Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  21/08/2021

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione in tema di reclami nei riguardi dei provvedimenti emessi dal Giudice Tutelare in materia di amministrazione di sostegno - Cass. civ. SS. UU. 30.07.2021, n. 21985 - F. Mazza Galanti

La Suprema Corte, con la sua recente pronuncia, andando di diverso avviso rispetto alle conclusioni del Procuratore Generale, ha risolto in modo del tutto soddisfacente, anche dal punto di vista pratico, un'annosa problematica che aveva creato contrasti giurisprudenziali tra Tribunali e Corti di Appello. Ci si riferisce al fatto che, in sede di reclamo sui decreti del Giudice Tutelare, alcuni Collegi di Tribunale (anche quando si trattava di provvedimenti che investivano le modalità di attuazione di un'amministrazione di sostegno già disposta), avevano iniziato a denegare la propria competenza, ravvisando nell'art. 720 bis c.p.c. (secondo il quale il giudice del reclamo in materia di amministrazione di sostegno é individuato nella Corte di Appello), una norma "speciale" tale da prevalere sul c.d. di cui agli artt. 739 c.p.c. e 45 disp. att. c.p.c. che individua nel Tribunale in composizione collegiale l'autorità giudiziaria competente a conoscere dei reclami proposti nei confronti dei decreti del Giudice Tutelare. La serietà della problematica trova conferma nel fatto che i contrasti interpretativi, dapprima riguardanti i soli giudici di merito, da ultimo si erano estesi anche ai giudici di legittimità. E, infatti, in epoca relativamente recente, la Cassazione (sent. n. 32409/2019), si é posta in consapevole contraddizione con il precedente consolidato orientamento (si v., tra le tante, Cass. n. 10187/2011 e, più recentemente, Cass. n. 9839/2018) in forza del quale i provvedimenti "gestionali" del Giudice Tutelare, vale a dire quelli di natura ordinatoria e/o amministrativa (per i quali non é consentito il ricorso in sede di legittimità), non dovevano essere reclamati avanti alla Corte territoriale ma al Tribunale in composizione collegiale. In altre parole, sino ad un recente passato, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il reclamo nei riguardi dei decreti del Giudice Tutelare doveva essere presentato avanti alla Corte di Appello solo nei casi in cui esso aveva ad oggetto l'apertura o la chiusura dell'amministrazione di sostegno, stante l'assimilazione tra i suddetti provvedimenti e quelli assunti in materia di interdizione e inabilitazione, avendo essi ad oggetto statuizioni volte ad incidere sulla capacità delle persone. Per completezza va detto che la presente pronuncia è scaturita dal regolamento di competenza sollevato dalla Corte di Appello di Catania, dolendosi quest'ultima del fatto che il Tribunale di Siracusa aveva giudicato inammissibile un reclamo ad esso rivolto in una fattispecie in cui era soltanto in discussione tra i congiunti del beneficiario la designazione dell'amministrazione di sostegno. Nella loro decisione, le Sezioni Unite hanno affermato la legittimità del regolamento in esame, richiamando il principio, ormai pacifico in giurisprudenza (si v., ad es., Cass. n. 15463/2020), secondo cui, in materia di volontaria giurisdizione, il reclamo proposto ad un giudice che pure si ritiene incompetente non si può considerare inammissibile in forza del meccanismo della c.d. translatio iudicii. E, infatti, la presentazione di tale impugnazione é comunque idonea a consentire l'instaurazione di un valido rapporto processuale che ben potrà proseguire davanti al giudice competente. Merita pure di essere sottolineato il fatto che la Suprema Corte, prima di entrare nel merito della decisione, ha compiuto una minuziosa e puntuale ricostruzione dell'amministrazione di sostegno, sotto gli aspetti sostanziali e procedurali, sia dal punto di  vista normativo, sia con riguardo ai preziosi contributi forniti dalla giurisprudenza di legittimità e anche da quella della Corte costituzionale. In verità si é trattato di interventi davvero decisivi ai fini di fornire le migliori soluzioni interpretative in linea con i principi ispiratori della riforma e con quelli costituzionali, e di "armonizzare l'istituto di nuova introduzione" inserendolo "in un già strutturato sistema di tutele". In argomento, tra i tanti precedenti, si può richiamare l'arresto riguardante la non necessità del patrocinio legale, fatte salve ovviamente le situazioni in cui il Giudice Tutelare, con i suoi provvedimenti, incide sui diritti fondamentali del beneficiario, determinando effetti e limiti analoghi a quelli che sono previsti in materia di interdizione e di inabilitazione. Fondamentali poi sono state quelle pronunce che, a più riprese, hanno avuto modo di chiarire come l'ambito di applicazione del nuovo istituto andava individuato con riferimento "non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi (...) ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento" ad adeguarsi alle esigenze del beneficiario.

Tornando all'oggetto della presente decisione, la Corte ha fornito una risposta articolata tenendo correttamente separati i diversi profili del reclamo e del ricorso in Cassazione. A prescindere dalle disquisizioni dottrinali sulla natura del procedimento (per taluni Autori di volontaria giurisdizione, per altri di natura contenziosa, secondo una parte di questi ultimi sia pur nel contesto di una procedura "a contenuto oggettivo"), si é affermato innanzi tutto che l'interpretazione dell'art. 720 bis c.p.c. non può andare al di là della lettera della norma trattandosi di un limite di fronte al quale si deve arrestare anche l'interpretazione costituzionalmente orientata. Ne consegue che deve essere rispettata la esplicita volontà del legislatore, desumibile appunto dal chiaro tenore letterale della citata disposizione, che ha voluto sottrarre al Tribunale il controllo sull'operato del Giudice Tutelare in una materia così sensibile, riservandola alla sola Corte di Appello. In particolare, si é precisato che non può essere considerato dirimente il riferimento nel testo della citata disposizione al "singolare" con riguardo al decreto del Giudice Tutelare, "non potendosi inferire da tale opzione linguistica una sottintesa volontà di indicare in tal modo solo il decreto con il quale si apra la procedura di amministrazione di sostegno". A nessuno possono sfuggire i vantaggi che tale decisione comporta sul piano della semplificazione, posto che d'ora in avanti, grazie all'immediata individuazione del giudice competente, sarà eliminato qualunque conflitto giurisdizionale e, finalmente, si potrà pervenire ad una decisione celere circa il merito del provvedimento adottato dal Giudice Tutelare. Inoltre verranno meno gli inconvenienti derivanti dalla precedente prevalente giurisprudenza di legittimità atteso che, nei casi non infrequenti in cui il decreto impugnato conteneva statuizioni di diversa natura, si rendeva necessario duplicare l'atto di reclamo (dovendo uno di essi venire indirizzato alla Corte di Appello e l'altro al Tribunale). Per maggiore chiarezza, infine, occorre ricordare che la Corte ha ribadito che la distinzione tra decreti "decisori" e "gestori" del Giudice Tutelare rileva solo ai fini del ricorso in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., essendo esso consentito, per le ragioni già esposte, solo con riguardo ai primi provvedimenti.

Francesco Mazza Galanti

(già Presidente della Sezione Famiglia del Tribunale di Genova) 




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