Letteratura  -  Tornesello Giulia  -  24/02/2011

SENTIRE ARIA DI CASA ED UNA CERTA EUFORIA- Giulia TORNESELLO

Scorrendo ieri l’articolo della brava giornalista e scrittrice Valeria Palumbo sempre attenta in tema di storie e diritti delle donne, mi sono chiesta se dovessi sentirmi in colpa. Si chiede Palumbo: chi spoglia le donne? E allora? Perché mai dovrei sentirmi in colpa? Ma per la “retraite”, naturalmente. E’ un’esigenza dello spirito e non c’entra nulla con l’andare in pensione, che è la retraitè. Non fate caso alla traduzionerapidaonline. La retraite quando arriva, arriva. E tu allora te ne stai in disparte persino in giorni di piazze affollate da donne trasversali, da firme su petizioni femminili . La dignità delle donne. Il corpo delle donne.
Ho pensato che pur con una retraite o retraitè in atto qualcosa dovevo fare: era il momento giusto per ri-leggere.

"E dovette entrare subito in lei, entrare nella pace terrestre del suo corpo tenero ".

L’ha scritto David Herbert Lawrence. È Lady Chatterley per la prima volta con il suo amante.
E così mi sono arrampicata sulla scala, verso “i piani alti” della libreria, per ripescarlo.Il libro. Perché questo della Lady é il classico testo “di iniziazione”, si legge da giovanissimi. Poi lo si mette via. Ma in questi giorni mi sono ritrovata fra le mani la trascrizione dell’orgasmo della Lady un’impresa mirabile della parola merito della originale acuta rilettura che ne fa il grande giornalista Enrico Filippini:

“è un’impresa della parola che cerca di valicare se stessa e di farsi diretta “espressione sessuale”…. dove l’immagine meno astratta è “ perfetto fluido concentrico”… siamo prossimi all’inarticolato ed all’inconscio…”



Questa è solo una parte dello scritto in forma di intervista surreale firmata da Enrico Filippini al quale Lawrence con le sue parole “ ancora tutte ideologiche” consegna “una piccola speranza”. Lui, Filippini, preferisce chiamarla “un luogo ideale” “ un aldilà della narrazione”. Ve la riporterò integralmente magari, se ci sarà una seconda parte di questo micro saggio. Adesso occorre dire ancora qualcosa.

Ho letto molto in questo fine settimana senza piazze. Fra l’altro, un pezzo di Alessandro Piperno, scrittore, ebreo romano ironico ed attraente. Così ce lo descrive Gad Lerner nella godibile recensione di un suo libro (del 27 ottobre 2010, la trovate sul blog di Lerner); nel ricordo, alcuni brani dello scritto di Piperno mi davano ragione in tutto quel salire e quel cercare. Un vecchio libro, poi. Ma quali brani, quali passi?
Ecco:
<<… Ogni tanto mi capita di leggere qualche nostalgico peana sulla società letteraria che non c’è più. I tempi di Moravia, di Pasolini, della Morante. I caffè. Le lunghe conversazioni. I viaggi. Mi prende una tale nausea e un tale disgusto. Provate a immaginare quale nido di vipere fosse. Provate a immaginare gli snobismi, le ipocrisie, le frustrazioni. Non serve leggere Massa e potere di Elias Canetti per capire che anche i migliori messi in un gruppo danno il peggio di sé. Vengono in mente le parole che Molière mette in bocca ad Alceste, il suo meraviglioso misantropo: «Non c’è niente che odii tanto quanto le contorsioni di questi grandi funamboli delle dichiarazioni di amicizia, questi affabili dispensatori di frivoli abbracci, questi accattivanti dicitori di parole inutili, che con tutti fanno a gara a chi fa più cerimonie, e che trattano allo stesso modo il galantuomo e il cafone».Sì, è così che funziona là fuori: non si fa alcuna distinzione tra il galantuomo e il cafone. Molière lo sapeva. Molière, il saltimbanco, ne soffriva. Erano i tempi di Port-Royal. Di giansenismo imperante. La gente aveva una gran voglia di chiudersi in convento. Un secolo prima Montaigne (il più grande recluso della storia, altro che Salinger) si era ritirato dalla vita pubblica per scrivere cose di intelligenza e lucidità esemplare. Ritirarsi dalla vita pubblica era stato il prezzo da pagare a tutta quell’intelligenza e a tutta quella lucidità. Ecco perché dico che la retraite (così la chiamava Montaigne) non è un vezzo di alcuni letterati ma un’esigenza dello spirito. Una prova di integrità e indipendenza che uno deve dare a se stesso, non certo al mondo.
In una recente confessione intima, George Steiner si chiedeva con vezzoso rincrescimento: «Quale miopia, quale impulso autistico mi ha portato a considerare ogni collettivo, fosse esso un comitato o una folla, un’accademia di studiosi o una squadra sportiva, intrinsecamente sospetto? Quale arroganza preventiva ha fatto di me un "inassociabile" e mi ha convinto che se gli altri sono d’accordo con me, vuol dire che sto dicendo delle banalità o delle cose insensate? Come mai ho deciso di rifiutare di aggiungere la mia firma a manifesti programmatici, appelli, proteste con le cui idee e istanze in gran parte concordo?». (Alessandro Piperno Corriere della Sera Cultura 28 marzo 2010)
Ma non è così semplice naturalmente. La risposta, intendo. Intanto chissà perché le poche cose che davvero amiamo si somigliano in un modo così struggente. Ed è in questa somiglianza che troviamo “aria di casa ed una certa euforia”. Lo sa bene chi scrive. Che il suo primo dovere è di non essere intercambiabile per il lettore. Costi quel che costi. Ma quanto costa? E poi magari non ci si riesce. Ma bisogna. Che ci sia almeno questo. Facciamoci animo. Ora c’è nel nostro elenco ( sempre grazie al pezzo di Alessandro Piperno richiamato sopra n.d.r. ) anche Nabokof che con la sua famigerata autoironia, dà minor peso alla propria scelta isolazionista, mettendone in luce gli aspetti edonistici. Raccomandando «non come prigione dello scrittore ma solo come suo indirizzo permanente, la vituperatissima torre d’avorio, purché ovviamente fornita di telefono e di ascensore.Paradiso e nostalgia. Vedete? Eccone un altro che dall’aldilà prova a gettare un occhio da questa parte della barricata.. E, vorrei aggiungere io, di sigari e di qualche cofanetto di Doctor House o de I Simpson».( ancora Piperno).
E qualcosa ho scritto anch’io in proposito e di recente:

<<Scorre oggi, sull’asfalto metropolitano della Milano da bere, un’acqua putrida, grigia, sull’asfalto, sulla gomma. In fondo è solo acqua sulla gomma: ça glisse. Ed anche i media in fondo non mordono davvero. Abbiamo parlato di godimento dei due sessi dello sguardo, di una mappa dei sensi nello spazio metropolitano, noi, perversi frequentatori di festini letterari. Noi che crediamo che la scrittura sia il kamasutra del linguaggio, ed è perciò, per andare incontro ad un desiderio, che abbiamo scritto. La scommessa è vinta, allora. In questi giorni grigi e melmosi la scrittura putrida è in fondo acqua sulla gomma: ca glisse, scorre. E i media? Non mordono davvero a fondo altrimenti non avremmo potuto pensare questo pezzo. I due sessi della vista e la lezione della Tour Eiffel. Che scommessa vinta usare questo linguaggio per quelle parole abusate. Stuprate. Insozzate. Sono ancora nostre, ci appartengono. Grazie caro R.B
( così Giulia Tornesello una mappa dei sensi nello spazio metropolitano. “La Tour Eiffel” di Roland Barthes).

Ed ecco sono al piano più alto, il libro che cercavo è di nuovo mio. Mio e di chi ci prova ogni giorno, a vivere sapendo che la vita melmosa proprio come la scrittura putrida è in fondo acqua , acqua sulla gomma: ca glisse, scorre. Le donne sono il welfare. Nel Belpaese. Benissimo, sappiamo portare la croce quando occorre. Ma conosciamo bene sesso e amore. Possiamo vivere. (g.t.)































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