Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  17/03/2025

Non mamma, ma "cosa" - Luigina Bima

Non la chiamo più “madre”, la chiamo “cosa”...

Franco oggi (novembre 2024) compie 40 anni e si incontra  con Sara, la sua ormai ex assistente sociale. Comincia dicendo: “Perchè non mi avete dato in adozione? La mia vita è stata solo sofferta e disperata. Non mi uccido perchè la vita è sacra, ma la mia è una vita di merda... Avevo una sorella, Silvia che due anni fa è morta a 36 anni di tumore, un nipote – Davide – che non vedo da anni e non so dove vive, mia madre che mi ha detto “dimenticami”, mio padre, violento con me e con tutti, morto 3 anni fa. Che vita è questa? Che male ho fatto io? Perchè sono nato? Ma voi, assistenti sociali, perchè non mi avete dato in adozione? Anche Silvia lo diceva sovente. Forse la nostra vita sarebbe stata diversa, non avremmo sofferto tanto. Mi chiedo tanti perchè e non so la risposta”.

Sara tenta di parlare, per dire che conosceva i suoi genitori, in particolare la mamma, già da prima che lui nascesse; la mamma aveva avuto anche lei dei grossi problemi... Franco non li vuole sentire, perchè lui li sa già e comunque non lo consolano.  Si chiede perchè i suoi genitori lo hanno messo al mondo, forse per fargli fare la vita di merda che sta facendo? Farli nascere, per poi abbandonarli? Sì, lui si sente proprio abbandonato. “Se tua madre ti dicesse di dimenticarla, tu come ti sentiresti? Io non la chiamo più “madre”, la chiamo “cosa”; è peggio di un animale, prchè nessun animale abbandona i propri figli.”

Franco è tremendamente sofferente, sembra toccare il fondo di un abisso di dolore.                                                                                                                                              Sarà mai possibile aiutarlo a risalire?

Anche la sua situazione pratica è molto grave: non lavora e non ha un reddito, neanche minimo, vive in una casa popolare, già intestata alla sorella defunta ed ha un'ingiunzione di sfratto esecutivo.

Si è rivolto, come suggerito anche da Sara, ai Servizi Sociali, ma l'unica proprosta è stata di andare in una grande città dove ci sono dei dormitori pubblici. Franco ha paura di andare in quei posti: se si trova a dormire vicino  ad uno schizofrenico che mentre lui dorme gli dà una botta in testa?! Oppure se si trova vicino un drogato che mentre lui dorme, gli ruba quel poco che ha? Poi Franco si conosce, sa che se qualcuno gli manca di rispetto, lui alza le mani e quando lui alza le mani, fa male...

Vorrebbe aiuto per trovare casa e lavoro, o almeno per un periodo l'accoglienza in un posto a carico del Comune – lui che è un cittadino italiano! Oltretutto c'è stato il bando per fare la richiesta di casa popolare, ma lui non l'ha saputo....mica può sapere tutto, lui?! Perchè nessuno glielo ha detto di questo bando? Descrive il suo attuale desiderio: una stanza anche piccola, solo per lui, con la chiave, in modo che se lui va via, nessuno possa entrare.

Povero Franco: sembra che nessuno sia disposto a dargli questa possibilità.

La precisione e la convinzione con cui Franco descrive come vede il suo immediato futuro, pare come un tentativo disperato di autoaccudimento.

Ma chi potrà offrire a Franco questa possibilità? Certo, non basterebbe questo, occorrerebbe che qualcuno lo “prendesse per mano” con discrezione e lo accompagnasse nel mondo del lavoro, della formazione, della ricerca casa, a piccoli passi, come un bambino che si conquista le cose un po' per volta e se ne impossessa piano piano.

L'alternativa è perderlo, contribuire nel mandarlo a fondo come uomo, come “cittadino italiano”, quale lui si vorrebbe vantare di essere.

Sara, la sua ex assistente sociale, vede dipanarsi davanti agli occhi tutta la triste storia di Franco. Nasce mentre il padre  è in carcere, dopo che per un periodo aveva vissuto con la mamma presso la comunità dove si erano conosciuti. La mamma aveva avuto un alloggio in affitto grazie ai volontari di una associazione cittadina e vi era andata ad abitare con Franco. Era molto giovane, 22 anni, molto sola e molto incosciente. Sembrava che fin da neonato, fosse Franco a renderla forte e a proteggerla...

Lei sembrava felice e ingenua; non aveva una lira sulla pelle, per le sue necessità provvedevano i volontari e l'Assistente Sociale. Intanto, dopo qualche mese, il papà di Franco è venuto a casa, in una casa dove non aveva ancora mai abitato, in una città che non conosceva. Dopo ripetute carcerazioni, di cui l'ultima breve, doveva imparare a vivere in una casa, imparare a “fare famiglia”, cosa che lui non aveva mai sperimentato. Primi tempi difficili, ma innamorati e incoscienti, “coccolati” dai volontari e dall'assistente sociale, in virtù della nuova creatura che si trovavano a crescere.

Dopo un po', papà comincia a lavorare e la famiglia diventa autonoma dal punto di vista economico. La convivenza però si fa più difficile. Franco, grazie ai Servizi Sociali, fin dai primi mesi, ha la possibilità di frequentare l'asilo nido.

Prima che Franco compisse i due anni, nasce Silvia, la sorellina. Dopo qualche giorno di felicità, la fatica di convivere, di provvedere al necessario, di conciliare la cura dei due bambini, si fa sentire e l'innamoramento si dissolve come neve al sole....

Anni difficili: i bambini crescono in salute, temprati a tutto. Per fortuna il nido fa da buona base per tutti e due.

La vita in casa, però si fa sempre più dura: diversi episodi pericolosi, come quando il papà ha un incidente co il camion, dovuto forse a farmaci tranquillanti che lui non sapeva di assumere; oppure come quando lei con i bambini di 2 e 5anni circa se ne va nella grande città e si rende irreperibile. Viene poi trovata dalla polizia, riparata con i bambini dentro un portone. La polizia provvede a far ricoverare i bambini all'Ospedale pediatrico, così viene data pure accoglienza alla mamma per stare con loro.

Lei non vuole  per nessun motivo riprendere la convivenza con Toni, ma non è in grado di proporre o di cercare nessuna alternativa. La sua famiglia di origine non solo è latitante, come sempre, ma è “cattiva”, giudicante, non dà nessuna disponibilità né in senso materiale, né in senso affettivo.

Toni, intanto, è rabbioso come un leone in gamba, all'idea che gli venga sottratta una “cosa sua” che lui si è costruito e che gli appartiene di diritto...mamma e bambini vengono ospitati  in una comunità della grande città; si cerca di offrire a Piera la possibilità di conseguire la licenza media, come prima base per costruire un progetto di vita.

Toni insiste per fare visite ai figli e alla compagna e non riecse a concepire di attendere qualche tempo per riportarli tutti a casa. Il rapporto di coppia tra i due genitori è tutt'altro che sereno ed equilibrato e non ci sono le condizioni per il rientro a casa dei due bambini, che vengono inseriti temporaneamente a cura dei Servizi Sociali in una comunità per minori. Intanto si offre un supporto ai genitori per una ricomposizione almeno sufficiente del loro rapporto.

Tra gli operatori del Servizio Sociale si riflette a lungo sulla capacita genitoriale di questa coppia e sulla opportunità di riaffidare i bambini ai genitori; poi prevale la considerazione del grande affetto che ciascuno dei due sembrava poter dare, pur in modo “grezzo” e in assenza di un rapporto di coppia equilibrato e solido.

Così i bambini tornano a casa con i genitori e il Servizio Sociale offre tutti i possibili supporti: asilo nido, scuola materna, scuola elementare a tempo pieno, doposcuola, estate ragazzi, sostegno educativo domiciliare, ecc.

Franco a scuola ha difficoltà di apprendimento ed ha difficili rapporti con i compagni, tende ad usare atteggiamenti violenti, anche quando non sono motivati, come se questa modalità sia essenziale e l'unica per lui compatibile per farsi riconoscere e farsi rispettare.

Terminata la scuola media, l'assistente sociale tenta di inserirlo in un corso professionale, ma dopo pochi giorni Franco lascia il corso e il suo percorso scolastico finisce per sempre, con nulla in mano, se non un poverissimo diploma di licenza media.

A seguire anni di buio, in cui Franco è a casa, senza nessuna occupazione e senza una ricerca seria di un qualche inserimento nel mondo del lavoro.

Il padre lo coinvolge nel suo lavoro di artigiano edile e quando ne ha bisogno, lo porta con sé nei vari cantieri. Franco non è per nulla entusiasta, sente molto la fatica e la durezza del rapporto con il padre; si sente costretto ad accettare perchè non è in grado di opporsi.

Questa è un'ennesima esperienza di durezza, di rifiuto che a Franco fa molto male e sigla negativamente e definitivamente il suo rapporto con suo padre.

La madre è incapace a gestire la casa e la famiglia, le entrate economiche assicurate dal compagno attraverso il suo lavoro vengono sperperate malamente e ciò aumenta il dissidio, anzi il conflitto tra i due.

Dopo anni di dissapori e di conflitti, mentre Franco e Silvia crescono senza prospettive, senza un progetto di vita, come due che “si lasciano vivere”, il padre se ne va e torna al suo paese natale, a oltre mille chilometri e praticamente interrompe ogni legame con la famiglia.

Franco intanto si appassiona al canto, si convince di essere un bravo cantante e ogni volta che può partecipa a dei karaoche nei locali della zona.

Per lunghi periodi perde anche il contatto con Sara, la sua vecchia assistente sociale, che nel frattempo è andata in pensione. Però nei momenti di particolare difficoltà, la cerca, perchè la sente vicina affettivamente e perchè le dà fiducia. Le dice che lei è “una persona buona” e che ogni incontro con lei riessce a farlo stare bene.

Ora Franco non ha più nessuno:

Silvia è mancata, con lei c'era un rapporto molto intenso, di condivisione profonda del vissuto di abbandono; Toni, pur con tutti i limiti, è pure deceduto; Piera vive in un'altra città e ha chiuso ogni contatto, dicendogli “dimenticami”...

Franco non ha soldi, non ha più casa, né affetti. Anche la sua vecchia Assistente Sociale non ha più la possibilità di offrirgli soluzioni materiali ai problemi di sopravvivenza.

Che ne sarà di lui? 

Perchè il nostro sistema di servizi sociali non riesce ad offrire una specie di “pronto soccorso sociale” a persone come lui, come Franco e forse tanti altri che necessitano di qualche opportunità, perchè da soli non ce la fanno, non sono capaci: i loro vissuti di mancanza totale di autostima e di abbandono li schiacciano. 




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