Ritengo che la pronuncia in commento, proveniente dall'ennesimo arresto della III Sez. Civile (29/05/2013 n. 13457), contenga spunti interessanti, in particolar modo in ordine ai comportamenti attesi e/o doverosi, che può trovare applicazione anche al di là della fattispecie concreta discussa. Il caso, assai triste, riguarda la violenza sessuale aggravata che subisce una minore, all'interno della scuola, ad opera di un operaio che ha avuto l'autorizzazione ad accedere all'Istituto, con altri compagni di lavoro, per eseguire lavori di ristrutturazione.
I genitori della piccola chiamano in giudizio il Comune, il Ministero e il violentatore, nel frattempo condannato in sede penale, ed in prime cure il Tribunale accoglie la domanda nei confronti del violentatore e del Ministero ma la rigetta nei confronti del Comune.
La Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 02/03/2009, rigetta l'impugnazione proposta dal Ministero che contava nell'affermazione del difetto di legittimazione passiva nonché nel vizio di ultra petizione nella pronuncia di I° grado. Denunciando il vizio di ultra petizione il Ministero lamenta che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente qualificato quale domanda contrattuale quella invece proposta ex art. 2043, 2048, 2049; tuttavia secondo la Cassazione il dovere, incombente sul giudice del merito, di qualificare giuridicamente l'azione e di attribuire eventualmente anche un nomen iuris diverso da quello indicato dalle parti è tale, e legittimamente esercitato, purché non sostituisca la domanda con una diversa alterandone i fatti costitutivi o fondando la pronuncia su fatti non dedotti o allegati in giudizio.
Bene ha fatto quindi il giudice di I° grado a considerare invocato in giudizio il titolo contrattuale, tenuto conto che è stato eccepito l'inadempimento dell'obbligo assunto dall'autore del danno di vigilare, oltre ad aver sollevato la violazione del generale dovere di non recare danno ad altri (e quindi il titolo extracontrattuale).
Ma ciò che più interessa è l'argomento utilizzato dalla Corte per confermare la responsabilità del Ministero, pur a fronte dell'eccepita imprevedibilità dell'atto di violenza contro il quale, secondo il Ministero, la scuola non avrebbe potuto nulla.
La Corte di Cassazione osserva che la Corte d'Appello di Roma ha correttamente ritenuto la responsabilità della scuola, tenuto conto che risultava assente qualsiasi forma di sorveglianza doverosa da predisporsi a cura della scuola, per prevenire danni di qualsiasi genere agli alunni. Ha ritenuto correttamente che l'assenza di sorveglianza abbia agevolato l'azione criminosa, contribuendo al verificarsi dell'evento, pur considerando l'imprevedibilità dell'azione criminosa. E' pacifico peraltro che accogliendo la domanda d'iscrizione e ammettendo quindi l'alunno alla scuola si perfeziona un vincolo contrattuale dal quale discendono, a carico dell'istituto, tra le altre pure obbligazioni che impongono di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo medesimo nel tempo in cui fruisca della prestazione scolastica.
Le cautele utili a garantire tale incolumità debbono peraltro essere modulate sulle circostanze del caso concreto. Nel caso di specie ne emergevano di eccezionali rappresentate dall'esistenza di un cantiere aperto all'interno dell'immobile e dall'accesso quindi di terzi estranei per l'esecuzione dei lavori. A fronte di tale alterazione del normale svolgimento delle lezioni, sarebbe spettato alla direzione didattica, che è responsabile dell'organizzazione scolastica, predisporre una vigilanza più attenta, grazie anche alla comunicazione di idonee direttive al personale ausiliario, così da far fronte all'eccezionale evento rappresentato dalla presenza di terzi estranei all'interno della struttura scolastica, così che tale omessa cautela, che avrebbe ben potuto essere predisposta, ha contribuito al verificarsi dell'evento.
Né la struttura è stata in grado di dimostrare di avere invece predisposto accorgimenti idonei ad evitare l'evento dannoso.
Ricordo, occupandomi prevalentemente di responsabilità medica, che pure nel contratto di cura, chiaramente atipico, confluiscono obbligazioni che non riguardano solo la cura della malattia eventualmente lamentata dal paziente, ma pure prestazioni pseudo alberghiere così che anche alla struttura ospedaliera spetta l'onere di conservare l'incolumità del paziente che abbia perfezionato detto contratto con l'accoglienza ricevuta all'interno della struttura.
Così che se l'utente di una struttura ospedaliera scivoli percorrendo un corridoio lasciato bagnato da personale che non adotti cautele utili a segnalare il pericolo, così come l'ospite di una struttura protetta riceva danno nel percorrere un'area comune divenuta pericolosa all'esito di lavori in corso non adeguatamente segnalati, la struttura stessa risponde, per specifica responsabilità contrattuale, ove a fronte di particolari rischi non abbia approntato idonee cautele, con l'effetto di aver contribuito a consentire l'evento dannoso.
La diligenza, quindi, che viene richiesta al debitore della prestazione, è necessariamente commisurata allo speciale contesto nel quale la prestazione debba svolgersi e non può vivere quindi di forfettarie e standardizzate cautele, valide per tutte le stagioni ed incapaci di essere modulate a seconda anche dell'alterazione che la normale gestione subisca ad opera, per esempio, dell'esecuzione di lavori straordinari. La pretesa di diligenza si modula quindi sulla fattispecie concreta, come del resto prevede l'art. 1176 c.c., II c., e si compone della cautele mediamente previste (dall'agente modello di riferimento), di quelle attese da eventuali particolari ed ulteriori capacità soggettive espresse dal debitore della prestazione (che possono derivargli da specialità ulteriori eventualmente conseguite), ed infine di quelle che la fattispecie suggerisca e che possono consistere anche in temporanee alterazioni come quella, qui in discussione, caratterizzata dall'esecuzione di lavori all'interno dell'Istituto scolastico.
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