Internet, nuove tecnologie  -  Redazione P&D  -  20/02/2022

Metaverso: la sfida del danno virtuale - Ersilia Trotta

Lo scorso 28 ottobre 2021 il geniale Mark Zuckerberg, nel presentare al mondo “il futuro della connessione social” con il rebranding di Facebook ribattezzato Meta, annuncia il lancio di Metaverso dichiarando testualmente “Sarete in grado di teletrasportarvi istantaneamente come un ologramma”.  

Il naming Metaverso, ispirato dal romanzo postcyberpunk di Neal Stephenson “Snow Crash”, è un portmanteau  del prefisso greco “μετά” (oltre) e dell'abbreviazione“verso” (da universo); unitamente al pittogramma prescelto dall'azienda (il simbolo matematico dell'infinito che si deforma ricordando l'iniziale M), evocano nell'utente la metaforica immagine di un modo proiettato verso confini spazio-temporali irreali e sconfinati realizzando una “nuova frontiera dell'interazione online” (Cathy Hackl).

La realtà virtuale realizzata nel Metaverso è stata progettata con lo scopo di indurre l'utente medio a percepire erroneamente la possibilità di idealizzare e quindi realizzare, nell'universo parallelo, una propria esistenza alternativa, fuori dalle regole del mondo reale. 

Tale delirante percezione viene ulteriormente amplificata dalla possibilità fornita agli utenti, attraverso l'utilizzo di dispositivi sensoriali (Headset, data glove e suit), di concretizzare interazioni realistiche attraverso esperienze empiriche capaci di incidere nella sfera personale altrui, attualizzando contatti fisici e stimolazioni tattili reciproche. 

Nel mondo reale, quindi, il corpo percepisce ciò che i sensori remoti del proprio alter ego virtuale riportano come stimolo sensoriale attraverso la “percezione aptica” e la “propriocezione”. 

La “percezione aptica” è il processo di riconoscimento degli oggetti attraverso il tatto.

Deriva dalla combinazione tra la percezione tattile data dagli oggetti sulla superficie della pelle e la “propriocezione” (cinestesia) intesa come capacità di percepire - senza l'ausilio della vista - la posizione del proprio corpo nello spazio e l'intensità di contrazione dei propri muscoli.

L'immedesimazione sensoriale del corpo nella realtà virtuale rende pressochè impercettibile alla mente la consapevolezza di vivere un'esperienza digitale, proiettando l'utente in una spazialità tridimensionale “para-reale”.  

La indotta convinzione di vivere una realtà non coercibile, scevra da regole comportamentali, idonea a creare uno status di impunità assoluta per l'inevitabile anonimato dell'autore celato dietro all'alter ego digitale, stimola gli utenti ad eccedere i limiti della dimensione reale varcando la soglia del proibito alla ricerca di esperienze trasgressive ed emozioni forti. 

Prevedere l'opzione “safe zone” tra le modalità di accesso alla piattaforma non è servito ad impedire la commissione di un vero e proprio stupro di gruppo virtuale.  

Vittima dell'inaccetabile violenza è stata la beta tester e director della società di tecnologia virtuale “Kabuni Ventures”, Nina Jane Patel la quale, lo scorso 26 novembre 2021, al suo primo accesso alla piattaforma Horizon Words, è stata vittima di un vero e proprio assalto sessuale di gruppo, subendo aggressioni verbali, molestie e violenze fisiche ad opera di tre utenti del metaverso, incitati da altri avatar vogliosi e scatenati, che hanno scattato foto e realizzato video della violenza. 

Seppure Meta è corso ai ripari prevedendo una nuova impostazione predefinita chiamata “Personal Boundary” (confini personali) che impone agli avatar un distanziamento sociale  di almeno un metro  sulle piattaforme Horizon Worlds e Horizon Venus che ospitano spettacoli e concerti, l'allarme rimane!

Basta richiamare il fenomeno Proteus effect” per comprendere la portata del rischio connesso al metaverso.

I risultati degli esperimenti condotti da Nick Yee e Jeremy N. Bailenson (1) hanno dimostrato che le scelte di autorappresentazione online adottate dagli utenti sulle piattaforme virtuali influenzavano il comportamento adottato dagli alter ego reali in modalità offline. 

Gli utenti sottoposti a tale ricerca avevano adottato nel mondo virtuale un avatar differente dal proprio “Essere reale” e ne avevano subito le relative influenze comportamentali nella real life.  Tale influenze erano determinate dall'inevitabile inscindibilità delle esperienze sensoriali vissute dal “Sè virtuale” dell'avatar ma percepite dal “Sè reale” del corpo fisico. 

Tali continue contaminazioni ed assimilazioni emozionali acquisite nel mondo online ed offline, determinavano un protean self (un Sè frammentato e multiforme), definito da L. Giuliano come “un'identità multipla ma integrata, capace di sviluppare una fluidità adeguata alle necessità e alla cultura del nostro tempo” (2).

Appare evidente che la violenza posta in essere ai danni della director Nina Jane Patel deve indurci a riflettere sul futuro del diritto nel metaverso e sulla configurabilità del danno virtuale.

Katherine Cross, specialista degli abusi online all’ateneo di Washington ha chiarito cheQuando la realtà virtuale è immersiva e reale, gli atteggiamenti tossici che vi accadono diventano automaticamente reali”.    

Ne discende che, seppure non subiti fisicamente nella realtà fattuale, gli abusi virtuali determinano un danno al benesse psicofisico della vittima implicante un obbligo risarcitorio connesso alla responsabilità personale del reo. 

In Italia l'art. 609 bis c.p. (3) richiede, per la configurabilità del reato di violenza sessuale, il compimento di atti sessuali tipici. 

Di fronte a tali fattispecie, non potendo trovare applicazione l'art. 609 bis c.p., dovrebbe ricorrersi alla configurabilità del reato di  sexual harassment online” operando una equiparazione dei crimini online a quelli tradizionali, sia in termini di repressione penale che di perseguimento dei responsabili. 

Nella medesima direzione interviene il Grevio (Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica) che nella Raccomandazione adottata il 25 novembre 2021 (4) affronta la tematica della violenza digitale richiedendo al Consiglio di Europa interventi volti alla promozione dell'inclusività digitale delle donne e della loro tutela.

Accanto alla responsabilità penale dell'autore del reato deve configurarsi, però, anche una responsabilità contrattuale del gestore della piattaforma per non aver vigilato sulla corretta fruizione del servizio fornito.

Non può, infatti, ritenersi sufficiente per l'esonero di responsabilità, dichiarare di aver fornito agli utenti le funzionalità di sicurezza idonee ad interdire indiscriminatamente contatti o interazioni tattili fra avatar. 

La modalità “Personal Boundary” prevista da Meta imponendo, infatti, il distanziamento sociale fra avatar, contraddice la funzionalità sensoriale promessa dalla piattaforma escludendo la facoltà di scelta prevista dalle app di dating.

Perchè il sistema fornisca idonee garanzie agli utenti è indispensabile prevedere regole stringenti in tema di validità del consenso prestato dall'utente ad un sistema automatizzato che si avvale di un algoritmo per la valutazione oggettiva di dati personali. 

Come chiarito dall'Autorità Garante della Privacy, la raccolta dei dati personali degli utenti censiti non deve condurre ad una profilazione reputazionale capace di ledere “la proiezione sociale dell'individuo intimamente connessa con la sua dignità, elemento cardine della disciplina di protezione dei dati personali”(5). 

Come argomentato dalla Suprema Corte di Cassazione “in tema di trattamento dei dati personali, il consenso è validamente prestato solo se espresso liberamente e specificatamente in riferimento a un trattamento chiaramente individuato [...] il requisito di consapevolezza non può considerarsi soddisfatto ove lo schema esecutivo dell’algoritmo e degli elementi di cui si compone restino ignoti o non conoscibili da parte degli interessati” (6). 

Nell’attuale epoca digitale, non è sufficiente interrogarsi, quindi, sulla mera validità dell’assenso ma è indispensabile valutare gli effetti che un (pur valido) consenso riesce a determinare nella dimensione sociale degli uomini, come singoli e nella collettività in cui i medesimi esplicano la loro personalità (7). 

La profilazione effettuata dalle piattaforme virtuali attraverso l'acquisizione dei dati personali e di quelli comportamentali desunti attraverso le scelte operate dall'individuo censito può rappresentare – ancor più pericolosamente nel metaverso – uno strumento di rating delle preferenze personali ed esistenziali dell'alter ego reale affievolendo il principio di autodeterminazione informata e determinando una inammissibile “patrimonializzazione” dei diritti della personalità.

Spetta all'Unione Europea creare un internet governance per garantire l'applicazione di principi condivisi, norme, regole, procedure decisionali e di funzionamento per l’uso di Internet e dei suoi servizi.

Come ha dichiarato Antonello Soro, già Presidente dell'autorità garante della privacy “Il controllo di un così grande patrimonio informativo produce – come nel caso degli altri giganti del web – un potere abnorme nella disponibilità di pochi soggetti privati che incide negativamente sulla tenuta delle democrazie nel pianeta” (8).

Lo “slancio tecnologico” può trascinarci nella sua scia senza consapevolezza (9). 

A noi l'impegno di modificare il modello di business dei social network attraverso la realizzazione di una società consapevole. "L'autodeterminazione informativa è, infatti, il necessario presupposto di scelte libere e, appunto, consapevoli, in un contesto in cui servizi apparentemente gratuiti sono invece pagati al caro prezzo dei nostri dati e, quindi, della nostra libertà. Perché "quando è gratis, il prodotto sei tu” (10). 



1. The Proteus Effect: the effect of transformed Self-Representation on behavior”, Human Communication Research, 33, 2007; “The Proteus Effect: implications of transformed Digital Self- Representation on online and offline behavior”, Communication Research, vol.36, n.2, 2009

2. Luca Giuliano, I padroni della menzogna. Il gioco delle identità e dei mondi virtuali. Roma, 1997

3. 

4. https://rm.coe.int/first-grevio-s-report-of-activities-in-italian/1680a1f129

5. Garante per la Protezione dei Dati Personali, Provvedimento n. 488 del 24.11.2016 

6. Corte di Cassazione, sez. I Civ. – 25/05/2021, n. 14381

7. Tribunale Bologna, Sez. II, Ord., 10 marzo 2021

8. Arcangelo Rociola, “Google: Soro, con acquisizione Fitbit pericolosa concentrazione di dati”, Agi, 1 novembre 2019 https://www.agi.it/economia/google_fitbit-6466269/news/2019-11-01/ 

9. Thomas Parke Hughes  

10. Pasquale Stanzione, presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Relazione annuale presentata alla Camera il 2 Luglio 2021.




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