In questi giorni George Soros si starà preparando a sostenere le ragioni della democrazia diffusa e dell’ecologia, pensando a come punzecchiare a dovere la burocrazia cinese.
Sarà Soros un “uomo che grida nel deserto” quella ragionevole voglia di cercare una terza via economico-libertaria, alternativa al capitalismo sfrenato ed al socialismo pauperista?
Intanto un equilibrio dovrà inventarselo tra il capitalismo dei privati statunitensi e il capitalismo di Stato cinese, dato che alla Hoover Institution dovrà tenere un discorso sulla Cina alla vigilia delle Olimpiadi invernali. Soros evidenzia già da ora che quest’anno è in gioco il nostro stesso futuro, poiché da un lato il ventesimo Congresso del Partito cinese deciderà se concedere a Xi Jinping un terzo mandato come Segretario generale del Partito, e dall’altro lato gli Stati Uniti d’America terranno delle cruciali elezioni di medio termine a novembre.
Il capo della Open Society Foundation, sullo sfondo di un crescente conflitto tra due sistemi di governo diametralmente opposti quali quelli cinese e statunitense, sottolinea che il cambiamento climatico resta una sfida urgente.
La sfida ecologica, infatti, resta una priorità da inserire senza se e senza ma nelle agende delle grandi potenze globali. Al di là di ogni ragionevole o irragionevole dubbio tra capitalismi liberali e capitalismi statolatrici, l’ambiente è un punto fondamentale per lo sviluppo umano dell’economia, per tutti i modelli economici.
Noi italeuropei dovremmo chiederci se siamo pronti come Unione europea – ed in futuro, si spera, come Stati Uniti d’Europa – a farci pionieri di ulteriori sviluppi nelle politiche della ecosostenibilità energetica.
Staremo intanto a vedere questa fatidica agenda di Soros: sarà mica un’agenda ecolibertaria?