Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  18/04/2024

Neologismi - P.C.

Sin dagli albori del diritto romano, legislatori, scrittori e giudici hanno continuato a inventare parole; e di nuovo la debolologia, come terreno d’innesto, non fa eccezione alla regola.

Danno “esistenziale” ad esempio (a loro modo, le vittime sono anch’esse dei fragili): grandi litigi fra i civilisti per qualche decennio, come sappiamo, oggi poche   resistenze si riscontrano. Nel mondo dei torti occorreva un termine che saldasse insieme, cosa che prima non c’era, le posizioni della persona legate all’idea di ripercussioni “esterne”, sul terreno delle attività realizzatrici.

Oppure “incapacitazione”: anche qui un  vocabolo passato abbastanza presto dalla dottrina alla giurisprudenza; certamente un veicolo  con  tratti  accentuati di “giuridichese”, dal  destino meno facile a livello legislativo: comunque un sostantivo prezioso nell’ottica del diritto dal basso,  riguardo alle situazioni in cui il giudice  conferisca  all’amministratore di sostegno, invece che una rappresentanza semplice, poteri di rappresentanza esclusiva, oppure si orienti a introdurre (versione più lieve) una assistenza necessaria.

Torniamo poi con “endofamiliari” all’area del danno non patrimoniale: incontrando un termine il cui maggior successo mediatico, rispetto al gemello “esofamiliare”, si spiega proprio con la maggiore originalità, per l’area della responsabilità civile, delle figure linguisticamente gestite: casi appunto di obblighi risarcitori, ammessi a favore di un congiunto vittima dell’illecito (mogli, figli di solito), a fronte di un defendant membro lui stesso di quella famiglia (marito, padre).

Infine una locuzione come “amministrazione di sostegno” costruita interamente a tavolino nel 1986: in un contesto laboratoriale in cui doveva essere scandito, con forza, il no all’ancient régime; intrecciandosi semanticamente i due registri, quello tecnico e quello solidaristico, propri del mondo della fragilità.

Con un risultato - ricordiamo - il più possibile fedele al DNA proprio di questo universo: se è vero che per il diritto civile, si sottolineava già allora, il problema di fondo è non tanto quello di occuparsi dei crinali liquidi e bui della persona, inquadrati magari diagnosticamente; bensì quello di gestire, nel modo più corretto possibile, i suoi interessi terreni fuori controllo.

 




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