La ragazzina si era rivolta alla scuola, ai servizi sociali e alla polizia: ora vive in una comunità protetta. In corso in Tribunale il dibattimento che vede una coppia bengalese accusata di maltrattamenti sulla figlia minore
La minore, di origini bengalesi, residente da anni in città, è ora ospite di una comunità protetta, dove è stata accolta nel 2022. Tutto era iniziato nel momento in cui lei s’era rivolta ai propri insegnanti manifestando il disagio vissuto all’interno delle mura domestiche. Una condizione per affrancarsi dalla quale era ricorsa dunque ad “aiuti esterni”.
Fino a interessare la Polizia del Commissariato e i Servizi sociali. Un caso da “codice rosso”, per il quale era stata avviata la specifica procedura, con l’allontanamento della minore dai genitori. La ragazzina, in sede di indagini preliminari, era stata ascoltata attraverso l’istituto dell’incidente probatorio, utile all’acquisizione anticipata degli elementi di prova da parte della Procura, una “cristallizzazione” nel rispetto della personalità in evoluzione della minore.
Con ciò a fronte anche dell’attivazione degli istituti di tutela e assistenza. Compresa la nomina di un curatore speciale, rappresentato da un avvocato, presso il Tribunale dei minorenni. Su tutto emerge l’incertezza circa l’età effettiva della minore: la nascita dichiarata ufficialmente nel 2010 non corrisponderebbe al suo sviluppo fisico, tanto che una ricerca medico-scientifica eseguita l’avrebbe fatta corrispondere al 2007.
Una vicenda molto delicata, racchiusa in un contesto familiare ricondotto a dinamiche proprie di una cultura ispirata in modo molto forte dalla religione islamica. Secondo la ricostruzione della Procura si fa riferimento a restrizioni afflittive che negavano alla giovane la possibilità di vivere la propria quotidianità e di gestire le relazioni sociali.
La pubblica accusa parla di una ragazzina costretta a «rimanere a casa, chiusa nella propria stanza, privata dei contatti con i coetanei», senza il permesso di «partecipare ad attività extrascolastiche». Si addentra inoltre su un aspetto particolarmente “sensibile”: la scelta degli abiti da indossare, per i quali le sarebbe stato imposto il «modello musulmano», velo compreso. Se provava a ribellarsi, sempre stando alla ricostruzione della Procura, «veniva sottoposta ad aggressioni e violenze fisiche», nello specifico «schiaffi e colpi sferrati con una cintura e un bastone», le cui tracce avrebbero indotto i genitori a non mandarla a scuola nei giorni immediatamente successivi, come riferito dalla stessa minore. I maltrattamenti vengono inquadrati da inizio 2020.
A testimoniare in particolare è stata l’insegnante alla quale la minore s’era rivolta, raccontandole dell’«oppressione» dei genitori. Gli stessi, per contro, s’erano rivolti ai docenti spiegando invece che la figlia, a loro giudizio, non si applicava a scuola e non faceva i compiti, rifiutandosi pure di seguire le lezioni (in aula le insegnanti hanno tutte riconosciuto nella minore una studentessa «sveglia» e «interessata alle lezioni»).