I dati del Rapporto sullo stato dell’assistenza agli anziani in Italia: popolazione in rapido invecchiamento, è necessario aggiornare i servizi per venire incontro ai bisogni di chi perde l'autonomia
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Invecchiamo, sempre di più, sempre più velocemente. E la sanità fatica a stare al passo. Lo dice con chiarezza l’ultimo Rapporto sulla Long Term Care (Ltc), appena pubblicato da Cergas Sda Boconi ed Essity, dedicato alle tendenze e i cambiamenti in atto nel settore della cura degli anziani e delle persone non autosufficienti nel nostro paese: purtroppo i passi avanti fatti dai modelli di servizio – che sono oggi più estesi e diversificati rispetto al passato – non sono in evoluzione come sarebbe necessario.
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Secondo la stima dell’Istituto superiore di sanità, entro il 2030 aumenterà significativamente il carico di malattia dei cittadini italiani anziani, e aumenterà di conseguenza anche l’incidenza della loro non autosufficienza. I dati Istat del 2021 dicono che le persone over 65 non autosufficienti sono quasi quattro milioni, pari al 28,4% del totale in quella fascia d’età. Il Rapporto Ltc ha cercato di valutare la distanza tra domanda e offerta in diversi settori, evidenziando per esempio che i bisogni meno presidiati sono quelli relativi al supporto psicologico per l’anziano e la sua famiglia (con un punteggio di 3,4 in una scala da 1 a 5); fortunatamente, ci sono anche settori in cui le cose vanno meglio, per esempio la capacità dei servizi di erogare assistenza complessa e di base (rispettivamente 4,9 e 4,4 su 5). Sono le Rsa e l’Adi (Assistenza domiciliare integrata) a confermarsi come servizi strategici, con un punteggio rispettivamente di 4,86 e 4 su 5, mentre siamo ancora indietro con i servizi di teleassistenza, telemedicina e supporto per gli assistenti familiari. Quest’ultimo punto, in particolare, evidenzia il ruolo ancora ambivalente della tecnologia, estremamente diffusa e utilizzata in alcuni ambiti (per esempio la gestione delle cartelle cliniche elettroniche) ma ancora poco sfruttata nell’erogazione delle terapie (2,86 su 5) e quasi per nulla sfruttata nella progettazione di percorsi assistenziali con l’intelligenza artificiale (1,62 su 5).
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C’è poi l’annoso problema di far quadrare i conti: sul fronte della sostenibilità economica: il 93% degli enti che hanno partecipato al rapporto ritiene che il fattore che mina maggiormente il settore Ltc sia la valorizzazione attuale delle tariffe pubbliche; seguono la disponibilità delle famiglie a pagare (76%) e l’alta fragilità degli utenti che accedono a posti accreditati (73%). Questo nonostante a inizio 2023 la situazione economica degli enti intervistati fosse in miglioramento, con un +20,7% del valore della produzione rispetto al 2019, e un miglioramento del margine operativo lordo.
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Sul fronte della sostenibilità del personale e delle competenze, la carenza di personale continua a essere un tema centrale per i gestori, con problemi più marcati tra chi gestisce unicamente la filiera socio-sanitaria (dove mancano il 18% dei medici e infermieri e 11% di OSS) rispetto a chi gestisce anche servizi sanitari (es. posti per acuti, lungodegenza, riabilitazione). Il Rapporto fa emergere alcuni dei problemi più ricorrenti nel settore Ltc: personale insoddisfatto, alto turnover (33% per il personale sanitario e 25% per il personale assistenziale) e difficoltà a trovare sostitute/i, anche a causa di candidature non adeguate alle necessità dei gestori.
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È necessario, dunque, provvedere al più presto a una riorganizzazione dell’intero sistema: il rapporto evidenzia con urgenza “la necessità di ripensare il sistema e il portafoglio di servizi in modo strutturale e duraturo, affinché siano davvero coerenti con la domanda attuale degli utenti e in grado di risolvere le problematiche oggi più critiche. Unitamente, l’investimento nella tecnologia, che a oggi non sembra emergere come area di lavoro, offrirebbe un’opportunità strategica per riformulare le risposte del settore rendendolo anche più attrattivo per le risorse umane”.