Racconta così Livia Grossi, collaboratrice di lunga data del Corriere della Sera ed esperta di teatro.
Di “vergini giurate”, di cui ha scritto Elira Dones nel romanzo Vergine giurata (Feltrinelli), ce n’erano ormai solo otto o sette.
«E non era facile avvicinarle e soprattutto farle raccontare. Ci riuscii con Pashka che allora aveva 66 anni, e vestiva in abiti maschili da quando ne aveva 28 anni».
L’istituzione può sembrare insolita: quando, in un clan, tutti gli uomini sono stati uccisi, una donna può riconquistare i diritti sociali del suo gruppo facendosi suora. O “diventando” maschio, ovvero vestendosi e comportandosi come un uomo.
«È un’identità accettata dalla comunità maschile che, da quel momento, ti tratta come se fossi davvero un uomo. Ma per poterlo fare devi essere vergine, ossia non sposata (perché si dà per scontato che una donna non sposata sia vergine): offri, insomma, la tua verginità in cambio della dignità sociale. Il che vuol dire potersi vendicare dei tuoi uomini uccisi: non puoi sparare di persona, ma puoi dare una pallottola a un maschio della comunità perché diventi il tuo killer. Non è però obbligatorio», racconta ancora la Grossi, «Pashka non si era vendicata, per esempio, perché gli uomini del suo clan erano stati uccisi in guerra. Per la faida, diffusissima, è diverso: devi reagire. In più il “delitto d’onore” non viene punito dalla legge di Tirana. Esisteva, quando andai, una sorta di sceriffo che trattava con il giudice per aggiustare l’aspetto penale».
Livia Grossi tornò scioccata, ma certa che qualche giornale avrebbe pubblicato il suo reportage. E invece, in quel periodo, gli albanesi “andavano di moda” solo come tagliagole, prima di cedere il posto, nelle furie collettive, a rom e marocchini.
«Così, ho tenuto la storia nel cassetto». Adesso è diventata uno spettacolo, che unisce il reportage-intervista, alcune pagine di un romanzo, Il megafono di Dio, di Laura Facchi, e alcuni stralci della sceneggiatura La neve rossa, tratta dallo stesso romanzo, e scritta da Laura Facchi e dalla regista Maria Arena.
I testi vengono letti da una coppia di attrici, Lucia Vasini ed Emanuela Villagrossi, accompagnati dalle immagini del fotografo Alex Majoli e dalle musiche di Gaetano Liguori. Per ora Diventare uomo –frammenti estremi di donne albanesi è di scena al Teatro della Cooperativa di Milano, dal 12 al 16 gennaio. In attesa di una lunga e utile tournée: «Sembra una storia lontana... eppure io stessa, tornando a Milano, mi sono trovata a chiedermi qual è il prezzo che paghiamo noi italiane, oggi, per vederci riconosciuta una dignità sociale», conclude la Grossi.