Normalmente non siamo usi pubblicare notizie di processi ancora in itinere e sub iudice, ma il momento attuale non ha nulla di normale e il DPCM appena varato e non ancora pubblicato determina un allarme sociale e giuridico tale da consentirci di abbandonare la ritrosia del passato e parlare di un tentativo posto in atto da un gruppo di avvocati torinesi su uno studio di una cara amica.
L’idea è quella di far entrare nelle aule giudiziarie la scienza. Sì avete capito bene la scienza quella che sta dettando le norme, quella che oggi dice bianco e domani nero, quella sulla quale si basano i provvedimenti legislativi degli ultimi due anni in una sorta di pingpong tra politica e scienziati così che nessuno di loro si assume le proprie responsabilità.
Viene, quindi, chiesto attraverso uno strumento giuridico ordinario e ampiamente utilizzato nei tribunali italiani il cui esperimento in alcuni casi è addirittura ritenuto obbligatorio a pena di improcedibilità della causa di merito, di procedersi con un accertamento delle reali condizioni di salute e di utilità del trattamento medico a cui si vorrebbero sottoporre i lavoratori obbligatoriamente.
Quale motivazione potrebbe indurre il giudicante a disattendere tale strumento utile al cittadino e alla Giustizia, utile a far chiarezza e ad accertare le reali condizioni che sostengono tutto l’impianto legislativo emergenziale? Si può avere paura del lupo ma chi mai potrebbe avere paura di Pierino?
Si allega testo del comunicato stampa.
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