Letteratura  -  Redazione P&D  -  18/11/2024

Ombre in cerca di ascolto - recensione di Grazia Ceccherini

Nel nuovo libro “Ombre in cerca di ascolto” Cendon ancora una volta procede nella narrazione raccontando storie di persone fragili. Si tratta di episodi di vita vissuta, talvolta vicini alla realtà, altre volte, invece, nel racconto prevale la fantasia e l’invenzione dello scrittore, sino a sconfinare nell’immaginario e nell’inverosimile (v. L’amica celeste). Ciascuna  storia è in sé compiuta, anche se vi è una serie di racconti che costituiscono un  ciclo separato di episodi  che si svolgono in ordine di tempo, dove il protagonista principale, Marcus, da sempre sensibile di fronte alla violenza  verso i più fragili,  cerca di realizzare una sorta di giustizia privata contro coloro che compiono soprusi a danno dei deboli in quei casi che sarebbe complicato o impossibile risolvere con gli strumenti ordinari della giustizia.  Attraverso questo abile intreccio tra le  esperienze e i ricordi personali e professionali dell’autore con le altre storie, si  mantiene sempre alta l’attenzione del lettore, analizzando e sviscerando in ogni racconto la complessità dei sentimenti, delle emozioni e anche delle contraddizioni che accompagnano la difficile esistenza dei  soggetti più deboli, e i loro rapporti, talvolta affatto speciali, con chi se ne prende cura (v. Insieme per sempre). Del resto in certa qual misura la fragilità e le contraddizioni sono parte integrante della nostra umanità e quindi non possono non riguardare anche  ciascuno di noi (v. Tentazioni). 

Il filo conduttore che lega i racconti si legge già nell’introduzione: le molte ombre, talvolta qualche luce che accompagnano la vita dei soggetti deboli (disabili e fragili) devono trovare ascolto presso gli altri, che siano i familiari, le istituzioni, i servizi sociali, gli operatori, gli amministratori di sostegno, il giudice tutelare. Ecco che allora entra in campo il diritto e, dunque, entrano in campo gli istituti del codice civile. E tuttavia, avverte lo stesso autore, “il diritto - che deve dare una mano a chi ha bisogno di assistenza perché non è autosufficiente - è talvolta goffo, ingombrante, si comporta da intruso, introduce elementi di burocrazia”. Si è trattato dunque - e Cendon lo ha realizzato pienamente nel corso della sua esperienza umana e professionale - di vincere la rigidità, le asprezze e l’opacità del diritto, riconsiderando le categorie giuridiche e gli istituti del codice civile diretti alla protezione del soggetto incapace (v. l’interdizione, l’inabilitazione, l’incapacità naturale). Viene proposto allora il Progetto di riforma sfociato nella amministrazione di sostegno che mette al centro della nuova disciplina non il soggetto astratto, ma la persona concreta da proteggere tenendo in considerazione le sue vulnerabilità, i suoi bisogni materiali, le aspirazioni, i desideri, le idiosincrasie. “Le cose di ogni giorno”- scrive ancora Cendon - “sono uguali per tutti, sono gli atti della vita quotidiana, come comprare un gelato, salire sull’autobus, entrare in un cinema, andare a ballare, prendere con sé un gatto randagio”. In conclusione, anche i soggetti meno dotati, anche il disabile o il fragile potrà compiere (deve essere messo in grado di compiere) tutte quelle attività che sono alla sua portata, nel rispetto della sua sfera di capacità limitata, aspirando a realizzare quella felicità che ogni essere umano tende a realizzare (v. il racconto sulla Toyota). In tal modo l’attenzione che il diritto deve avere per il fragile non si ferma alla assistenza per compiere gli atti di natura economica e patrimoniale( andare in banca, stipulare un contratto di mutuo, riscuotere la pensione), ma tende a fare intraprendere alla persona fragile un percorso promozionale rivolto ad incoraggiare le sue residue capacità (v. Il Progetto di rifioritura e il Progetto esistenziale di vita).




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