-  Redazione P&D  -  24/01/2006

Cass. civ. francese, Sez. I, 24 gennaio 2006, n. 136, n. 195 e n. 196, pres. Ancel, g.u. Crédeville e Duval-Arnould - TRA 'LES VESTIGES DU JOUR' DELLA SENTENZA PERRUCHE E LA LEGGE KOUCHNER - Chiara MODICA DONA' DALLE ROSE

I principali organi giurisprudenziali francesi, come in una staffetta dal finale correttamente pronosticato, hanno dato seguito ai principi sanciti nell’art.1 del primo protocollo addizionale della Convention européenne des Droits de l’Homme et des libertés fondamentales nonchè rammentati allo Stato francese nella sentenza del 6 ottobre 2005 della Cour européenne des Droits de l’Homme

La parola Perruche, che nulla a che vedere con una cornacchia o con una parrucca, rieccheggia nella memoria dei più informati una vertenza giudiziaria che, nel panorama del riscarcimento da responsabilità civile per errorre diagnostico prenatale nel diritto francese, ha fatto storia.

Il 17 novembre 2000, l’Assembléé plénaire della Cour de cassation francese consacrava il diritto del portatore di handicap al risarcimento per préjudice matérial et moral nei limiti in cui l’errore nella diagnosi prenatale sulla rosolia contratta dalla madre aveva impedito a quest’ultima di esercitare il diritto all'autodeterminazione, ossia d’interrompere la gravidanza, fermo restando il diritto all’indennizzo dei genitori. Pertanto nel caso di specie la fonte del pregiuzio invocato dai genitori era diverso da quello del bambino portatore di handicap: per i primi risiedeva nel fatto di non avere potuto ricorre all’aborto terapeutico in caso di accertata contaminazione da rosolia, mentre per il secondo si evidenziava proprio nel fatto giuridico «nascita» una lunga riflessione sia sul piano giuridico che su quello etico.
Se il nesso di causalità tra la colpa del medico ed il pregiudizio sofferto - ed a venire - dai genitori è di facile comprensione, non altrettanto si poteva dire per l’improbabile configurazione di un lien de causalité  tra la colpa del medico e il sopravvenire di un handicap nel corso della gravidanza.

L’occasione turbò non poco l’opinione pubblica alla ricerca di un giusto compromesso tra diritto e morale.
Si assisteva ad un sconvolgimento della regola generale, secondo la quale nei processi civili l’onere di provare che un fatto è a carico della persona che lo asserisce, come in ambito penale l’onere di dimostrare la colpevolezza dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio, spetta al pubblico ministero, perchè di fronte all’incontestabile fatto che la genesi dell’handicap non poteva ricondursi ad un fattore - condotta umana - si evidenziava comunque la possibilità di riconoscere una responsabilità del medico, astrattaemente priva di qualsivoglia fondamento di causalità diretta.
La circostanza era tale da far rabbrividire i condottieri della certezza e del garantismo giuridico nel vedere riconoscere il diritto al risarcimento nascente da un fatto naturale certamente non riconducibile, quanto al suo fatto-evento, alla condotta di chicchessia se non all'imprevedibile deorum ludo.

Nel contempo, distaccandosi completamente dalla direzione intrapresa dalla suprema Corte con la sentenza Perruche, il Conseil d’Etat francese, chiamato a decidere della responsabilità medica nel settore pubblico, ribadiva che la sola risarcibilità del pregiudizio dei genitori poteva essere presa in considerazione e non, invece, quella del bambino portatore di handicap per l’assenza di un nesso di causalità tra la condotta del medico con l’insorgere dell’handicap.

La Cour de Cassation francese in tre recenti pronunce - n.135, 195 e 196 del 24 gennaio 2006 - ha contribuito a chiarire il complesso e difficile tema della responsabilità civile del medico e della struttura ospedaliera per malformazioni del feto individuabili nel corso della gestazione tramite una corretta diagnosi prenatale, invece, non concretizzatasi.

Le principali tematiche racchiuse in questa particolare fattispecie interagiscono con la naturale evoluzione della scienza, ossia l’elevata affidabilità che ragionevolmente ci si puo’ attendere dagli esami diagnostici prenatali, le regard social sulla gestione economica dell’handicap, l’ideologia del bambino perfetto e, non ultimo, il rifiuto della diversità da parte dello stesso portatore di handicap.

Il diritto dei genitori a optare per l’interruzione terapeutica della gravidanza, ed il diritto del bambino portatore di handicap a reclamare l’indennizzo per il pregiudizio nascente dal solo fatto di essere nato, sono i temi principali racchiusi nelle tre sentenze della Suprema Corte francese.

Nell’ambito di questo dibattito, numerose decisioni giurisprudenziali difformi hanno contribuito ad inasprire la già spinosa definizione del problema: da un lato il Conseil d’Etat sanciva che i genitori del bambino nato handicappato possono ottenere «l’indemnisation du préjudice lié aux charges d’entretien de l’enfant» ; mentre nel caso di un’azione intentata nei confronti del medico, nella celebre arrêt Perruche, la giurisprudenza della Corte di Cassazione si spingeva sino ad ammettere non solo il risarcimento del danno ai genitori ma anche «l’indemnisation du préjudice invoqué par l’enfant lui-même».

Il 17 novembre 2000 l’assemblée plénière della Cour de Cassation pronuciava la c.d. arrêt Perruche che segnò una prima vittoria apparente a favore non solo di coloro che sopportano il peso psicologico ed economico della diversità della propria prole, ma soprattutto a favore di colui che, portatore di handicap, soffre in primo luogo del solo pregiudizio di essere nato: «dès lorsque les fautes commises par le médecin et le laboratoire dans l’exécution des contrats formés avec Madame Perruche avaient empêché celle-ci d’exercer son choix d’interrompre sa grossesse afin d’éviter la naissance d’un enfant atteint d’un handicap, ce dernier peut demander la réparation du préjudice résultant de ce handicap et causé par les fautes retenues».

Il nesso di causalità tra la colpa del medico - la faute - e il pregiudizio subito per il solo fatto di essere venuto al mondo è da interpretarsi in senso piuttosto largo perchè è come affermare in modo generale che tutto cio’ che non ha impedito l’handicap ha, di fatto, contribuito al venir in essere dell’ handicap stesso. Contrariamente a quanto affermato dalla Cour de Cassation in merito alla legittimazione del portatore di handicap di reclamare un risarcimento per i pregiudizio di essere venuto al mondo, il Conseil d’Etat ha ribadito che «la naissance ou la suppression de la vie ne put être considérée comme une chance ou une malchance dont on peut tirer des conséquences juridiques».

Nei due anni che seguirono l’ormai celebre arrêt Perruche i tribunali di tutta la Francia assistettero ad un accavallarsi disperato di porsuites en justice di medici e di istituti ospedalieri.
Gli operatori ospedalieri e la professione medica in genere ne uscrono particolarmente preoccupati, unitamente alle compagnie assicuratrici allarmate dalla potenziale difficoltà di gestire un rischio di tale ampiezza.

Il traguardo raggiunto da questa sentenza francese fu presto smentito dal legislatore, che volle regolare in modo inequivocabile la specifica e particolare fattispecie dell’errore diagnostico prenatale nell’art.1della c .d. loi Kouchner, n.303, del 4 marzo 2002 in materia di «droits des malades et à la qualité du système de santé».
La legge Kouchner, comunemente denominata loi anti-Perruche, doveva avere la vocazione di riordinare le problematiche e le soluzioni sottese alla fattispecie dell’errata diagnosi prenatale di un bambino nato con un handicap fisico. Con essa si voleva ridisegnare - circoscrivendola - la responsabiltà del medico libero professionista e dell’istituto ospedaliero chiamato in causa nella specifica ipotesi di una malformazione genetica – handicap ayant une cause génétique – non diagnosticata ai genitori nel corso della gestazione.

I principi fondamentali che la legge Kouchner individuava sono racchiusi tutti nel primo articolo «Nul ne peut se prévaloir d’un préjudice du seul fait de sa naissance Lorsque la responsabilité d’un professionnel ou d’un établissement de santé est engagé via-à-vis des parents d’un enfant né avec un handicap non décelé pendant la grossesse à la suite d’une faute caracterisée, les parents peuvent demander une indemnité au titre de leur seul préjudice. Ce préjudice ne saurait inclure les charges particulierès découlant tout au long de la vie de l’enfant de ce handicap. La compensation de ce dernier relève de la solidarité nationale ces dispositions sont applicables aux instances en cours, à l’exception de celles où il a été irrévocablement statué sur le principe de l’indemnisation».
In primo luogo la norma in esame stabilisce inequivocabilmente che il bambino affetto da qualsivoglia handicap non può invocare nel fatto giuridico della sua nascita la fonte di un pregiudizio risarcibile.
In secondo luogo viene precisato che i genitori possono chiedere il risarcimento per i soli danni morali solo in caso di faute caractérisée  del medico che con la sua condotta ha impedito il corretto espletarsi dell’attività diagnostica decodificante la sussistenza di una malformazione del feto.
In terzo luogo «les charges particulières …tout à long de la vie» ossia il danno patrimoniale nascente dalla gestione di una esistenza necessariamente supportata da strutture di sostegno sono tout court a carico dello Stato, ossia rilevano della solidarité nationale secondo le modalità previste dalla legge francese del 11 febbraio 2005.
Ed infine, in quarto luogo, viene stabilita la retroattività della loi Kouchner rispetto alle istanze ancora in corso al 7 marzo 2002, fatta eccezione per quelle già passate in giudicato – «pour les quelles il a été irrévocablement statué sur le principe de l’indemnisation».
Il 6 dicembre 2002 il Conseil d’Etat, interpellato sulla questione in oggetto nel dossier denominato Draon, emetteva un avviso secondo cui il régime d’indennizzazione, deciso dal legislatore per motivi d’interesse generale «tenent à des raisons d’ordre éthique, à la bonne organisation du système de santé et du traitement équitable se l’ensemble de personnes handicapées», non era incompatibile con l’article 1er del primo protocollo addizionale della Convenzione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Ecco che si evidenziavano, in particolare, tre elementi afferenti la configurabilità della responsabilità del medico secondo la disciplina predisposta della legge, ossia la faute caractérisée, la differenziazione tra spese generali e spese particolari che rilevano, quest’ultime, della sola solidarietà nazionale ed, infine, l’annullamento di tutti gli indennizzi assegnati ai genitori ricorrenti nel corso di azioni giudiziarie non ancora passate in giudicato alla data del 7 marzo 2002.

Pertanto, in applicazione della Loi Kouhner, il bambino portatore di handicap può agire in giudizio e chiedere il risarcimento integrale solo nei seguenti casi:
- qualora il medico abbia commesso un acte fautif che è la causa diretta dell’handicap, escludendo cosi’ la fattispecie evidenziata nell’arrêt Perruche di un handicap geneticamente preesistente ;
- qualora l’acte fautif del medico abbia aggravato o non abbia permesso l’attenuazione dell’handicap;
mentre i suoi genitori possono agire in giudizio e chiedere il risarcimento del danno - dommages-intérêts - nei seguenti casi :
- per tutte le fautes caractérisées di una certa gravità imputabili al medico, al laboratorio o all’ospedale intervenute, in generale, prima della nascita e che non abbiano permesso di rilevare la presenza di una malformazione del feto;
- il risarcimento dei danni morali per violation du libre arbitre, ossia del diritto all’autodeterminazione della madre;
- il risarcimento dei danni patrimoniali – préjudice économique – è invece limitato alle c.d. charges générales, costi generici, e non anche à le charges particulières che viene sancito essere a carico della solidarietà nazionale.

Il legislatore del 2002, quindi, con l’entrata in vigore della legge Kouhner ha determinato la caducazione del diritto al risarcimento per danno economico per «les charges particuliers découlent tout au long de la vie de l’enfant handicapé» anche per quei contenziosi già pervenuti ad un rapport d’expertise provante la faute médicale unitamente ad un anticipo dell’indennizzo stabilito dal juge des référes.
La complessa situazione venutasi a creare in riferimento, in particolar modo, ai contenziosi non ancora passati in giudicato venne sollevata in due emblematici ricorsi presso la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, noti alla cronaca giuridica d’oltralpe sotto il nome di Maurice e Draon, che contestavano la «réparation partielle des dommages contestée par les requérants» in virtù dell’applicazione dell’ultimo comma dell’art.1 della legge 303/2002 evidenziando che quest ‘ultima «était contraire à la Convention européenne des droits de l’homme».

L’imbarazzo degli operatori del diritto e dei futuribili ricorrenti dinnazi al divieto di domandare il risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla condotta del medico apposto dalla legge Kouchner era di non poco conto in quanto apriva il varco ad un dibattito sulla lesione del fondamentale diritto potestativo di far valere i propri diritti. Quando, invece, in uno stato di diritto è naturale presumere che chiunque può reclamare il risarcimento per un pregiudizio subito, qualunque esso sia, senza venire preventivamente limitato dei suoi poteri con una norma di chiusura aprioristica di assoluto e solo interesse economico pubblico.

Pertanto le famiglie che si erano viste riconoscere una somma complessiva a titolo di risarcimento morale ed economico, senza distinzione alcuna tra charges generali o particolari vennero, così, private del diritto al risarcimento integrale e conseguentemente obbligate a restituire le somme anticipategli, in virtù di una legge che retroagiva quanto ai suoi effetti su fatti e circostanze avvenute prima della sua emanazione.

Così stando le cose la Stato francese non riconosceva più una risarcibilità ad hoc delle spese speciali e peculiari ad ogni tipo di handicap - quali le cure terapeutiche, le spese di educazione di sostegno, le spese affrontate per rendere l’abitazione abituale del portatore di handicap più consona alle sue necessità quotidiane, l’acquisto di una automobile per disabili come anche il semplice acquisto di una carrozzina a rotelle.

La Corte europea dei diritti dell’uomo, chiamata ad accertare la violazione della Convenzione del diritti dell’uomo da parte del legislatore francese, con una sentenza emessa il 6 ottobre 2005 ha rimesso in discussione la legge Kouchner per quanto attiene esclusivamente il quarto comma del art.1.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha decretato che la legge francese ha violato l’art.1 del primo protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nella parte in cui stabiliva che nessuno puo’ essere privato del diritto di credito nascente dal risarcimento di un’azione di responsabilità se non nel caso in cui sia rispettato le juste équilibre entre les exigences de l’interet général et les impératifs de sauvegarde du droit au respect des biens.

Nello specifico, quindi, la Corte europea ha condannato lo Stato francese per il contenuto di una sua legge francese nella parte in cui integrava la privation de propriété in capo ai ricorrenti.
I giudici della Corte sono arrivati a questa conclusione dopo un’attenta e minuziosa analisi della giurisprudenza francese concludendo che i ricorrenti avrebbero ottenuto un risarcimento del pregiudizio subito, nettamente superiore, se la fattispecie di cui erano portatori fosse stata ancora soggetta alla normativa in vigore prima dell’emanazione della legge n.303 del 2002.
Ed è appunto sotto questo aspetto che che i ricorrenti sono stati rappresentati come titolari di un bene che non si situava nell’ambito della proprietà acquisita ma in quella dell’affidamento e della speranza legittima.
Tradizionalmente, lo sforzo di intraprendere una vertenza giudiziaria di tali dimensioni, quanto all’impegno economico e psicologico dei genitori di un bambino portatore di handicap non diagnosticato per responsabilità attribuibile al medico o al laboratorio, trova sostanziale movente nella legittima aspirazione di ottenere con successo una congrua rendita vitalizia.
Nel momento in cui i genitori hanno promosso la loro azione legale le legittime e fondate aspettative di vedersi riconoscere il risarcimento del danno, nella forma e nella natura degli altri precedenti giurisprudenziali ossia una réparation intégrale des préjudices subis, erano notevolmente superiori rispetto a quelle disciplinate da una legge emanata in corso di causa con effetto retroattivo.

In sintesi, la loi Kouhner ha retroattivamente privato del loro credito i ricorrenti, in quanto ha sbarrato le porte ad un risarcimento adeguato che avevano fondato motivo di sperare di ottenere, facendo conseguentemente gravare sugli stessi un onere certamente esorbitante. Essenziale, pertanto, è la diagnosi posta in essere dalla Corte europea ove dichiara l’avverarsi di «une atteinte aussi radicale au droit des intéressés» tale da rompere «le juste équilibre devant régner entre, d’un part, les exigences de l’intérêt général et, d’autre part, la sauvegarde du droit au respect des biens».

Questa sentenza è certamente importante, se non altro perchè ha rimesso in discussione lo spirito stesso della legge anti-Perruche, tuttavia però la sua portata resta, per ora, limitata ai contenziosi ancora in corso prima dell’entrata in vigore della legge n.303 del 2002 a meno che i giudici non ritengano opportuno interpretarla ed applicarla in senso estensivo ricomprendendo anche le azioni promosse in seguito, ma pur sempre afferenti a nascite avvenute entro il 7 marzo 2002.

Il principio fondamentale che si può trarre dalla sentenza del 6 ottobre 2005 della Corte europea non è tanto l’assimilazione del credito al genere bene, né tantomeno che il diritto di credito può essere soppresso dal contenuto di una legge per una causa di utilità pubblica ma che la privazione o meglio l’espropriazione legale di un bene – il credito – deve essere proporzionata al diritto di proprietà della vittima e deve essere offerta una contropartita adeguata e soddisfacente. Per la Corte europea le prestazioni che rilevano della solidarietà nazionale rivestono un carattere nettamente limitato rispetto alle compensazioni elargibili sulla base delle normativa in vigore prima della loi Kouchner pertanto le vittime ricorrenti devono essere indennizate secondo i principi giurisprudenziali decretati prima del 7 marzo 2002.
L’assimilazione del droit à la réparation - la créance - al droit de propriété non mancherà di essere oggetto di riflessioni e numerose critiche.

Il 26 gennaio 2006 la Première Chambre Civile della Cour de Cassation francese si è espressa sulla compatibilità della legge n°303 del 2002 con l’art.1 del primo protocollo addizionale della Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales pronunciando le sentenze n° 136, 195 e 196.
In questa vertenza i rispettivi genitori di bambini affetti da differenti e gravi tipi di handicap reclamavano tanto il diritto al risarcimento del danno morale quanto il préjudice subi par l’enfant du fait de son handicap.
La Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi sulle conseguenze giuridiche della legge Kouchner ha dichiarato che «en supprimant purement et simplement, avec effet rétroactif, une partie essentielle des créances en réparation, de montants très élevés, que les parents d’enfants dont le handicap n’avait pas été décelé avant la naissance en raison d’une faute... auraient pu faire valoir,... le législateur français (les) a privé(s) ... d’une “valeur patrimoniale préexistante et faisant partie de leurs biens, à savoir une créance en réparation établie dont ils pouvaient légitimement voir déterminer le montant conformément à la jurisprudence fixée par les plus hautes juridictions nationales». Questa decisione, se da un lato trova fonte e conforto nella sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 6 ottobre 2005, in realtà trova anche una sua ragione economica nel fatto che «le caractère très limité de la compensation au titre de la solidarité nationale que l’incertitude régnant sur celle qui résultera de l’application de la loi du 11 février 2005 ne peuvent faire regarder cet important chef de préjudice comme indemnisé de façon raisonnablement proportionnée depuis l’intervention de la loi du 4 mars 2002». In sintesi, viene spontaneo chiedersi se il meccanismo instaurato con la loi Kouchner per il riconoscimento di un risarcimento forfettario per handicap, sia proporzionato al credito per il risarcimento integrale a cui possono legittimamente aspirare le vittime. All’atto pratico la risposta è negativa in quanto un risarcimento integrale ad hoc a seguito di una valutazione puntuale di organo giudiziario non potrà mai coincidere con un indennizzo forfettario disciplinato dalla legge francese del 11 febbraio 2005.

A conclusione del discorso tra le principali novità che si possono rilevare vi sono:
- l’ingegnoso ragionamento estrapolato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in seguito pienamente accolto dalla Cour de Cassation francese di annoverare all’interno della definizione di «bene» dell’art.1 del protocollo addizionale della Convenzione dei diritti dell’uomo un credito nei confronti dell’assistenza pubblica fondato sullo stato della giurisprudenza applicabile nel momento in cui si adicono le vie legali ;
- l’aver individuato nell’atteinte al diritto di proprietà la fonte del diritto al risarcimento e non, invece, nel droit de ne pas naître ;
- l’insediarsi del principio delle «attentes légitimes» inteso coma la perdita di una chance di vedere il proprio patrimonio aumentare in seguito ad una sentenza favorevole.

La prospettiva giuridica in base alla quale le droit à la réparation viene ridisegnato all’interno del droit de propriété non tarderà di suscitare lunghe riflessioni.
Tuttavia nessuno, né la Corte europea, nè la Cour de Cassation, in queste ultime sentenze si é pronunciato chiaramente su chi può o non può essere titolare del risarcimento : i genitori o il figlio.

Nell’arrêt Perruche si riconosceva tacitamente che il fatto di non essere nati era preferibile ad una vita da handicappato. Mentre nella sentenza del 6 ottobre 2005 e in quelle del 26 gennaio 2006 si ha la sensazione che senza volerlo affermare a chiare lettere, si sia voluto implicitamente riconoscere i diritto al risarcimento di tutti i ricorrenti, genitori e figli portatori di handicap.

Resta fermo, inoltre, il fatto che la Corte europea non si è pronunciata sulla violazione dell’art.8 della Convenzione dei diritti dell’uomo - in relazione al diritto al rispetto della vita familiare - in quanto l’immunità di cui godrebbero i medici, dopo l’entrata in vigore della legge n.303 del 2002, ostacolerebbe il normale esercizio del diritto di reclamare l’effettivo pregiudizio arrecato al normale svolgimento della vita privata e familiare dei ricorrenti, nascente dal non aver potuto legittimamente esercitare il diritto alla autoderteminazione.
Secondo la Corte l’art.8 non è stato violato.

La Corte con tutte queste formule sibilline ha inteso astenersi dal prendere una posizione chiara sulla questione di fondo preferendo, invece,  limitarsi a decretare che solo lo Stato - le decideur national - é depositario del potere di bilanciare les intérêts de la collectivité e de l’individu, tenuto conto delle problematiche etiche, morali e sociologiche sottese al caso.
Questo silenzio della Corte su una materia nella quale era stata specificatamente interpellata è stato interpretato dagli operatori del diritto come una forma di rifiuto di rischiare l’instaurarsi di un governo dei giudici in contrapposizione con i disposti normativi.

In conclusione risulta utile riassumere che sia la condanna della Corte Europea dello Stato francese che le sentenze della Cour de Cassation del gennaio 2006 scaturiscono non tanto dalla revisione dei fondamenti giuridici del risarcimento quanto dall’applicazione retroattiva di una legge perchè «le principe de prééminence du droit et la notion de procès équitable s’opposent, sauf pour d’impérieux motifs d’intérêt général, à l’ingérence du pouvoir législatif dans l’administration dans le sens d’une issue favorable à l’Etat».
Ne consegue che la portata di queste sentenze è limitata alla sfera giuridica dei ricorrenti aventi agito prima della data fatidica del 7 marzo 2002 mentre la legge anti-Perruche stessa, alla fin fine, ne esce invariata, non evidenziando in essa una violazione sostanziale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e tantomeno non spendendo riferimento alcuno alla attualizzazione della giurisprudenza Perruche.

In effetti resta ancora insoluto l’interrogativo principale della questione ossia se l’art.1 della legge n°303 del 2002 è conforme o meno alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nella parte in cui priva le famiglie di bambini handicappati della possibilità ad ottenere un risarcimento integrale dei pregiudizi subiti senza che venga predisposta una reale contropartita finanziaria à la charge de la solidarité nationale.

Per coloro che invece intravedono nell’arrête Perruche e nelle sentenze del 24 gennaio 2006 l’attribuzione di un carico eccessivo di responsabilità in capo al corpo medico, chiamato a rispondere della nascita di un bambino portatore di handicap dovuto a fattori genetici o avvenuti nel corso della gestazione che non presentano alcun nesso di causalità con la condotta omissiva del medico stesso, è utile segnalare che il Conseil d’Etat nella sentenza n°250704 del 24 febbraio 2006 - pur allineandosi ai principi desumibili dalle precedenti pronuncie della Corte Europea e dalla Cour de Cassation sulla irretroattività della loi Kouchner - resta ferma sulla sue posizioni già evidenziatesi nell’avis n°250167 del 22 novembre 2002 nel caso Draon.
Ossia il Consiglio di Stato francese si è sempre guardato dal riconoscere una responsabilità senza colpa in capo al medico direttamente connessa al fatto evento dannoso, proprio per non correre con il pericolo di fare gravare su quest’ultimo il peso del rischio di una malformazione fetale nè tantomeno il diritto dell’handicappato al risarcimento del pregiudizio « vita da handicappato ».
Tutte queste azioni in responsabilità devono essere relativizzate per non cadere nel pericoloso e discutibile assunto che il rischio medico è grande perchè le ecografie non permettono d’individuare tutti i tipi di handicap in quanto la giurisprudenza qui evidenziata non ha mai attribuito alla classe medica la colpa di non avere visto quello che la scienza medica del momento gli avrebbe permesso di diagnosticare.
Resta fermo, infatti, che in tutti i casi in cui i medici sono stati condannati al risarcimento del danno i giudici, lontani dal condannare sistematicamente il professionista in quanto tale, si fondavano sul rapporto del medico expert judiciaire che aveva individuato nella condotta del medico una faute caractérisée. Senza pensare che resta sempre e comunque a carico dei ricorrenti l’onere di portare la prova che la conoscenza della patologia rinvenibile nel feto sarebbe stata di natura tale da giustificare un’interruzione volontaria della gravidanza ai sensi dell’art. L.2213-1 del Code de la santé publique francese.
In definitiva il contrasto evidente e perdurante tra la Cour de cassation ed il Conseil d’Etat sulla questione afferente la risarcibilità o meno del pregiudizio subito dal bambino handicappato per il solo fatto della sua nascita, prova che il dibattito etico e giuridico sulla questione è lontano dall’essere risolto.




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