Data pubblicazione 20/04/2021
MASSIMA non ufficiale:
artt. 1218 c.c. - 1228 c.c. - 2043 c.c. - 2050 c.c. - Dlgs 211/2003 – legge Balduzzi – legge Gelli - Bianco
La casa farmaceutica che abbia promosso, mediante la fornitura di un farmaco, una sperimentazione clinica – eseguita da una struttura sanitaria a mezzo dei propri medici – può essere chiamata a rispondere a titolo contrattuale dei danni sofferti dai soggetti cui sia stato somministrato il farmaco, a causa di un errore dei medici sperimentatori, soltanto ove risulti, sulla base della concreta conformazione dell'accordo di sperimentazione, che la struttura ospedaliera e i suoi dipendenti abbiano agito quali ausiliari della casa farmaceutica, sì che la stessa debba rispondere del loro inadempimento – o inesatto adempimento – ai sensi dell'art. 1228 c.c.; in difetto, a carico della casa farmaceutica risulta predicabile soltanto una responsabilità extracontrattuale (ai sensi dell'art. 2050 c.c. o, eventualmente, dell'art. 2043 c.c.), da accertarsi secondo le regole proprie della stessa.
Ricostruzione della vicenda
Nell'anno 2004 la signora R.I., ammalata di carcinoma mammario, citò in giudizio una Azienda Ospedaliera e una nota casa farmaceutica per sentirle condannare, in solido, al risarcimento del danno conseguite alla partecipazione ad una sperimentazione medica a base di Herceptin.
Nei fatti di causa emergeva che nonostante il consenso prestato alla sperimentazione, la signora R.I. riceveva informazioni generiche senza che, tuttavia, le venisse adeguatamente rappresentata la portata dei rischi cardiologici conseguenti al trattamento, rischi che si concretizzarono in successivi problemi cardiocircolatori.
La Sig.ra R.I. adì pertanto la giurisprudenza di merito per richiedere nei confronti dell'ASL e della casa farmaceutica la condanna solidale per responsabilità civile sanitaria e conseguente risarcimento del danno per un importo superiore ad euro 500.000.
A seguito dei due giudizi di merito, i Giudici accoglievano la richiesta risarcitoria per euro 138.000.
La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza pronunciata in fase di appello, fondando la motivazione sulla errata applicazione, da parte dei giudici di merito, di alcune leggi che compongono il tema della responsabilità civile sanitaria.
1. Sulla responsabilità da contatto sociale della casa farmaceutica
La sentenza in commento affronta, in primo luogo, il tema della responsabilità da contatto sociale, tema che ha trovato pieno riscontro in Italia, negli anni '90, sulla scorta di alcuni orientamenti tedeschi ma, attualmente, ritenuto superato dal legislatore italiano della Balduzzi (2011), da una parte maggioritaria della giurisprudenza di merito e, infine, dalla nota legge Gelli-Bianco.
In sostanza, il Giudice di legittimità non ha condiviso la decisione del Giudice merito nella parte in cui ha accolto la domanda di risarcimento del danno per responsabilità contrattuale da contatto sociale della casa farmaceutica, ed ha motivato sulla base del fatto che per configurare tale tipologia di responsabilità si deve presupporre “l'accertamento di un rapporto diretto fra due soggetti (il contatto) che vada a far sorgere obblighi di condotta assimilabili a quelli derivanti dal contratto e che comporti una successiva valutazione in termini contrattuali dell'eventuale responsabilità conseguente alla prestazione svolta.
In secondo luogo, il Giudice ha velatamente argomentato sul fatto che il solo atto o “presunto contatto sociale” tra la paziente e la casa farmaceutica avrebbe potuto ravvisarsi nell'atto di sottoscrizione del modulo del consenso informato, con cui, effettivamente, la Sig.ra I. aderiva al programma sperimentale: tuttavia, ad oggi non si ravvisano precedenti sulla natura della responsabilità da “consenso generico” qualificabile come “da contatto sociale e/o contrattuale”, e ciò anche per due motivi di seguito esposti.
Il primo: la giurisprudenza di merito italiana già dal 2013 aveva preso le distanze dal contatto sociale e, dunque, allo stato attuale, si può considerare il fatto che la teorica del consenso informato mal si concilia con la teoria sovra esposta, in quanto sviluppatasi in tempi e modi successivi.
Il secondo: non è ad oggi in alcun modo configurabile la responsabilità da consenso nemmeno come responsabilità di tipo contrattuale, data la natura assolutamente non patrimoniale dell'adesione alla prestazione medica sperimentale.
2. Sulla responsabilità per fatto degli ausiliari: cenni di responsabilità extracontrattuale.
In secondo luogo, la sentenza si occupa anche della responsabilità da contatto sociale per fatto degli ausiliari, affermando, in sostanza, che l'asserito danno cagionato alla Sig.ra I. era in qualche modo riconducibile anche al comportamento negligente dei sanitari che, incuranti degli avvisi di precauzioni forniti dalla paziente, prescrivevano la terapia sperimentale.
Sul punto, il Giudice di legittimità ha contestato la sentenza di merito in quanto ha ravvisato che “si tratta, tuttavia di un assunto radicalmente viziato, giacché predica l'esistenza del contatto sociale tra la R. (casa farmaceutica) e la paziente sulla base di un rapporto intervenuto direttamente tra gli “sperimentatori delegati” e la Sig.ra I. – ossia in pacifica assenza di contatto tra la casa farmaceutica e la paziente – senza preoccuparsi di accertare compiutamente il contenuto del rapporto intercorso tra la casa farmaceutica e l'Azienda Ospedaliera che consenta di qualificare i medici sperimentatori come ausiliari – non solo dell'Azienda, ma anche – della casa farmaceutica, della quale la stessa si sia valsa nell'adempimento di una obbligazione assunta nei confronti della I. Nè un siffatto rapporto di ausiliarietà tra medici sperimentatori e casa farmaceutica può essere presunto per il solo fatto che la casa farmaceutica sia stata promotrice della sperimentazione, dovendosi accertare in concreto, in base alla concreta conformazione della convenzione di sperimentazione fra la casa farmaceutica produttrice del farmaco e la struttura ospedaliera nel cui ambito si è svolta la sperimentazione – mediante la somministrazione del farmaco ai pazienti - , se vi sia stata partecipazione – anche mediata – della casa farmaceutica al reclutamento e alla gestione dei pazienti sottoposti alla cura sperimentale, tale da consentire di qualificare la struttura ospedaliera e i medici “sperimentatori” come ausiliari della prima, in modo da poter predicare la responsabilità della società farmaceutica ex artt. 1218 e 1228 c.c.”.
Dunque, per poter configurare una responsabilità contrattuale della casa farmaceutica e una responsabilità per fatto degli ausiliari, occorrerebbe individuare un inadempimento – o inesatto adempimento – rispetto ad una obbligazione che si possa ritenere assunta dalla stessa nei confronti del paziente, ancorchè eseguita per il tramite degli ausiliari; “in difetto, risulta predicabile unicamente una responsabilità extracontrattuale”.
Nondimeno, nella fattispecie l’ausiliario è solo mero esecutore di fronte all’obbligo di somministrazione del farmaco e, dunque, è ardimentoso imputare a costui la responsabilità dell’evento, con conseguente obbligo di risarcimento del danno, anche allorquando vi sia un concreto nesso di causalità tra l’evento e il danno.
Pertanto, in sede conclusiva, il Giudice di legittimità ha affermato che “la responsabilità della casa farmaceutica non può essere affermata in termini contrattuali, ma, eventualmente, a titolo extracontrattuale, in relazione all’art. 2050 c.c. o all’art. 2043 c.c.”, e anche alla luce di quanto contenuto nel Dlgs. 211/2003, recante attuazione della direttiva 2001/20/CE relativa alla applicazione della buona pratica clinica nell’esecuzione delle sperimentazioni cliniche medicinali per uso clinico, tema, quello delle buone pratiche, affrontato ben 15 anni dopo dal legislatore italiano della Gelli-Bianco.
Tanto affermato, anche la sentenza di legittimità sembra presagire una possibile ricostruzione, in sede di giudizio di rinvio, argomentata sulla responsabilità extracontrattuale della casa farmaceutica, per garantire un po’ di giustizia anche alle persone che hanno agito in giudizio per il risarcimento del danno da responsabilità civile sanitaria.