Letteratura  -  Palumbo Valeria  -  23/06/2011

SPEZZATI MA NON DIVISI – Valeria PALUMBO

Gli zingari, come li chiamiamo (involontari protagonisti della surreale e perdente campagna elettorale della destra alle ultime amministrative di Milano), appartengono a un popolo grande e molto variegato che nonostante le incredibili e sconosciute persecuzioni nel corso dei secoli è riuscito a mantenere una sua granitica identità, che poi è fatta di tante identità diverse a seconda dei vari gruppi. Ora, se è innegabile che molti rom, nel corso della storia, hanno passato una discreta fetta della vita a rubar polli e sgraffignare oggetti e non solo a suonare magistralmente il violino e a fare pentole, ciò non ha nulla a che fare con la ferocia con la quale popoli e governi decretarono espulsioni ed esecuzioni di massa, “rieducazioni” forzate dei bambini, taglio dei capelli alle donne, marchiature a fuoco e altre amenità che l’Occidente, nella sua corsa verso la modernità e la civiltà, ha distruibuito a destra e a manca. A dire il vero non ha smesso di farlo. Anche per questo, val la pena fare un salto a Genova, dal 7 al 14 luglio, per la manifestazione Genova Città dei Diritti, quarta edizione della Settimana internazionale dei diritti.

La nuova edizione della Settimana è dedicata ai Giusti: le persone che, poste di fronte alle ingiustizie della storia, hanno reagito e detto no, spesso a rischio della propria vita. Ospiti della Settimana personalità di rilievo, italiane e internazionali, della cultura, delle istituzioni, del giornalismo, dell’associazionismo e dello spettacolo. I racconti dei testimoni si alterneranno alle interviste pubbliche; verranno presentati libri; si faranno teatro, cinema, e musica; si svolgeranno dibattiti e seminari aperti. La sede principale dell’evento è Palazzo Tursi in via Garibaldi 9, che ospita anche il comune (www.genovacittadeidiritti.it).

E per chiudere questa breve rassegna di suggerimenti, avrei un altro libro: L’Italia s’è desta, di Tarquinio Maiorino, Giuseppe Marchetti Tricamo e Andrea Zagami. “L’Italia s’è desta!”, l’ha gridato di recente anche Roberto Benigni, sguinzagliato il 17 giugno scorso sul palco della Fiom. Qui però si parla della “vera storia dell’inno di Mameli e del tricolore”, come recita il sottotitolo. In realtà è una vera storia d’Italia, che si snoda tra aspirazioni unitarie e becero patriottismo: quando pensiamo (e non a torto) che il nostro inno sia brutto e che gli appelli alla guerra mal si adattino a un popolo che non vuol più fare neanche le cosiddette “missioni di pace”, sarebbe il caso di ricordare quanto fossero brutte le parole delle marcette fasciste, mandate e rimandate alla radio, mentre occupavamo senza motivo l’Etiopia. La singolarità è che contenevano anche massicci errori storici. Tipo questo: «Siamo fiaccole di vita,/ siamo l’eterna gioventù/ che conquista l’avvenir,/ di ferro armata e di pensier./ Per le vie del nuovo Impero/ che si dilungano nel mar,/ marceremo come il Duce vuole,/ dove Roma già passò...» ed è evidente che i legionari da Adis Abeba non siano mai passati. Ma anche che il servilismo nuoce, e seriamente, anche alla poesia.




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