

“Ed è bene nuovamente sottolineare come la vittimizzazione secondaria sia fenomeno che si ritrova sia nel processo penale che in quello civile, con particolare riferimento, in quest’ultimo, a quella che spesso vi è pericolo che si realizzi nei procedimenti giurisdizionali di separazione, affidamento e di limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale: si tratta del rischio reale che le stesse autorità chiamate a reprimere il fenomeno della violenza, incapaci di riconoscerlo o di valutarlo nel caso concreto, non adottino nei confronti della vittima le necessarie tutele per proteggerla da possibili condizionamenti e reiterazione della violenza”. 



1) 2006: La raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (Recommendation Rec(2006)8 of the Committee of Ministers to member states on assistance to crime victim)s:  “Secondary victimization has been defined as the victimisation that occurs not as a direct result of the criminal act but through the response of institutions and individuals to the victim» par 1.3

2011: Nazioni Unite nella Risoluzione adottata dall’assemblea Generale (n. 65/228)

2012: La direttiva europea 2012/29/UE ripropone la censura della vittimizzazione secondaria

2013:  Artt. 15-18 della convezione di Istanbul

2019: GREVIO- Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence - Rapporto di Valutazione (di Base) Italia

2021: Il rapporto di Malin Björk e Diana Riba i Giner al Parlamento europeo del 22.7. 2021  (A9-0249/2021)

2021/22 Cedu ( Corte europea dei diritti umani) censura l’italia, nel caso J.L. c. Italia del 27 maggio 2021 e nel caso nel  IM  e altri c. l’Italia del 10 novembre 2022.

2022: la Commissione di inchiesta al Senato sul femminicidio con una relazione sulla vittimizzazione secondaria nei tribunali civili (Doc XXII-bis n. 10)

2024: Direttiva (UE) 2024/1385 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica

2) APA - Psychological American Association (1996), Violence and the Family: Report of the APA Presidential Task Force on Violence and the Family

Department of Health (2005)  Domestic Violence: A Resource Manual for Health Care Professionals, DHS Publications, London,

British Medical Association, Domestic abuse. A report (2007)  BMA Board of Science, London

Stanley, N., Miller, P., Richardson Foster, H. and Thomson, G. (2009) Children and Families Experiencing Domestic Violence: Police and Children’s Social Services Responses, London, NSPCC.

3) Audizione della prima presidente della corte di cassazione, Margherita Cassano,  dinanzi alla commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

28 Giugno 2024


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