-  Mazzon Riccardo  -  20/10/2014

LEGITTIMAZIONE DELL'AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO: CIVILE, PENALE, AMMINISTRATIVA - Riccardo MAZZON

Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 del codice civile [basti qui rammentare che l'amministratore del condominio è legittimato, senza la necessità di una specifica autorizzazione assembleare, ad agire in giudizio nei confronti dei singoli condomini e di terzi al fine di: a) eseguire le deliberazioni dell'assemblea del condominio; b) Disciplinare l'uso delle cose comuni così da assicurarne il godimento a tutti i condomini; c) riscuotere dai condomini i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea; d) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio:

"quando la controversia esorbita dai limiti indicati e riguarda obblighi esclusivi dei singoli condomini la rappresentanza ope legis è esclusa" (Cass., sez. II, 24 settembre 1997, n. 9378, GCM, 1997, 1763; conforme Cass., sez. II, 15 dicembre 1999, n. 14088, GCM, 1999, 2539; conforme, com la precisazione che da tali attribuzioni esula pertanto la proposizione della domanda di accertamento del diritto di proprietà del condominio: Trib. Napoli 1 luglio 1997, ALC, 1997, 1036) - cfr. capitolo quindicesimo del volume "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013],

l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti al condominio e può agire in giudizio, tanto contro i condomini stessi quanto contro i terzi: così, per fare un esempio, in tema di condominio, ben può l'amministratore agire, nei confronti di un terzo, per il recupero di una quota di oneri dovuti al condominio; ciò nell'ambito delle proprie prerogative, che non si limitano alle azioni esperibili nei confronti di condomini, in quanto l'art. 1131 c.c. espressamente prevede che

"l'amministratore - nei limiti delle sue attribuzioni - può agire sia nei confronti dei condomini che nei confronti di terzi" (Cass., sez. II, 2 luglio 2004, n. 12130, GCM, 2004, 7-8; RGE, 2005, I, 86).

Tali prerogative possono risultare ampliate dai maggiori poteri eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea: infatti, l'amministratore del condominio ha la facoltà di agire in giudizio anche in materie diverse da quelle indicate nell'art. 1130 c.c. purché i relativi poteri gli siano conferiti dal regolamento o da valida delibera assembleare; tale regola ha però un ambito oggettivo di applicazione circoscritto ai soli atti che siano riferibili al condominio - quale ente dotato di autonoma soggettività - e non può estendersi sino a ricomprendere anche quelle situazioni giuridiche che siano riferibili, in via esclusiva, a ciascun condomino.

Da tale premessa discende, ad esempio, che l'amministratore non può essere ritenuto legittimato ad agire in giudizio nei confronti della parte inadempiente - nella specie la ditta realizzatrice degli impianti montacarichi realizzati nella struttura condominiale per la condanna di costui all'immediata consegna della documentazione attestante l'agibilità, la regolarità amministrativa e il collaudo di detti impianti -

"quando l'obbligazione sia sorta non da un unico contratto con il condominio, ma da separati accordi con i singoli condomini, vertendosi in simile caso in una ipotesi in cui il vincolo negoziale fa capo esclusivamente al condomino e non all'ente di gestione" (Trib. Lodi 27 gennaio 2009, n. 37, GDir, 2009, 23, 76).

Il principio è ampiamente ribadito anche in ambito di giustizia amministrativa, ove il condominio è legittimato, in persona dell'amministratore, ad impugnare atti amministrativi, specie quando risulti minacciata l'integrità ed il godimento delle parti comuni, allorquando può agire, in rappresentanza dei condomini, senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, come ad esempio nel

"caso in cui terreni di proprietà comune sono interessati da provvedimenti finalizzati all'espropriazione ed all'occupazione d'urgenza" (T.A.R. Valle d'Aosta 26 settembre 1987, n. 105, FA, 1988, 163; RGE, 1988, I, 663 – conforme, con legittimazione processuale circoscritta alle ipotesi indicate dal combinato disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c.: Cons. Stato, sez. V, 1 dicembre 1997, n. 1467, CIt, 1998, 1077; conforme T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 18 luglio 2006, n. 2877, Giurisprudenzabarese.it, 2006; conforme T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 12 dicembre 2007, n. 16202, FATAR, 2007, 12, 3897).

Così, ad esempio, il condominio è legittimato, in persona dell'amministratore, ad impugnare il permesso a costruire rilasciato ad un terzo per la costruzione, nelle immediate adiacenze, di un immobile dal quale possa conseguire

"il deprezzamento economico delle parti comuni dell'edificio" (Cons. Stato, sez. V, 30 luglio 1993, n. 812, FI, 1994, III, 286; ALC, 1994, 799).

Ulteriormente l'amministratore di un condominio, proprio perché è titolare di diritti relativi alle parti comuni dell'edificio e può compiere i relativi atti conservativi agendo in giudizio, è legittimato a costituirsi parte civile nel processo penale,

"l'art. 1131 c.c. riconosce la legittimazione a costituirsi parte civile finanche al condominio, che non ha soggettività, ma è un mero centro di interessi" (Cass. pen., sez. IV, 10 giugno 2010, n. 38991, GDir, 2011, 1, 100 - nel processo penale per costruzione senza licenza per chiedere il risarcimento del danno, limitato al costo delle opere necessarie alla riparazione dei guasti causati alle parti comuni da conservare, salvo il diritto ai maggiori danni riservato a tutti i condomini ed a ognuno di essi per le parti conclusive: Cass. pen., sez. III, 8 marzo 1978, CP, 1980, 835).

E' stata affermata, ad esempio, la legittimazione dell'amministratore del condominio ad agire in giudizio, senza la necessità di una specifica autorizzazione assembleare, nei seguenti casi, riguardanti:

- azioni concernenti il tetto, posto a copertura delle autorimesse esterne all'edificio condominiale e svolgente, nella sua struttura unitaria ed omogenea, una funzione di riparo e di protezione delle unità sottostanti, ciascuna delle quali costituisce pertinenza della proprietà esclusiva dei singoli condomini (nella specie, condanna del costruttore al rifacimento della impermealizzazione o al rimborso per eseguirla direttamente); in tal ipotesi è stata ritenuta applicabile la presunzione di comunione stabilita dall'art. 1117 n. 1 c.c., con la conseguenza che esso costituisce, al pari del tetto dell'edificio condominiale, oggetto di proprietà comune e che

"l'amministratore del condominio è legittimato ad esercitare le azioni che lo concernono" (Cass., sez. II, 5 settembre 1994, n. 7651, ALC, 1995, 79; GCM, 1994, 1129);

- azioni riguardanti l'uso di un cortile, che funge da copertura al corpo interrato, costituito da autorimesse, in quanto la circostanza che il condominio non costituisca un soggetto autonomo, ma rappresenti un ente di gestione privo di personalità giuridica, non esclude che l'amministratore abbia la legittimazione attiva

"in una causa avente finalità meramente conservative di parti comuni dell'edificio condominiale" (Trib. Milano 20 febbraio 1989, ALC, 1990, 557);

- azioni il cui esercizio si renda necessario al fine di far osservare, da parte dei singoli partecipanti, le norme contenute nel regolamento di condominio: in argomento, è stato precisato che l'amministratore del condominio ha il potere autonomo di rappresentanza processuale dell'insieme dei condomini quando sia necessario far osservare, da parte dei singoli partecipanti, le norme contenute nel regolamento di condominio che, anche se disciplinano l'uso di parti di proprietà esclusiva, sono dettate nell'interesse comune, come quelle che, vietando di adibire gli appartamenti e le loro pertinenze ad usi diversi da quelli specificamente previsti,

"tendono a tutelare l'interesse generale al decoro, alla tranquillità ed alla abitabilità dell'intero edificio" (Cass., sez. II, 23 ottobre 1990, n. 10288, GCM, 1990, 10).




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