Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  16/03/2023

Sulle  condizioni  per  disporre  il  Trattamento  Sanitario  Obbligatorio  per  malattia  mentale :  la  Cassazione  fa  il  punto - Massimo Niro

1. La Corte  di  Cassazione, con  la  recente  pronuncia  che  qui  si  commenta ( Cass. civ. sez.III ord. 11  gennaio  2023, n.509 ), ha  esaminato  in  maniera  specifica  e  dettagliata  la  problematica  del  Trattamento  sanitario  obbligatorio ( TSO ) per  malattia  mentale, disciplinato  dagli  artt.33 e  ss. legge  833/1978,  precisando  la  natura  dello  stesso  e  le  condizioni  in  presenza  delle  quali  esso  può  essere  legittimamente  disposto.

Nel  caso  pervenuto  in  ultima  istanza  alla  Suprema  Corte  il  ricorrente  chiedeva  il  risarcimento  dei  danni  subiti  per  essere  stato  sottoposto  a  un  Trattamento  sanitario  obbligatorio, allorquando  veniva  trattenuto  nei  locali  del  Centro  di  Salute  Mentale  ove  si  era  recato, a  causa  della  manifestazione  di  “ un  disturbo  delirante  cronico  in  fase  di  scompenso”,  non  avendo  il  ricorrente  inizialmente  accettato  gli  interventi  terapeutici  proposti ( mentre, dopo 16  giorni  di  trattamento, egli  dichiarava  di  accettare  volontariamente  la  prosecuzione  dei  trattamenti ).  La  domanda  risarcitoria  del  ricorrente  veniva  respinta  in  entrambi  i  giudizi  dal  medesimo  promossi, sia  in  primo  grado  che  in  appello,  rilevandosi  il  difetto  di  legittimazione  passiva  del  Comune  originariamente  convenuto  in  giudizio,  la  mancanza  di  qualsiasi  ipotesi  di  “contatto  sociale”  che  giustificasse  la  proposizione  di  una  richiesta  risarcitoria  a  titolo  di  responsabilità  contrattuale  nei  confronti  del  Ministero  dell’Interno, 

il  difetto di  prova  di  una  responsabilità  contrattuale  in  capo  all’Azienda  Sanitaria  Universitaria  Integrata  del  luogo,  infine  la  tardività  della  domanda  di  risarcimento  del  danno  da  mancato  consenso  informato ( cfr. “Svolgimento  del  processo“  della  pronuncia  in oggetto ).

2. La  Corte di  Cassazione, dopo  aver  rilevato  che  il  ricorso  proposto  dall’interessato  “nell’esposizione  del  fatto, si  pone  ai  limiti  dell’ammissibilità “ ( come  prescritto  dall’art.366  n.3)  c.p.c. e  interpretato  dalla  giurisprudenza  della  Corte ),  procede  a  vagliare  nel  merito  i  motivi  di  ricorso  e  a  ritenerli  infondati.  Nella  prima  parte  della  sua  motivazione  la  Corte  di  legittimità  ribadisce  e  conferma  il  suo  indirizzo  in  materia  di  consenso  informato, secondo  il  quale  “la  manifestazione  del  consenso  del  paziente  alla  prestazione  sanitaria  costituisce  esercizio  del  diritto  fondamentale  all’autodeterminazione  in  ordine  al  trattamento  medico  propostogli “,  sicchè  il  diritto  del  paziente  al  consenso  informato  “va  comunque  e  sempre  rispettato  dal  sanitario, a  meno  che  non  ricorrano  casi  di  urgenza “  ovvero  che  non  “si  tratti  di  trattamento  sanitario  obbligatorio “ ( cfr. “Motivi  della  decisione”,  paragrafo  5.1 ).

Ecco, quindi, che  la  Suprema  Corte  introduce  il  tema  specifico  e  peculiare  della  fattispecie  in  esame, cioè  il  Trattamento  sanitario  obbligatorio ( TSO )  per  persone  affette  da  malattia  mentale, disciplinato, sulla  scorta  e  in  conformità  all’art.32  comma  2  Cost., dagli  artt.33, 34 e  35  legge  833 /1978 :  infatti, in  presenza  delle  condizioni  previste  da  tali  disposizioni  normative  “ si  può  prescindere  dal  consenso  del  paziente “ ( paragrafo  5.2 ).  

Peraltro, ciò  implica  la  centralità  del  consenso  alla  prestazione  di  cure  mediche,  poiché  il  TSO  per  malattia  mentale - come  precisato  dalla  Suprema  Corte - “deve  essere  attivato  solo  dopo  aver  ricercato, con  ogni  iniziativa  possibile, il  consenso  del  paziente  ad  un  intervento  volontario “ ( cfr., per  questa  linea  interpretativa, A. Palmieri,  TSO  per  malattia  mentale :  i  presupposti  per  la  liceità , in  www.Il Quotidiano Giuridico.it, 17  febbraio  2023 ).  

Le  tre  condizioni  che  devono  essere  contemporaneamente  presenti  affinchè  si  possa  ricorrere  al  Trattamento  sanitario  obbligatorio  sono  stabilite  dall’art.34, quarto comma, l. 833/78  e  sono  testualmente  richiamate  dall’ordinanza  della  Cassazione  che  qui  si  commenta :  a) l’esistenza  di  alterazioni  psichiche  tali  richiedere  urgenti  interventi  terapeutici ; b) la  mancata  accettazione  da  parte  dell’infermo  degli  interventi  terapeutici  proposti ; c) l’esistenza  di  condizioni  e  circostanze  che  non  consentano  di  adottare  tempestive  ed  idonee  misure  sanitarie  extra-ospedaliere.  

Se  non  sussistano  tutte  e  tre  queste  condizioni  non  si  può  legittimamente  far  ricorso  al  TSO  per  malattia  mentale :  dunque, l’intervento  eventualmente  effettuato  in  assenza  di  una o  più  di  tali  condizioni  deve  considerarsi  illegittimo ( cfr. altresì, in  materia  penale, Cass. pen. sez. IV 14  novembre  2007, n.10795,  secondo  cui  il  trattamento  sanitario  obbligatorio  in  condizioni  di  degenza  ospedaliera  può  essere  disposto  solamente  in  presenza  dei  tre  presupposti  sopra  menzionati, tra  i  quali  vi  è  il  rifiuto o  mancata  accettazione  delle  cure  da  parte  del  paziente ). 

Inoltre, la  Cassazione  puntualizza  che  il  Trattamento  sanitario  obbligatorio  nei  confronti  di  persona  affetta  da  malattia  mentale  “richiede  una  specifica  procedura “,  attivata  da  parte  di  un  medico  che  verifica  l’esistenza  della  convalida  della  sua  proposta  da  parte  di  un  altro  medico  dipendente  pubblico,  dell’emanazione  da  parte del  Sindaco  nella  sua  qualità  di  “autorità  sanitaria”  dell’ordinanza  esecutiva ( entro  48  ore ) e  della  notifica  di  quest’ultima  al  Giudice  Tutelare ( entro  le  successive  48  ore ), il  quale  provvede  a  convalidare  o  meno  il  provvedimento  e  a  darne  comunicazione  al  Sindaco ( l’iter  procedimentale  in  oggetto  è  delineato  dai  menzionati  artt.33, 34  e  35  l. 833/78 ).   E’  chiaro  che, data  la  delicatezza  della  materia, la  specifica  procedura  disegnata  dal  legislatore  è  volta  a  tutelare  proprio  la  condizione  del  paziente  affetto  da  disturbo  psichico  che  è  il  destinatario  del  provvedimento,  prevedendo  il  concorso  nella  procedura  di  organi  sanitari  e  giudiziari  con  tempi  rapidi  e  certi :  di  qui  la  cessazione  del  TSO  da  parte  del  Sindaco  in  caso  di  mancata  convalida  del  provvedimento  da  parte  del  Giudice  Tutelare ( art. 35  comma  2 ),  di  qui  anche  la  facoltà  del  soggetto  sottoposto  a  TSO  ( e  di  “chiunque  vi  abbia  interesse” )  di  proporre  ricorso  al  Tribunale  competente  per  territorio  contro  il  provvedimento  convalidato  dal  Giudice  Tutelare ( art. 35  comma  8 ).  

In  questo  senso  è  indubbio  che - come  chiarito  dalla  Suprema  Corte  nell’ordinanza  che  ci  occupa - il  Trattamento  sanitario  obbligatorio  sia  “un  evento  terapeutico  straordinario, finalizzato  alla  tutela  della  salute  mentale  del  paziente, che  può  essere  legittimamente  disposto  solo  dopo  aver  esperito  ogni  iniziativa  concretamente  possibile, sia  pur  compatibilmente  con  le  condizioni  cliniche, di  volta  in  volta  accertate  e  certificate, in  cui  versa  il  paziente - ed  ove  queste  lo  consentano - per  ottenere  il  consenso  del  paziente  ad  un  trattamento  volontario “ ( così  il  ‘principio  di  diritto’  enunciato  dalla  Corte,  par. 5.3  della  decisione ).  

3. Dopo  aver  enunciato  il  principio  di  diritto, nei  termini  appena  riferiti,  la  Corte  di  Cassazione  osserva  che  nel  caso  di  specie  sono  state  rispettate  le  condizioni  ed  i  presupposti  procedurali  per  far  luogo  al  TSO,  giacchè  l’interessato  era  affetto  da  un  disturbo  delirante  cronico  in  fase  di  scompenso  e  “aveva  ripetutamente  rifiutato  gli  interventi  terapeutici  proposti “,  con  conseguente  “comprovata  sussistenza  dei  tre  presupposti  poc’anzi  indicati “ ;  inoltre,  il  provvedimento  di  trattenimento  del  paziente  presso  i  locali  della  struttura  psichiatrica  ove  si  era  recato  era  stato  proposto  da  un  medico  e  convalidato  da  un  altro  medico  della  struttura  sanitaria  pubblica, quindi  era  stato  ordinato  dal  Sindaco  del  Comune  in  questione  nella  sua  qualità  di  Ufficiale  di  Governo  ed  infine  convalidato  dal  Giudice  Tutelare.  

La  conclusione  della  Corte, nel  senso  del  rigetto  della  domanda  risarcitoria  del  ricorrente,  pare  corretta  e  necessitata, alla  luce  degli  elementi  di  fatto  della  vicenda  sinteticamente  descritti  nello  “Svolgimento  del  processo “ ;  corretto  e  condivisibile  è  il  principio  di  diritto  enunciato  dalla  stessa  e  sopra  riportato.  

Da  ultimo, si  intende  valorizzare  un  passaggio  della  motivazione  in  cui  il  Giudice  di  legittimità  rileva  che  “Nonostante, dal  punto  di  vista  normativo, un  paziente  sia  considerato, secondo  una  visione  dicotomica, capace  oppure  incapace,  la  realtà  clinica  suggerisce  che  possano  esistere  degli  spazi  di  autonomia  e  libertà  decisionale  residui  anche  in  pazienti  sottoposti  a  TSO “ ( par. 5.2 ).   Si  tratta  di  un  passaggio  argomentativo  “significativo “ ( cfr. anche, in  tal  senso, A. Palmieri, op. cit. ),  perché  mette  in  evidenza  la  sensibilità  e  duttilità  dell’approccio  della  Corte  al  tema  del  TSO  per  disturbo  mentale,  approccio  attento  alle  risultanze  della  “realtà  clinica”,  le  quali  possono  incrinare  la  visione  dicotomica  sulla  capacità/incapacità  del  paziente  a  prestare  un  valido  consenso  alle  cure :  dunque, anche  un  paziente  sottoposto  a  TSO  può  avere  degli  spazi  residui  di  autonomia  e  libertà  decisionale. 

In  questa  prospettiva  è  ancora  più  evidente  la  centralità  della  questione  del  consenso  informato  del  paziente,  considerato  appunto  che - come  sottolineato  dalla  pronuncia  in  oggetto -  si  può  ricorrere  al  Trattamento  sanitario  obbligatorio  per  malattia  mentale  solo  dopo  aver  ricercato, con  ogni  iniziativa  in  concreto  possibile, il  consenso  del  paziente  ad  un  trattamento  volontario.

                                                                                                     Massimo  Niro

                                                                                              ( giurista,  ex  magistrato )


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