“Punto primo allora”.
Nessun dubbio che il bersaglio di una malafede, di una cattiveria preordinata, è destinato a soffrire maggiormente: lo affanna il pensiero della gioia, consapevole, che è immaginabile presso l’avversario (Schadenfreude). La semplice colpa altrui ferisce poco, l’arroganza al contrario indispone; aumenta il cruccio nella vittima, la rabbia per il dolo: naturale che più esteso, se si vogliono pareggiare i conti, dovrà essere poi il ristoro.
“Punto secondo”.
Dimostrare le sfumature è difficile, specie in ambito non patrimoniale; un’area abituata a vivere di liquidità, di penombre: certi capitoli lesivi non è ben chiaro chi debba farli emergere, nel processo, con quanta minuzia. Il magistrato vanta ampi margini di discrezionalità in proposito. Nessun dubbio sulla necessità di accollare al malvagio, allora, oneri probatori più intensi; una sorta di presunzione giudiziale, col risultato che all’offeso - se fallisce il contro-gioco istruttorio - andrà corrisposto di più nel conteggio, al limite il 100% del danno.