-perdita dell'animale d'affezione
-rilievo del rapporto con l'animale
-risarcibilità del danno da perdita dell'animale in quanto essere senziente
La tragica vicenda che fa da cornice alla questione che qui più interessa è nota: un faretto difettoso (lo stabilisce un'accertamento tecnico preventivo svoltosi innanzi al Tribunale di Treviso), acquistato dall'allora Castorama, oggi Leroy Merlin, causa un incendio che distrugge un appartamento notte tempo accusando anche la morte del povero Ghibli, uno splendido Golden Retriver.
Dal colosso alcuna reazione, solo tenace silenzio, pur dopo la scoperta del difetto nel faretto cinese da loro commercializzato, e nemmeno dalla compagnia di assicurazione alcuna seria reazione tanto che nemmeno dopo l'ATP positivo giunge il risarcimento.
All'atto di licenziare la comparsa conclusionale di seguito vengono riprodotte alcune osservazioni che consentono di tornare sull'argomento del rilievo da assegnare alla perdita dell'animale d'affezione, con l'augurio che siano d'ispirazione anche a chi è sordo, per proprio difetto, all'evidenza sociale che il rilievo dei rapporti con gli animali ha ormai portato all'attenzione di tutti, legislatore incluso.
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"Gli attori reclamano in particolare il risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita dell"animale d"affezione, avendo dimostrato, senza contestazione avversaria alcuna, di aver investito importanti chance di realizzazione personale nel rapporto con il povero cane poi morto a causa dell"incendio originato dal faretto difettoso.
Al magistrato si pone quindi la questione, assai delicata, relativa al rilievo da assegnare alla relazione d"affetto, anche assai profondo, che può stabilirsi, come nel caso di specie, tra esseri umani ed animali, ed in particolare tra l"uomo ed il cane. Si tratta di decidere il rilevo di affezionarsi, amare, avere cura, preoccupazione, sorrisi, compagnia, gioia, dolore, nostalgia, ricevere quindi risposte affettive, guarire, ammalarsi, nel quadro dei diritti costituzionali ai quali guardano pure le tanto criticate, talvolta anche a ragione, quartine autunnali.
Alcuni scivoloni, ammettiamolo, delle stesse Sezioni Unite, allora, hanno però prodotto una reazione, di legittimità e di merito, che in particolare per il tema che qui più interessa, hanno consentito di emendare alcune prese di posizione assai discutibili.
Non si può pensare che non riguardi la tutela e lo sviluppo della dignità della persona intrattenere, con l"animale, i sentimenti poco sopra descritti, anche solo perché originati e corrisposti da un animale e non da un altro essere umano, come se ciò che sia in grado di discriminare il rilievo dell"affetto e del dolore non sia la dignità della persona che lo prova, ma il solo oggetto finale, per così dire, del suo sentimento.
Ma il sistema che si deduce pur anche dalle quartine autunnali e che per certo la nostra Carta esprime, non è chiuso, e non guarda solo al riconoscimento dei diritti tipizzati da qualche norma, magari confusa, ma proprio grazie all"art. 2 suggerisce all"interprete di guardare con serietà non solo l"evoluzione socio- culturale, ma pure al panorama internazionale.
Peraltro la nota sentenza n. 26972 dell'11.11.2008 non ha affermato che sarebbe risarcibile il danno non patrimoniale solo in presenza di fatto di reato ma, oltre a tale ipotesi, pure quando ricorra una fattispecie in cui la legge espressamente consenta il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori dell"ipotesi di reato, ed infine quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale. E tali interessi, ricorda la Cassazione a Sezioni Unite, debbono essere selezionati caso per caso dal giudice. Pure la successiva sentenza di legittimità n. 4053 / 2009 ha chiarito che non esiste alcuna "soggezione al limite derivante dalla riserva di legge correlata all"art. 185 cod. penale".
Tornando sull'argomento in esame, già una pregevole decisione del 18.10.2009, pronunciata dalla Dott.ssa Simona Caterbi del Tribunale di Rovereto, ha avuto il merito di stabilire la risarcibilità del danno da perdita dell"animale d"affezione non grazie ad una improvvida motivazione, ma articolando l"ermeneusi in modo limpido ed aderente alle norme. Il Giudice, nell'occasione, ha ricordato che la legge 14.08.1991 n. 281 prevede che lo Stato promuove e disciplina la tutela di animali d"affezione, condannando gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, dimostrandosi consapevole del legame che si instaura tra l"animale ed il suo padrone, che ha ragione di essere accolto tra quelle attività realizzatrici della persona che proprio la Carta Costituzionale, al già citato art. 2, tutela.
Dello stesso avviso il Tribunale di Bari, sezione distaccata di Monopoli, con la sentenza 22.11.20111, che ricorda, agli interpreti frettolosi, che quando si discute della perdita dell"animale d"affezione non si tratta di risarcire un mero disagio, un fastidio, o un"ansia irrilevante che possa meritare comparazione con la rottura del tacco di una scarpa, ma un"importante sofferenza interiore ed esistenziale (che si manifesta anche quindi pregiudicando il fare areddituale).
Non meno precisa ed esaustiva la motivazione del Tribunale di Torino con la pronuncia della Terza Sezione del 29.10.2012, che richiama, tra l"altro, tali limpidi precedenti, e ricorda che lo stesso Stato con la Legge 201 del 2010, ha inasprito le pene previste dagli artt. 544 bis e 544 ter Cod. Pen., ed ha ratificato la Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, nel cui preambolo si legge: "…riconoscendo che l"uomo ha l"obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi ed in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l"uomo e gli animali da compagnia, considerando l"importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società…", confermando così che sia ormai nozione di comune esperienza il ruolo straordinario che può avere il rapporto con gli animali, anche ed addirittura con effetti positivi sulla salute dell'uomo, al punto che la stessa promozione della pet-therapy ha già, nel nostro panorama, un ruolo assai importante.
Rileva peraltro che proprio la sentenza delle Sezioni Unite n. 26972 del 2008 chiarisce che il novero dei diritti inviolabili della persona, proprio in virtù dell"apertura stabilita dall"art. 2 della Costituzione, deve ritenersi aperto e suscettibile di un processo evolutivo, così che all"interprete è consentito rinvenire, nel complesso sistema costituzionale, indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano appunto di rango costituzionale, ed attengano quindi a posizioni inviolabili della persona; aggiunge che anche i requisiti minimi di gravità della lesione e serietà del danno debbono essere accertati secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico.
Ne consegue, per usare le parole proprio del Tribunale di Torino, che il rapporto tra padrone ed animale d"affezione oggi può essere considerato "espressione di una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale e quindi come vero e proprio bene della persona, tutelata dall"art. 2 della Costituzione" (Tribunale di Torino, sez. III, dott.ssa Ferrero, 29.10.2012).
Sarebbe peraltro assai poco gratificante, sia consentito, anche sotto il profilo del buon senso, per chi voglia interpretare correttamente le regole, da un lato, favorire la pet-therapy con pratiche promosse ed organizzate dallo Stato, riconoscendo che la foto con un cane possa addirittura migliorare la salute di un essere umano, e poi negare a quest"ultimo il diritto di intrattenere relazioni affettive rilevanti proprio con chi sta migliorando la sua salute.
Non va dimenticato nemmeno quanto sostenuto dal Tribunale di Varese, con il decreto del Giudice Tutelare del 7.12.2011, secondo il quale "…il sentimento per gli animali ha protezione costituzionale e riconoscimento europeo, cosicché dev"essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all"animale da compagnia; diritto che quindi va riconosciuto anche in capo all"anziano soggetto vulnerabile dove, ad esempio, tale soggetto esprima, fortemente, la voglia ed il desiderio di continuare a poter frequentare il proprio cane anche dopo il ricovero in una struttura sanitaria assistenziale. Il giudice tutelare deve garantire la tutela ed il riconoscimento del rapporto tra l"anziano e l"animale".
In tal senso vale ricordare pure il decreto del 13.03.2013 del Tribunale di Milano, sez. IX, che testualmente afferma: "...un"interpretazione evolutiva ed orientata delle norme vigenti, impone di ritenere che l"animale non possa essere più collocato nell"area semantica concettuale delle "cose" secondo l"impostazione ormai tralatizia, ma debba essere riconosciuto come essere "senziente" (ed un tanto in forza del Trattato di Lisbona che modifica il trattato dell"Unione Europea ed il trattato che istituisce la Comunità Europea, firmato a Lisbona il 13.12.2007); conclude, quindi, che "non essendo l"animale una cosa bensì un essere senziente, è legittima facoltà dei coniugi quella di regolarne la permanenza presso l"una o l"altra abitazione e le modalità che ciascuno dei proprietari deve seguire per il mantenimento dello stesso".
Il complesso delle norme e delle decisioni citate, pertanto, deve far ammettere, anche all"interprete meno sensibile all"argomento, che in virtù dell"art. 2 della Carta Costituzionale è promossa ed anzi garantita protezione al rapporto con l"animale d"affezione, quanto meno quando tale rapporto risulti provato essere coinvolgente, e vissuto intimamente, quasi che l"animale diventi membro della famiglia e/o comunque compagno di affetti.
(...) Gli esponenti hanno sempre vissuto in compagnia dell'animale, sino a considerarlo, per oltre dieci anni, un vero e proprio membro della famiglia.
(…) L'improvvisa morte dell'animale, quindi, è stata comprensibilmente vissuta dagli esponenti come un lutto famigliare, in quanto il cane partecipava attivamente alle dinamiche affettive della famiglia sino ad influenzarne l'equilibrio e la stabilità. Addirittura, appresa la triste notizia, alla Sig.ra XXX venivano somministrati farmaci tranquillanti da parte dei primi soccorritori giunti sul posto.
Il diritto inviolabile a proteggere lo sviluppo della dignità attraverso la realizzazione personale che si consegue nel coltivare rapporti profondi con l"animale d"affezione, che nel caso di specie era un"evidente membro della famiglia, legittima pertanto la richiesta attorea di risarcire il danno non patrimoniale da perdita dell"animale d"affezione nell"auspicata forma equitativa che consenta di non assegnare a tale grave perdita un significato, anche sotto il profilo della quantificazione del danno, poco dignitoso, umiliando il diritto dell"essere umano di investire le proprie chance di realizzazione verso le forme di relazione che più sono in grado di soddisfarle."
1 Aggiunge peraltro che "sarebbe contrario al canone di ragionevolezza un sistema risarcitorio che consenta il ristoro del danno patrimoniale in favore del proprietario per la perdita del valore commerciale del cane, di cui nessuno dubita qualora venga provato, e la non risarcibilità del danno non patrimoniale, conseguenza della perdita della maggiore utilità di quel bene (non c'è dubbio che il danno maggiore che patisce il proprietario di un cane con il quale v'è un rapporto affettivo consolidato non è certo quello legato alla perdita del valore commerciale dello stesso, o alle spese veterinarie eventualmente sostenute, bensì quello relativo alla perdita di godimento del cane in termini affettivi" (Tribunale di Monopoli, 22.11.2011. Si veda anche Tribunale di Rovereto, 18.10.2009 e Tribunale di Reggio Calabria, 6.06.2013: "nel legame che si instaura tra l'animale ed il suo padrone si inserisce una di quelle attività realizzatrici della persona che la stessa Carta Costituzionale, all'art. 2, tutela").