Famiglia, relazioni affettive  -  Redazione P&D  -  28/03/2023

L'affidamento esclusivo della prole ad un genitore in pendenza di un procedimento penale a carico dell'altro - Stefano Cera

UN DIFFICILE EQUILIBRIO TRA PRESUNZIONE DI INNOCENZA E TUTELA DEI DIRITTI DEL MINORE

di Stefano Cera, avvocato in Bologna 

Tribunale di Bologna, sent. 23 settembre 2022

Affidamento esclusivo della prole – Procedimento penale a carico del genitore richiedente l’affidamento – Condanna in primo grado – Affidamento esclusivo all’altro genitore vittima del reato – Ammissibilità – Mancanza di giudicato penale sulle condotte – Irrilevanza - Condizioni  

MASSIMA

Sebbene alla sentenza penale non possa attribuirsi l’effetto vincolante di giudicato nel procedimento civile, costituisce principio generale quello secondo cui gli elementi probatori acquisiti in altro giudizio, e nello specifico di un giudizio penale all’esito della verifica dibattimentale, possono costituire materiale probatorio idoneo a fondare il libero convincimento del giudice. La domanda di affidamento condiviso della prole, presentata dall’autore del reato, non può dunque essere accolta ed il minore dovrà essere affidato in via esclusiva alla madre.

1) Il fatto

Con ricorso depositato presso il Tribunale di Bologna YYY presentava domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con XXX, chiedendo altresì la conferma dell’affidamento condiviso della prole ad entrambi i genitori, oltre alla regolamentazione dei propri diritti in merito alla frequentazione della prole nonché la quantificazione degli oneri di mantenimento della prole e del coniuge.

Si costituiva in giudizio la Sig.ra XXX, la quale contestava la richiesta di affidamento della prole ad entrambi i genitori, sostenendo che in sede di separazione consensuale detta disposizione era stata estorta dal marito in maniera ricattatoria. 

Egli infatti, sosteneva controparte, era stato autore di diversi reati commessi nei suoi confronti (nella specie dei delitti riconducibili alla previsione di cui all’art. 572 c.p.) e che dunque non poteva considerarsi genitore idoneo rispetto alla richiesta di affidamento condiviso.

Nel corso del giudizio civile di divorzio il ricorrente veniva condannato dal Tribunale penale di Bologna per le condotte violente poste in essere nei confronti della moglie ed il giudice civile acquisiva, su istanza di parte, il provvedimento penale nel corso dell’istruttoria.

Con la sentenza in commento il Tribunale di Bologna rigettava la richiesta di affidamento condiviso della prole ad entrambi i genitori, basando la propria decisione esclusivamente su quanto deciso dal giudice penale, ritenendo sufficiente la valutazione di detto giudice rispetto ai fatti oggetto di contestazione.

Il giudice, pertanto, disponeva l’affidamento esclusivo del figlio minore della coppia alla madre XXX, affidando altresì al servizio sociale l’incarico di monitorare il nucleo familiare per un periodo di tre anni.

La sentenza in commento desta alcune perplessità per l’avvenuta estensione interpretativa che il giudice civile è stato in grado di compiere in merito al contenuto di decisioni di altro giudice non passate in giudicato, ponendo alcuni interrogativi circa la limitazione di alcuni diritti fondamentali costituzionalmente garantiti (quali la presunzione di innocenza prevista dall’art. 27 Cost.) che, in detta pronuncia, risulterebbero sacrificabili in nome del supremo interesse del minore.

E’ dunque necessario verificare quali siano, a fronte della necessità di bilanciare principi nascenti da norme costituzionali, i poteri/doveri dell’organo giudicante rispetto all’attività istruttoria da compiere per supportare, secondo diritto, una pronuncia di affidamento esclusivo della prole ad uno solo dei genitori.

2) L’affidamento esclusivo: misura residuale da adottare solo a fronte di comprovate necessità di tutela della prole

Come noto l’art. 337 quater cod. civ. prevede che il giudice possa disporre l’affidamento della prole ad un solo genitore quando ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento condiviso sia contrario all’interesse dei figli minori. 

Si tratta di una disposizione estremamente generica, che rimette alla più ampia discrezionalità dell’autorità giudiziaria ogni valutazione e decisione in merito. 

I presupposti per la concessione dell’affidamento monogenitoriale sono stati elaborati nel tempo dalla giurisprudenza, stante la genericità del disposto normativo.

Il criterio di riferimento che deve guidare la scelta del giudice è certamente l’esclusivo interesse della prole, senza valutazioni di tipo punitivo o sanzionatorio nei confronti del genitore non affidatario. 

La giurisprudenza, ad esempio, ha negato l’affidamento dei figli minori ad un solo genitore per il fatto che quest’ultimo si fosse reso responsabile della violazione di doveri coniugali (v. ex multis Cass. Civ. 9 gennaio 2009 n. 283), oppure a fronte di una conflittualità, anche forte, tra i genitori (v. Cass. Civ. 31 marzo 2014 n. 7477), qualora la medesima non si sia tradotta in un pregiudizio allo sviluppo psicologico ed al benessere psico-fisico dei figli minori (sul punto: Cass. civ. 29 marzo 2012, n. 5108 e Cass. civ. 11 agosto 2011, n. 17191).

E’ dunque indiscutibile che, ai fini della statuizione di una forma di affidamento residuale e subordinata, occorra concentrare l’attenzione sulle eventuali inidoneità ed inadeguatezze di uno dei genitori per escluderlo dall’affidamento condiviso della prole. 

Affinché possa quindi derogarsi alla regola generale di quest’ultimo tipo di affidamento il giudice non dovrà solo giustificare, in positivo, il proprio provvedimento in ordine all’accertata idoneità del genitore affidatario esclusivo, ma dovrà soprattutto motivare, in negativo, in merito all’inadeguatezza genitoriale dell’altro e sulla non rispondenza dell’affido condiviso agli interessi della prole (come precisato in merito da Trib. Napoli, sez. I, 22 febbraio 2012, e da Cass. civ. 17 dicembre 2009, n. 26587).

E’ dunque necessario domandarsi su quali elementi probatori possa essere fondata la decisione del giudice in un ambito particolarmente delicato come quello in esame, che incide fortemente sui diritti fondamentali del genitore e del minore.

3) Il rapporto tra il giudizio penale e quello civile; la rilevanza probatoria degli elementi emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale penale. 

Con la sentenza in esame il Tribunale di Bologna fornisce una risposta al quesito sopra formulato.

Secondo il giudice felsineo, infatti, la sentenza penale di primo grado che riporta circostanze che possano far dubitare delle capacità genitoriali di una delle parti, rappresenta una prova sufficiente delle condotte riconducibili all’autore del reato, indipendentemente dal suo avvenuto passaggio in giudicato.

Il tribunale motiva tale assunto precisando che, sebbene alla sentenza penale non possa attribuirsi l’effetto vincolante di giudicato nel giudizio civile, costituisce principio generale quello secondo cui gli elementi probatori acquisiti in altro giudizio (nello specifico nel giudizio penale ex art. 572 c.p.) possono costruire materiale probatorio idoneo a fondare il libero convincimento del giudice civile, ai sensi e per gli effetti dell’art. 116 c.p.c.

Ciò avviene, continua il Tribunale di Bologna nella sentenza in commento, quando i risultati siano acquisiti nel giudizio della cui cognizione il giudice è investito e siano stati sottoposti al contraddittorio.

Ad avviso di chi scrive il Tribunale di Bologna con la propria decisione compie un passo deciso verso una interpretazione molto discrezionale della norma di cui all’art. 116 c.p.c. 

La Suprema Corte di Cassazione, infatti, ha certamente consentito al giudice civile di utilizzare, a fondamento di una propria decisione, le prove raccolte all’interno di un procedimento penale.

Vi è però una sostanziale differenza tra porre alla base di una pronuncia le prove dedotte in altro giudizio dall’utilizzare la sentenza di condanna emessa da altra Autorità giudiziaria come prova a supporto della propria decisione.

Nella sentenza in commento, infatti, il giudice non ha posto alla base della sua pronuncia il materiale probatorio raccolto nel fascicolo penale (il quale, come risulta dalla motivazione della decisione, mai è stato prodotto agli atti dalle parti), ma si è limitato alla lettura ed alla interpretazione della sentenza penale, di fatto trasformandola nella prova sulla quale basare il proprio assunto motivazionale, così trasformando in prova la valutazione del materiale probatorio fatta da altro giudice in altra sede.

Il richiamato “libero convincimento del giudice civile” dunque, non si è formato sulla base di una autonoma valutazione delle prove penali, ma sulla base di quanto stabilito da altra Autorità giudicante.

Tale modalità operativa rischia di determinare, per la parte accusata delle circostanze penali, una sorta di “giudicato di fatto” della sentenza di condanna di primo grado, la quale assume forza di prova senza appello, con il concreto rischio di violare il principio costituzionale di non colpevolezza.

Certamente sono comprensibili le ragioni di tutela della prole che hanno spinto il Tribunale di Bologna ad adottare tale decisione; dette ragioni, però, (ad avviso di chi scrive) devono necessariamente trovare il giusto bilanciamento tra la presunzione di non colpevolezza dell’imputato (garantita dall’art 27 Cost.) è la necessità di tutelare nell’immediato il minore da condotte allo stesso pregiudizievoli.

4) L’attualità della condotta contraria agli interessi del minore; affidamento esclusivo come pena accessoria della condanna penale?

Per trovare il giusto equilibrio tra il diritto del minore ad essere tutelato da comportamenti pregiudizievoli ed il diritto dell’imputato ad essere considerato innocente fino a sentenza passata in giudicato, sarebbe stato necessario, nel caso di specie, che il Tribunale bolognese avesse verificato la persistenza della condotta penalmente rilevante in capo al ricorrente, attivando strumenti quale l’indagine da parte del servizio sociale ovvero disponendo una consulenza tecnica sulle capacità genitoriali delle parti.

Non va infatti dimenticato che la decisione deve sempre essere presa allo stato degli atti, tenendo conto del quadro probatorio esistente al momento della pronuncia; tale circostanza appare ancora più importante in riferimento a decisioni su diritti fondamentali come quelli legati all’affidamento.

La residualità del regime di affidamento monogenitoriale, infatti, presuppone che detta misura si adottata esclusivamente nei casi in cui il genitore sia nella condizione, attuale, di non poter esercitare i diritti connessi alla sua genitorialità pena la mancata tutela della prole.

I fatti contestati al genitore potenzialmente non affidatario, dunque, devono riguardare condotte reiterate e ancora presenti al momento della pronuncia che dispone la misura.

Se così non fosse la disposizione inerente l’affidamento della prole potrebbe trasformarsi in una sorta di pena accessoria della condanna penale non definitiva, non tutelando il diritto del genitore (e della prole) di mantenere la possibilità di incidere sulle scelte di vita del figlio, ma punendolo per una condotta solo eventualmente commessa, che potrebbe comunque essere riferita ad un vissuto ampiamente superato dal genitore stesso.

5) riflessioni conclusive

La decisione in commento appare certamente apprezzabile nel suo tentativo di bilanciare il diritto del minore ad essere tutelato da comportamenti pregiudizievoli del genitore con il fondamentale diritto di quest’ultimo a non vedersi considerato responsabile per condotte che potrebbe non aver commesso, stante la non definitività della condanna.

Pur comprendendo dunque il ragionamento posto dal Collegio giudicante alla base della sentenza qui commentata, non si ritiene che il tribunale felsineo, nell’adottare della pronuncia, abbia effettivamente utilizzato tutti gli strumenti processuali a sua disposizione per tutelare entrambi i diritti in gioco.

Un approfondimento istruttorio nelle modalità in precedenza indicate, infatti (indagine psico sociale a cura dei servizi preposti ovvero CTU) avrebbe verosimilmente sgomberato il campo da ogni dubbio, in positivo o in negativo, rispetto all’effettività ed attualità della condotta posta in essere dal genitore dichiarato non affidatario, garantendo in tale modo un’effettiva tutela di entrambi i (fondamentali) diritti sopra richiamati.

In allegato l'articolo integrale con note


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