Un’associazione, nella cui compagine sociale è ricompresa anche l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, si è vista respinta la propria richiesta di iscrizione al Runts, istanza – che come è noto – è curata dal notaio. La Regione, che agisce quale ufficio territoriale del Runts, ha eccepito che:
L’Associazione ha contestato questa ricostruzione del proprio statuto, evidenziando quanto segue:
Con sentenza n. 368 del 24 marzo 2023, il Tar Veneto ha accolto il ricorso, statuendo, tra l’altro, quanto segue:
Questo passaggio dei giudici amministrativi veneti in ordine alla locuzione “carattere aperto”, riferita alle associazioni, merita particolare attenzione, in quanto il legislatore fa essenzialmente riferimento all’attitudine di tali enti di accogliere nuovi membri, senza restrizioni o limiti ideologici, politici, religiosi o di qualsiasi altra natura, ossia senza alcuna discriminazione che ne comprometta la struttura democratica e partecipativa. Al contrario, restrizioni e limiti sono ammissibili in quegli enti ad accesso strettamente sorvegliato, quali i circoli privati, che, preme ricordarlo, sono “comunque tutelati dal principio di costituzionale di libertà associativa e costituiti ai sensi dell’art. 36 del codice civile” (cfr. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nota direttoriale prot. n. 18244 del 30 novembre 2021). Il carattere aperto (e quindi democratico) dei sodalizi – continua la Sezione – non significa riconoscere agli associati “gli stessi poteri decisionali” ovvero non prevedere “restrizioni alle modalità di adesione o alle attività dell'organizzazione.” Infatti, le previsioni restrittive stabilite negli statuti hanno la funzione di “assicurare la partecipazione di soggetti accumunati dall’essere tutti portatori di interessi omogenei con quelli perseguiti dell’Associazione”.
In altri termini, i giudici amministrativi hanno inteso sottolineare che, qualora i requisiti di accesso non presentino una (riscontrabile) “valenza discriminatoria”, essi possono considerarsi orientati “a garantire in termini del tutto ragionevoli la comunione e la conservazione tra gli associati degli alti scopi assegnati all’Ente, così da assicurare che le nuove adesioni si pongano in armonia con essi e favoriscano, piuttosto che compromettere”, lo sviluppo delle attività condivise.
La sentenza de qua conferma il carattere delle associazioni, così come contemplato dalle disposizioni del Codice civile e, per quanto attiene agli Enti del Terzo settore, dal d. lgs. n. 117/2017. Dal punto di vista giuridico, l’associazione è un contratto attraverso cui un gruppo di persone si uniscono per realizzare uno scopo comune alle stesse, impiegando mezzi patrimoniali, necessari al raggiungimento dello scopo medesimo. Si tratta, pertanto, di un contratto plurilaterale a struttura aperta, ex art. 1332 c.c., e di organizzazione, al quale, successivamente alla stipula, possono aderire, senza alterare il contenuto del negozio, altre persone/soggetti giuridici. L’incontro della volontà tra nuovo aderente e parti preesistenti (e quindi il perfezionamento dell’accordo secondo le regole di diritto comune: il momento in cui l’accettazione giunge a chi ha fatto l’offerta) non comporta alcun mutamento, ma solo l’integrazione del rapporto associativo originario.
In ultima analisi, i giudici amministrativi veneti hanno ribadito che le associazioni, alla stregua delle altre organizzazioni non profit, sono libere iniziative private, amministrate da privati, indipendenti dal governo ovvero dai poteri pubblici, vincolate alla non distribuzione degli utili eventualmente conseguiti e perseguono uno scopo socialmente rilevante e ritenuto meritorio dal legislatore, anche quando, come nel caso di specie, fungono da “spazio” di attività per soggettività giuridiche di rango europeo.