È noto che caratteristica fondamentale e intrinseca del condominio sia la compresenza di unità immobiliari di proprietà esclusiva di singoli condomini e di parti comuni ad esse asservite, oggetto, invece, di comproprietà tra i singoli partecipanti in proporzione delle rispettive quote; ed è altresì noto come, a causa di tale peculiare natura, i singoli condomini siano, dunque, tenuti a contribuire -proporzionalmente al valore della proprietà di ciascuno- alle spese per la manutenzione, la ristrutturazione, la sostituzione di queste ultime.
Ciò posto, occorre, in primis, individuare i due profili nei quali può estrinsecarsi tale responsabilità: essa, infatti, può rilevare sul piano interno, ossia tra i singoli partecipanti al condominio, ovvero sul piano esterno, cioè nei confronti dei terzi creditori per le obbligazioni contratte dall’amministratore in nome e per conto dei condomini.
Particolari problemi non si pongono per i profili interni di tale responsabilità, posto che su ogni singolo condomino grava un’obbligazione parziaria per la quota di rimborso delle spese effettuate per gli interventi nelle parti comuni, differenziandosi tale quota in relazione allo specifico bene oggetto di manutenzione e/o di innovazione (si vedano, in tal senso, gli artt. 1120, 1121, 1123, 1124 e 1126 c.c.).
Parimenti, non si pongono rilevanti questioni nemmeno in relazione alla responsabilità per le spese condominiali tra dante causa ed avente causa in caso di cessione di singole unità immobiliari, atteso che l’art. 63 disp. att. c.c. ai commi 4 e 5 è chiaro nel disporre, da un lato, che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso ed a quello precedente, dall’altro, che chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.
Viceversa, ha suscitato molti dibattiti in dottrina e in giurisprudenza il regime della responsabilità verso i terzi dei singoli condomini per le obbligazioni contratte dall’amministratore nella gestione condominiale, dibattito destinato ad assumere un’evidente rilevanza pratica ai fini della corretta perimetrazione della responsabilità di ciascuno.
A tal fine occorre, tuttavia, richiamare preliminarmente le posizioni della dottrina e della giurisprudenza in merito all’individuazione dell’effettivo obbligato verso i terzi per le obbligazioni scaturenti dagli impegni contrattuali assunti dall’amministratore.
Invero, secondo parte della dottrina, tali obbligazioni sarebbero da imputare al condominio quale autonomo soggetto di diritto; pertanto, di esse sarebbero chiamati a rispondere il patrimonio comune e l’amministratore, analogamente alla regola valevole per le associazioni non riconosciute.
Altra parte della dottrina e la giurisprudenza maggioritaria ritengono, invece, che siano i singoli condomini a rispondere personalmente delle obbligazioni contratte dall’amministratore durante la gestione, permanendo, tuttavia, una forte incertezza relativamente alla natura parziaria o solidale delle medesime.
Secondo alcuni, infatti, esse avrebbero natura solidale, giacché le norme di cui agli artt. 1117 e segg. c.c. disciplinerebbero solamente i profili attinenti alla responsabilità interna, per cui, in assenza di un’esplicita previsione normativa circa la responsabilità esterna, dovrebbe trovare applicazione la presunzione di solidarietà passiva di cui all’art. 1294 c.c.
Secondo altri, invece, le obbligazioni de quibus avrebbero natura parziaria, orientamento questo fatto proprio anche dalle Sezioni Unite nel 2008 (Cass. civ., Sez. Un., 9148/2008). In tale pronuncia la Suprema Corte, partendo dall’assunto secondo cui alle obbligazioni divisibili dovrebbe necessariamente riconoscersi natura parziaria, ha affermato che le obbligazioni condominiali avendo ad oggetto una somma di denaro, come tale divisibile, andrebbero certamente ricondotte alla categoria delle obbligazioni parziarie, in assenza, peraltro, di un’esplicita disposizione normativa che attribuisca ad esse natura solidale in deroga alla (menzionata) necessaria attuazione parziaria delle obbligazioni divisibili.
Fin dal principio numerose furono le critiche a tale pronuncia mosse dalla dottrina (La Porta), la quale sottolineò l’erroneità dell’assunto posto a fondamento del ragionamento effettuato dalla Corte: la solidarietà o la parziarietà di un’obbligazione coinvolge, infatti, solamente la modalità attuativa di essa (La Porta), potendo, dunque, ben aversi obbligazioni divisibili sia ad attuazione solidale che ad attuazione parziaria, a seconda di quanto pattuito dalle parti o di quanto previsto dalla legge (e ferma la presunzione di cui all’art. 1294 c.c.); detto altrimenti, solamente l’indivisibilità (soggettiva od oggettiva) della res o del facere oggetto della prestazione si riverbererebbe sulle modalità attuative, ma non anche la divisibilità, la quale sarebbe certamente compatibile sia con la parziarietà che con la solidarietà.
Su tale dibattito non è, tuttavia, intervenuta a fare chiarezza nemmeno la riforma del condominio del 2012, la quale si è limitata ad introdurre un beneficium excussionis in capo ai condomini in regola con i pagamenti in caso di inadempimento e di successiva infruttuosa escussione degli altri, senza, però, nulla aggiungere in merito alla natura dell’obbligazione gravante su ciascuno.
All’indomani della riforma sono, dunque, riemersi i due orientamenti già illustrati.
Secondo i sostenitori della natura solidale, infatti, la riforma non avrebbe mutato alcunché, giacché dovrebbe ritenersi comunque compatibile con la solidarietà anche il beneficio di escussione e non solo il beneficio d’ordine.
Secondo, invece, i sostenitori della natura parziaria, la riforma non avrebbe fatto altro che confermare tale tesi: a detta di costoro, invero, nelle obbligazioni condominiali difetterebbe il requisito -essenziale per la sussistenza della solidarietà- dell’eadem res debita, posto che ciascun condomino sarebbe inizialmente obbligato solamente per la propria quota e, invece, in un secondo momento, a seguito dell’inadempimento di altri, al residuo.
A ben vedere difetterebbe, inoltre, nelle obbligazioni de quibus anche la eadem causa obligandi, presupposto da alcuni (Messineo) ritenuto indefettibile per l’insorgenza della solidarietà: invero l’obbligazione avente ad oggetto la quota residua di debito non adempiuta dagli altri condomini avrebbe come causa l’inadempimento di altro condomino, causa, dunque, differente da quella della prima obbligazione avente ad oggetto solamente la quota di debito del singolo condomino.
Conseguentemente, secondo i sostenitori di tale teoria, l’introduzione di un beneficium excussionis in capo al condomino non avrebbe fatto altro che avvalorare la natura parziaria di tale obbligazione, in quanto la sussidiarietà dell’obbligazione di uno dei condebitori escluderebbe la solidarietà, essendo sintomo di una differente causa nella genesi dei vincoli obbligatori gravanti su ciascuno.
Risulta, pertanto, evidente come tale dibattito, non limitato alla materia condominiale, ma idoneo a coinvolgere, più in generale, la teoria delle obbligazioni (ed in particolare le problematiche, da sempre sussistenti, circa la natura e l’individuazione dei presupposti della solidarietà), sia destinato a riverberarsi necessariamente sui rapporti economici e sulla prassi degli operatori del diritto.
È assai nota, infatti, la numerosità degli edifici costituiti in condominio, nonché la -purtroppo-sempre maggiore proliferazione del fenomeno della morosità nel pagamento delle spese condominiali, fenomeno certamente amplificatosi a seguito della nota crisi economica.
Inoltre, deve rilevarsi come i recenti interventi legislativi in materia di c.d. Superbonus edilizia al 110 per cento (art. 119, d.l. 34/2020, c.d. Decreto Rilancio) rendano il problema di ancora maggiore attualità, stante l’elevato numero di contratti di appalto stipulati tra condominii e imprese edili ai fini dell’ottenimento del predetto bonus a seguito dell’effettuata ristrutturazione dell’immobile.
Ebbene, a livello statistico, l’assai diffusa morosità relativa al pagamento delle spese condominiali non potrà che acuirsi in merito al pagamento delle future spese di importo necessariamente maggiorato per il pagamento dei lavori di ristrutturazione; e, di conseguenza risulta evidente come assai numerose saranno in futuro le controversie relative a tali aspetti, nell’ambito delle quali si porrà l’antico problema della natura delle obbligazioni condominiali.
In conclusione, il ritenere obbligati per l’intero i singoli condomini in regola con i pagamenti, specialmente a fronte della crescente morosità e delle prospettate e inevitabili future inadempienze comporterebbe un notevole carico economico per questi ultimi, i quali potrebbero vedersi improvvisamente costretti a dover corrispondere somme spesso di rilevante entità.
In tale ottica urge, pertanto, un intervento legislativo volto a sopire il predetto dibattito dottrinale e a chiarire definitivamente il quantum di responsabilità gravante su ciascun condomino.
Federico Basso