Cultura, società  -  Marco Faccioli  -  15/04/2023

L'influencer che odia le donne - La fiducia e i legami emotivi generati on line: il caso del misogino Andrew Tate

Andrew Tate, per chi non lo conoscesse, è un ex campione di kickboxing noto al grande pubblico più per i suoi video misogini e violenti che per i suoi ko sul ring. In Italia i giornali si sono occupati di lui in occasione di un suo tweet rivolto all’attivista per il clima Greta Thunberg, in cui provocatoriamente le chiedeva dove poteva inviarle “la lista completa delle sue auto e delle loro pesanti emissioni”. La stessa, ricevuto il moderno schiaffeggio con guanto di sfida, gli aveva risposto dicendogli di mandarla all’indirizzo del gruppo “small dick energy” (letteralmente “energia del pisello piccolo”). Per una strana coincidenza del destino, poche ore dopo, Andrew Tate e pure suo fratello di cui, poiché non famoso, non è stato rivelato il nome, venivano arrestati dalla polizia rumena con l’accusa di stupro e traffico di esseri umani. L’interesse della stampa italiana intorno a Tate è finito sostanzialmente con questo episodio di cronaca, ma in altre realtà Tate è seguitissimo in Rete, soprattutto dai giovanissimi. Nel Regno Unito ,per esempio, la sua pericolosa popolarità ha raggiunto livelli tali che, per cercare di contenerla, diverse scuole hanno dovuto organizzare laboratori di dibattito e sensibilizzazione con studenti, insegnanti e genitori. Ma ora cerchiamo di capire meglio, anche con l'aiuto della giornalista Anna Franchin, che si è occupata di lui sulle pagine de l'Internazionale, il soggetto di cui stiamo parlando.

Andrew Tate ha 36 anni, ha la doppia cittadinanza statunitense e britannica e ha vinto quattro titoli mondiali di kickboxing. Si è fatto conoscere fuori dal ring nel 2016, quand’è stato cacciato dall’edizione inglese del Grande fratello dopo la diffusione di un video in cui colpiva una donna con una cintura. La sua carriera di personaggio pubblico, pensavano gli ingenui, poteva finire lì ...invece era solo agli inizi.

Dal limitato palcoscenico delle TV Tate ha scelto di fare il salto di qualità passando quindi ai social, dove le praterie per il bestiame mediatico dei cosiddetti followers sono a dir poco sconfinate, e da qui il suo successo. Ha quindi iniziato, come iniziano tutti, facendosi fotografare alle prese con sigari, pistole, alla guida di macchine costose, a bordo di yacht e jet privati. Dalle immagini dopate si è presto passati ai consigli per il suo pubblico e Tate ha iniziato a dispensare dritte su come fare soldi facili e aggirare il sistema, sempre lasciandosi andare a insulti omofobi e razzisti. Tutto questo ben di Dio ha naturalmente fatto impennare il numero dei suoi follower, anche se “il botto” è riuscito a farlo per davvero introducendo il sempreverde argomento della misoginia. Ebbene sì, è stato solo grazie alle sue opinioni sulle donne che Tate è diventato davvero famoso sui social. Nel 2017 ha ripetuto su Twitter che le ragazze dovevano “assumersi una parte di responsabilità” per gli stupri che subivano (e fin qua nulla di che, non è certo il primo, e il solo, a tirare in ballo questo pensiero oramai trito e ritrito). La piattaforma comunque l’ha bandito e questo, per il noto principio inversamente proporzionale alla base della censura, gli ha dato ancora più visibilità. In un video sulle sue pagine social si è poi definito “assolutamente misogino”, affermando che “le donne appartengono agli uomini”. Ha dipinto poi i maschi come vittime del femminismo e ha sminuito quelli che non approvavano i suoi metodi. In un altro video, ha chiarito come aveva reagito a una donna che lo accusava di tradimento: “Tiro fuori il machete, glielo sbatto in faccia e la prendo per il collo. Stai zitta, stronza”.

Tate ha confessato sui social media di aver ricevuto accuse di abusi, ragione per cui ha lasciato il Regno Unito per rifugiarsi in Romania perché la polizia britannica stava indagando su di lui. Nella primavera del 2022 sono partite le inchieste delle autorità di Bucarest. Lui e il fratello sono finiti in custodia cautelare a dicembre, poi il 1 aprile di quest'anno sono stati concessi loro gli arresti domiciliari. Entrambi, ma questi sono dettagli, continuano a dichiararsi non colpevoli. Mentre succedeva tutto questo casino nella sua vita, i suoi contenuti online prendevano il volo, anche se (o forse dovremmo dire, grazie al fatto che) i principali social media hanno cercato di bloccarli in ogni modo. Su TikTok, i video con il tag #AndrewTate hanno raggiunto 13 miliardi (non milioni!) di visualizzazioni. Su Twitter l’influencer è stato riammesso per volontà del nuovo proprietario Elon Musk, e oggi ha 5,4 milioni di follower. Un’inchiesta dell’Observer spiega che dietro questa ascesa ci sono migliaia di ammiratori che, come sempre accade in questi casi, fanno sì che i messaggi più controversi diventino virali. I sostenitori più fanatici di Tate pare provengano da una specie di accademia privata online da lui stesso fondata, la “Hustlers university” (università degli imbroglioni), che costa 39 sterline al mese e che a oggi conta 127.000 iscritti paganti (forse più che l'università degli imbroglioni, sarebbe il caso di chiamarla università di imbrogliati ...ma non perdiamoci in inutili dettagli).

I bambini e i ragazzi britannici, per tornare al caso di cui ci eravamo occupati all'inizio, non si limitano a guardare i video o a leggere i messaggi di Tate, ma seguono anche interessati gli sviluppi delle indagini a Bucarest. Isaac, 14 anni, intervistato dal Guardian nel corso dell'inchiesta sopra citata, riferisce sul punto con una certa leggerezza: “Voglio sapere come va a finire, sono preoccupato per Tate, parlo spesso di lui con amici, ci piace il fatto che sia ricco e forte”.

Molti insegnanti delle scuole secondarie pensano di essersi accorti in ritardo del potere che l’influencer esercita sugli studenti. Li ascoltavano ripetere frasi come “di che colore è la tua Bugatti?” (un modo per vantarsi del proprio status) o “fammi un panino” (rivolto alle coetanee) ma non sapevano dargli un senso. Ora sono preoccupati. “Sembra che i ragazzi abbiano sempre più bisogno di controllare le compagne”, afferma un’insegnante. “Si aspettano che facciano quello che dicono loro”.

In tutto il paese i presidi hanno deciso di affrontare la questione proponendo incontri per alunni e genitori e corsi di formazione per il personale. I laboratori sono gestiti da varie organizzazioni: Beyond equality, School of sexuality education, Everyone’s invited (nata come sito web in cui le sopravvissute a uno stupro potevano raccontare in forma anonima le loro esperienze), Bold voices, Rap project e Men at work (che offre consigli su come parlare di violenza sessuale e mascolinità tossica con giovani uomini).

Tutti buoni propositi senza ombra di dubbio, resta solo da capire e da valutare quanto oggigiorno i consigli non richiesti dei “grandi” possano in qualche modo contrastare il fascino dei controconsigli (questi sì invece richiesti, anzi, richiestissimi) del picchiatore misogino Andrew Tate.




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