Interessi protetti  -  Redazione P&D  -  08/10/2021

Perequazione urbanistica e mercato dei diritti edificatori - Grazia Ceccherini

Notizie di stampa (v.da ult., Il titolo del pezzo dell’Espresso "Il far west edilizio che divora il paese") sono tornate a riferire che nel 2020 anche con l’economia ferma per la pandemia da Coronavirus, l’Italia ha perso altri 51 kmq di suolo e che in soli tre mesi di quest’anno sono state autorizzate nuove costruzioni per altri quattro milioni di mq di suolo. Non siamo certamente in grado di controllare l’entità della speculazione edilizia che sembra procedere spedita nonostante la crisi sanitaria e produttiva. Ma anche senza analizzare i dati ISTAT e ISPRA sul consumo di suolo, dalla lettura delle Riviste giuridiche specializzate in tale materia (v. la Rivista giuridica dell’urbanistica, nonché Ambiente e sviluppo) trapelano sia il grave ritardo della legislazione nazionale sulla riqualificazione del territorio, sia la amara constatazione che la devastazione del territorio e delle coste marine, l’inquinamento, gli incendi continuano, complice  la totale indifferenza degli enti pubblici e dei privati per la preservazione dell’ambiente, dei beni culturali e del paesaggio. Eppure da tempo dottrina e giurisprudenza hanno preso atto di quelle trasformazioni che una pianificazione urbanistica deve subire in ragione dell’operatività dei principi e delle categorie giuridiche proprie del diritto dell’ambiente. Già nel lontano 1998 Cerulli Irelli affermava che "deve essere completamente ribaltata l’attuale impostazione secondo cui tutto il territorio nazionale è potenzialmente edificabile. Il principio fondamentale dell’ordinamento  deve  essere quello della assoluta inedificabilità, eccettuati gli interventi sull’esistente, di ogni porzione del territorio nazionale. Le parti oggetto di trasformazione urbanistica, comunque, saranno limitatissime: è oramai impossibile pensare ad una edificabilità diffusa". Ed in effetti  gli interventi negli ultimi decenni si sono concentrati sul recupero del patrimonio edilizio esistente, sul riuso   e sulla rigenerazione urbana, quest’ultima nozione legata al principio del contenimento del suolo. Numerosi disegni e progetti di legge aventi come obiettivo quello di limitare il consumo di suolo mediante pratiche di rigenerazione urbana si sono succeduti in Parlamento di legislatura in legislatura (cfr. gli anni 2014-2019). Ma, nonostante ciò, non si è mai arrivati alla approvazione di una legge quadro nazionale che sarebbe stata necessaria per ovviare alla diversità di approcci sviluppati dalle diverse leggi regionali.  E anche se si approvasse una legge quadro occorrerebbe non perdere di vista  un punto assai rilevante. Infatti il contenimento dell’uso del suolo sarebbe notevolmente depotenziato attraverso il ricorso(abituale nella prassi)alla c.d. perequazione urbanistica o alle permute tra superfici libere e diritti edificatori, questi ultimi oramai commerciabili senza i limiti previsti per la cessione di cubatura. Va detto che spesso la c.d. perequazione viene utilizzata quale puntuale strumento di deroga alle previsioni dal piano con la conseguenza che lo spostamento di edificabilità da un’area all’altra (che in teoria dovrebbe tendere a distribuire equamente i diritti edificatori) finisce per attribuire al proprietario privato crediti edificatori spendibili dovunque, tanto da realizzare aumenti di volumetria, causando esternalità negative per l’intero territorio.




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