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Sentenza del tribunale di Bari. L'avvocato dell'uomo: "Una sentenza coraggiosa e lungimirante che scardina vecchi preconcetti come quello della madre che deve essere il genitore affidatario a tutti i costi. Sicuramente farà storia perché è innovativa, dà speranza ai papà"
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I genitori si separano, la figlia diventa l'oggetto di una contesa devastante. E il tribunale di Bari mette un punto definitivo a una vicenda tanto delicata quanto complessa: la figlia viene tolta alla madre - con la quale viveva - e va a vivere con il padre, la madre perde pure la potestà genitoriale e si ritrova a dover pagare una somma mensile per il mantenimento della figlia, oltre alle spese processuali. La storia è andata avanti per anni, fra ripicche e udienze, e ora il tribunale di Bari rimette il tutto in equilibrio, pensando principalmente al benessere della minore, che ha compiuto nove anni e che - come evidenziato dalle relazioni dei servizi sociali - si trova in una condizione di "evidente obesità" e ha un rendimento scolastico "lacunoso".
La sentenza dei magistrati Saverio De Simone, Emanuele Pinto e Lorenzo Mennoia ha per oggetto la cessazione degli effetti civili del matrimonio, e chiude una questione partita dalla separazione di marito e moglie risalente al 2019. È da lì che è cominciato un periodo difficile per la bambina, unica figlia dei due: perché all'inizio lei viveva con la madre e il padre provvedeva al mantenimento, oltre alla metà della rata del mutuo dove vivevano come famiglia, ma poi le cose sono cambiate.
L'ex moglie ha cominciato a non fare vedere la figlia al padre, tanto che era stata obbligata a risarcire il marito con 200 euro per ogni violazione del diritto di visita paterno e pure condannata a pagare duemila euro in favore della cassa delle ammende. Madre e figlia saltavano gli incontri monitorati dai servizi sociali, oppure si presentavano con un ritardo eccessivo. Ed è dalla relazione dei Servizi sociali che viene fuori una realtà raccapricciante: la donna "ha ripetutamente mancato di rispettare la calendarizzazione" degli appuntamenti, "adducendo scuse di vario tipo". E quando la bambina incontrava il padre il suo atteggiamento ha cominciato a cambiare: nei primi incontri "aveva dimostrato un sincero slancio affettivo e la gioia di incontrare suo padre", poi "aveva mutato radicalmente atteggiamento, assumendo comportamenti ingiustificatamente e immotivatamente oppositivi al genitore oltre che agli stessi operatori dei servizi, utilizzando un linguaggio adultizzato non consono alla sua età, conseguenza dei suggerimenti della madre".
La bambina provocava, se non insultava, gli operatori, e però non c'è solo questo, nella sentenza del tribunale di Bari che adesso riconosce l'affidamento "super esclusivo" al solo padre. La bambina ha cominciato ad andare male a scuola, e soprattutto è arrivata a "una condizione di evidente obesità" che l'ha esposta a "gravi rischi per la sua salute". C'è anche questo, nelle pagine della motivazione della sentenza: la figlia andava a mangiare al fast food con la madre "sistematicamente", tanto da essere sottoposta a "una dieta alimentare non consona alla sua età".
Ed è quindi anche per questo che ora è stata allontanata dalla madre, e va a vivere con il padre. Non solo l'affidamento "super esclusivo" a quest'ultimo, però: "Suo padre dovrà assumere da solo tutte le decisioni più importanti per la vita di sua figlia - si legge nella sentenza - eventualmente avvalendosi dell'ausilio e della collaborazione dei servizi sociali territoriali", ma si prevede anche l'obbligo per la madre di allontanarsi dalla casa coniugale - casa dove fra l'altro si era accertato che madre e figlia non vivevano, nonostante l'uomo contribuisse a pagare metà del mutuo - nella quale ora "dovrà continuare a risiedere il marito con la piccola".
Praticamente si ribaltano quelle che erano le condizioni iniziali, e la madre dovrà quindi provvedere a un assegno mensile di mantenimento, al pagamento delle spese processuali, non potrà vedere sua figlia perché i "rapporti potranno essere ripristinati solo quando la donna si sarà sottoposta positivamente presso gli organi competenti a un percorso di recupero delle sue capacità genitoriali".
All'ex moglie non viene neanche riconosciuto l'assegno di divorzio che aveva richiesto, perché in giovane età e in buone condizioni di salute, cose che comportano "la sua piena capacità lavorativa" e che si aggiungono al fatto che ella stessa si era dichiarata "autonoma". Fra le pieghe del contenzioso fra i due adulti è precipitata una bambina, e il tribunale ha voluto riconoscerle ogni tutela, perché "ha una personalità in corso di formazione, e, quindi, va sottratta al deleterio ambiente familiare nel quale finora è vissuta, allo scopo di non vedere ulteriormente pregiudicato il suo equilibrato sviluppo psicofisico".