Pubblica amministrazione  -  Alceste Santuari  -  21/10/2024

Assistenza domiciliare: una definizione che lascia margini di azione alle pubbliche amministrazioni – Tar Marche, 799/24

Con la sentenza 12 ottobre 2024, n. 799, il Tar Marche (sezione I), ha indicato chiaramente cosa si debba intendere per attività di assistenza domiciliare a favore della popolazione anziana. Il giudizio nasce a seguito di un ricorso presentato da una cooperativa sociale, che ha contestato l’assegnazione dell’appalto ad una cooperativa, la quale, secondo le doglianze della società ricorrente, non era provvista del requisito di iscrizione nella "white list”, così come previsto dall’art. 1, comma 52, l. 190/2012.[1]

L’art. 1, comma 53 della medesima legge individua tra i servizi/le attività definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività: omissis

i-ter) ristorazione, gestione delle mese e catering

i-quater) servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti.

Poiché l’appalto in oggetto contemplava anche l’attività di “…raccolta dei rifiuti e successivo smaltimento", la società ricorrente ha censurato l’assenza dell’iscrizione di cui sopra in capo alle società graduate prima di essa.

Al riguardo, la stazione appaltante ha ribadito l’obbligo di iscrizione non poteva sussistere “sia alla luce del fatto che la raccolta di rifiuti prevista dall’art. 5 del capitolato rappresenta solo un compito accessorio e “marginale” a carico dell’appaltatore, sia perché tali attività sono unicamente funzionali alla cura della casa dell’assistito, per cui non sono annoverabili fra quelle indicate dal citato comma 53.”

A confutare la tesi della convenuta amministrazione pubblica, la società ricorrente ha sottolineato che:

  1. la giurisprudenza e l’A.N.A.C. hanno chiarito che, per verificare la sussistenza dell’obbligo di iscrizione alla white list, non deve farsi luogo ad alcuna distinzione “quantitativa” o “qualitativa” fra le prestazioni oggetto di un appalto, per cui non rileva il fatto che nella specie la raccolta dei rifiuti sarebbe una prestazione accessoria;
  2. non può dubitarsi del fatto che le attività principali oggetto del presente appalto producono rifiuti sanitari, i quali, come è noto, debbono essere trattati nel rispetto di specifiche disposizioni di legge (D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254).

Alla luce delle su esposte osservazioni, la società ricorrente ha ribadito che l’appaltatore è tenuto a svolgere il servizio secondo le medesime modalità valevoli per le strutture sanitarie pubbliche e private, ergo la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti rientrano a pieno titolo fra quelle per le quali è imposta l’iscrizione alla white list.

Il Tar ha rigettato la domanda sulla base delle seguenti motivazioni:

  1. l’oggetto dell’appalto è quello di consentire agli anziani, ed in particolare a quelli che versano in condizioni di disagio, di continuare a vivere nel loro contesto sociale, abitativo e di comunità costituiscono;
  2. in questo senso, dunque, il capitolato tecnico ha previsto un servizio di assistenza domiciliare che consta di una pluralità di interventi volti a sostenere la quotidianità dell’anziano nella propria abitazione;
  3. in particolare rilevano le mansioni degli operatori socio-sanitari (OSS) che l’appaltatore dovrà adibire al servizio, le quali comprendono le “…attività inerenti il governo della casa: preparazione dei pasti e lavaggio delle stoviglie, raccolta dei rifiuti e successivo smaltimento, lavaggio e successiva stiratura della biancheria e tutto ciò che riguarda la pulizia generale degli ambienti…”;
  4. in un contesto così descritto, sia l’attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti, sia le attività relative alla preparazione dei pasti sono da ricomprendere nel concetto generale di “governo della casa”, essendo esse identiche a quelle che ogni cittadino svolge normalmente a livello domestico, sia personalmente sia avvalendosi di collaboratori domestici;
  5. la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, in particolare, consistono dunque nelle operazioni che quotidianamente tutte le persone compiono nel rispetto delle disposizioni impartite dal Comune e/o dal soggetto che gestisce i servizi ambientali (raccolta differenziata anche “porta a porta”, conferimento presso le c.d. isole ecologiche, etc.);
  6. fra l’altro, queste attività, anche in costanza del servizio per cui è causa, ben possono essere svolte direttamente dall’anziano autosufficiente, mentre l’OSS interviene solo se l’assistito non è in grado di provvedere alla raccolta e/o al conferimento.

Sulla base delle osservazioni che precedono, la Sezione ha ritenuto che queste attività non possano ricondursi a quelle “che il legislatore della L. n. 190/2012 aveva in mente nel momento in cui ha introdotto il meccanismo dell’iscrizione alla white list, il che è confermato anche dal fatto che la definizione dell’art. 1, comma 53, richiama le pertinenti disposizioni del T.U. n. 152/2006, ed in particolare dell’art. 183 e dell’Allegato B alla Parte Quarta del T.U.”. A ciò si aggiungano ulteriori due profili che il Tar ha ritenuto rilevanti e dirimenti:

  1. il capitolato tecnico non stabiliva in che modo l’attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti dovesse essere svolta. Come è noto, negli appalti che hanno ad oggetto la gestione dei servizi ambientali, il capitolato disciplina minuziosamente le modalità di espletamento del servizio (periodicità della raccolta, tipologia dei contenitori e dei mezzi, etc.);
  2. non è nemmeno dirimente il richiamo alla disciplina dei rifiuti sanitari di cui al D.P.R. n. 254/2003, visto che tale disciplina riguarda i rifiuti prodotti da strutture sanitarie pubbliche o private individuate ai sensi del D.Lgs. n. 502/1992 e s.m.i. (nella specie si tratta invece di rifiuti prodotti nell’ambiente domestico che derivano o dalle attività di igiene della persona o da interventi di piccola medicazione, i quali, secondo le disposizioni vigenti nei vari comuni, sono di solito conferibili nel c.d. indifferenziato). Come sopra già richiamato, le attività domestiche che generano i rifiuti de quibuspossono essere svolte o in prima persona dall’anziano o anche da caregiver privati, e in questi casi nessuno dubita dell’inapplicabilità delle disposizioni del D.P.R. n. 254/2003.

I giudici hanno inteso svolgere simili osservazioni anche avuto riguardo alle attività di “assunzione pasti”, “preparazione pasti” e “acquisto di generi alimentari”, le quali, se inquadrate nell’ottica del presente servizio, “non possono in alcun modo essere assimilate alle attività di “ristorazione, gestione delle mese e catering” per le quali opera l’obbligo dell’iscrizione alla white list.”

In sostanza, dunque, le prestazioni del presente appalto che secondo parte ricorrente vanno ricondotte nel novero di quelle indicate dall’art. 1, comma 53, della L. n. 190/2012 non sono in realtà inquadrabili fra quelle ritenute “sensibili”, e ciò in quanto esse, nel loro insieme, riguardano il “governo della casa” dell’anziano destinatario del servizio.

Si tratta di una dimensione di assistenza e cura domiciliare, che si compone di diverse attività, prestazioni ed interventi, non sempre “standardizzabili” e, al contrario, possibile oggetto di co-definizione e co-progettazione, realizzabili attraverso le procedure amministrative di cui al Codice del Terzo settore.

[1] “Per le attività imprenditoriali di cui al comma 53 la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria da acquisire indipendentemente dalle soglie stabilite dal codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è obbligatoriamente acquisita dai soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, attraverso la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori.”




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