Danni  -  Redazione P&D  -  31/07/2021

Sorella ma anche moglie, due bambini poi … che fare? - Paolo Cendon

(Da ‘’I Diritti dei più fragili’’,  Rizzoli,  2018)

 

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Muore un uomo, B., in un incidente stradale, la colpa è interamente dell’altra parte; la moglie, M., e figli del defunto chiedono in Tribunale il risarcimento del danno.

 

Si può fare, pensa in prima battuta il giudice. Solo, indagando meglio, emerge che quei due non si erano mai sposati: né in chiesa, né in municipio. Pazienza, ragiona il magistrato,  è una cosa che succede, anzi è frequente oggigiorno; e la responsabilità civile, da sempre, non guarda troppo per il sottile in queste cose: è un istituto comprensivo, “poco inibito”. Se una coppia vivente more uxorio è solida, stabilizzata nel tempo, con buone prospettive di durata: ebbene, il risarcimento,  anche a discreti livelli come “quantum”, non incontrerà grandi scogli.

 

Nel caso in questione emerge tuttavia un ”dettaglio”, che non si sarebbe immaginato, fatto per spiazzare seriamente: quella che domanda il risarcimento è bensì la compagna del defunto, ma è al tempo stesso sua sorella, di poco più giovane. Sorella sì, stessa madre e stesso padre; il prospetto all’Ufficio di Stato civile non lascia dubbi in proposito.

 

Una vicenda, a pensarci bene, non tanto frequente; di quelle che possono comunque succedere, anche in Italia (in certi paesi dell’Europa del Nord è più facile). Due fratelli vicini come età, orfani abbastanza presto, che sin dalla più tenera età,  in questo caso,  sono stati portati, per temperamento, a volersi un gran bene, a dividere ogni novità; a giocare, a sostenersi, sempre attaccati fra loro. Durante l’adolescenza, complici alcune occasioni, è stato naturale per i due scivolare verso una certa intimità: timidezza, riserbo, il tempo è continuato a passare, la confidenza si è vieppiù stabilizzata; un altro po’ di anni e sono arrivati dei bambini, prima una femminuccia, poi un maschietto. Ora sono la prima all’asilo, il piccolo al nido.

 

Fragilità duplice, vien da osservare: perché è triste che il capofamiglia sia, adesso, morto in un incidente; e perché il padre dei bimbi (fratello della madre) è in certo qual modo lo zio, al tempo stesso: e loro sono contemporaneamente i figli e, da un certo punto di vista, anche i nipoti del defunto.

 Il giudice chiamato a decidere come si orienterà?

 

Per quanto concerne i figli, calcola il nostro magistrato, nessun problema; la posizione dei genitori è destinata a incidere ben poco (una volta sì, oggi non più, sostanzialmente) sullo “status” delle loro difficoltà, patrimoniali e non patrimoniali, come orfani: pieno risarcimento dunque.

 

E la sorella, compagna di vita? Il giudice prende le sue informazioni: iI quadro che emerge dai racconti è a senso unico: sorella sì, ma legata al compagno-fratello da sentimenti freschi, autentici. Vissuti sempre in quel posto di campagna; i figli, è confermato, sono venuti da soli, per caso, e dopo un po’, passato il primo smarrimento, nessuno nel rione, fra i Servizi anche, ci ha più fatto caso; coppia serena, quartetto esemplare. Tutti abbastanza simili, come lineamenti del viso; gentili, affettuosi. Una famigliola che,  sempre più vien fuori  scavando,  la comunità circostante ha accolto con naturalezza, semplicità: in ogni circostanza, pubblica e privata: feste del Patrono, piccoli cortei, concerti della banda municipale, inaugurazioni. Anche il parroco, don S., all’inizio perplesso, da tempo si è messo l’animo in pace; ogni anno verso Pasqua va a impartire la benedizione in casa, con l’incenso e i chierichetti. E si ferma a bere un bicchierino.

 

Ce n’è abbastanza, concluderà il nostro giudice, per affermare che non sussistono ostacoli di sorta; e per disporre in definitiva un risarcimento non già da “sorella” (quattro soldi), ma da “quasi moglie” (parecchie decine di migliaia di euro).




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