1) L’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della direttiva (UE) 2016/800 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali, letto alla luce dell’articolo 18 di tale direttiva,
dev’essere interpretato nel senso che:
esso osta a una normativa nazionale che, da un lato, non prevede che i minori indagati o imputati siano assistiti da un difensore, se del caso nominato d’ufficio, prima di essere interrogati dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria e, al più tardi, prima del primo interrogatorio e, dall’altro lato, consente che i minori siano interrogati in qualità di indagati senza la presenza di tale difensore durante l’interrogatorio.
2) L’articolo 2, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2016/800
dev’essere interpretato nel senso che:
esso osta a una normativa nazionale che prevede che il diritto di essere assistito da un difensore nominato d’ufficio cessi automaticamente per le persone che possedevano la qualità di minore al momento in cui sono state sottoposte a procedimento penale, ma che, successivamente, hanno raggiunto l’età di 18 anni, nei limiti in cui siffatta normativa non consenta di valutare se, alla luce di tutte le circostanze del caso, ivi compresa la maturità e la vulnerabilità di dette persone, sia appropriata l’applicazione di detta direttiva o di talune sue disposizioni e, di conseguenza, dei diritti che essa contiene.
3) L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/800, letto alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1, di quest’ultima,
dev’essere interpretato nel senso che:
esso osta a una normativa nazionale che non prevede che i minori indagati o imputati nei procedimenti penali ricevano, con il titolare della responsabilità genitoriale, al più tardi prima del primo interrogatorio di tali minori da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria, informazioni sui loro diritti conformemente all’articolo 3 della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, nonché sui diritti stabiliti dalla direttiva 2016/800, in un linguaggio semplice e accessibile, che tenga conto delle specifiche esigenze e vulnerabilità di detti minori.
4) L’articolo 19 della direttiva 2016/800
dev’essere interpretato nel senso che:
esso non osta a una normativa nazionale che, nell’ambito di un procedimento penale, non consente a un giudice di dichiarare inammissibili prove incriminanti tratte da dichiarazioni rese da un minore nel corso di un interrogatorio condotto dalla polizia in violazione del diritto di avvalersi di un difensore, previsto all’articolo 6 della direttiva 2016/800, purché, tuttavia, nell’ambito del processo penale, tale giudice possa, da un lato, verificare che tale diritto, interpretato alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sia stato rispettato e, dall’altro lato, trarre tutte le conseguenze derivanti da tale violazione, in particolare per quanto riguarda il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in tali condizioni.