Diritto commerciale  -  Redazione P&D  -  04/10/2022

La ristrutturazione dei debiti del consumatore alla luce dell'entrata in vigore del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza - Teodoro Marena

SOMMARIO: 1) Considerazioni generali; 2. Requisiti soggettivi e oggettivi per poter accedere alle procedure da sovraindebitamento; 3. La Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore: Premessa.; 4. La Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore: domanda del consumatore e falcidiabilità dei crediti; 5. La Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore: l’omologazione e l’esecuzione del piano.

1) Considerazioni generali

Il Decreto Legislativo del 17 giugno 2022, n. 83, che contiene il secondo correttivo al C. C. I. I. di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il primo luglio 2002 (Numero 152), non presenta rilevanti novità al C. C. I. I. relativamente al sovraindebitamento, già modificato anticipatamente a dicembre del 2020, ma, piuttosto si caratterizza principalmente, per: a) l’allineamento alla direttiva Insolvency 2019/1023, modificata; b) il cambiamento dei sistemi di allerta; c) l’inattuazione della composizione assistita della crisi e la cancellazione delle O.C.R.I.; d) la trasposizione della disciplina della cd. composizione negoziata della crisi d’impresa, dal D. L. n. 118/2021, conv. con mod. nella L. n. 147/2021, all’interno degli artt. 12 e seguenti del C.C.I.I.

La formulazione della L. n. 3/2012 (Legge salva suicidi) è stata novellata dalla L. 176 del 18.12.2020, la quale ha comportato un’accelerazione, in periodo di emergenza derivante dalla pandemia Covid-19, l’introduzione delle riforme apportate dal C.C.I.I. in merito alle procedure da sovraindebitamento.

La composizione della crisi da sovraindebitamento, pertanto, rappresenta uno strumento nato per agevolare il debitore civile e/o soggetto non fallibile a comporre la propria situazione di indebitamento ed esdebitazione, per i debiti inesigibili, con i creditori, al pari del soggetto fallibile, in modo da evitare esecuzioni individuali e il ricorso a forme di usura ed estorsione, riconoscendo al debitore una seconda possibilità per una nuova ripartenza grazie all’esdebitazione dei debiti che non verranno soddisfatti.

La L. 3/12 dà una definizione dello stato di sovraindebitamento come “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente” (L. 3/2012 come modif. da D. L. 18 ottobre 2012, n. 179)

Nel nuovo codice della crisi, l’art. 2, lett. c), definisce il sovraindebitamento come “lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o al altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza”.

Lo stesso Codice della Crisi dà una definizione sia di crisi sia di insolvenza. Più precisamente, la lett. a) dell’art. 2, definisce la crisi come “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”; inoltre, in tema di stato di insolvenza, la lett. b) del citato art. 2, testualmente recita “lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

Per quanto riguarda le tipologie di procedure applicabili in caso di sovraindebitamento, la previgente novella ex L. 3/2012 prevedeva quattro diverse tipologie, e precisamente: a) l’accordo di composizione della crisi o accordo di ristrutturazione dei debiti; b) il piano del consumatore; c) la liquidazione del patrimonio; d) l'esdebitazione del debitore incapiente e meritevole.

A questi percorsi si aggiunge la possibilità di porre in essere un’unica procedura di tipo familiare (disciplinata e rimasta inalterata all’art. 66 del nuovo CCII) in caso di indebitamento che coinvolge l’intero nucleo familiare e/o alcuni componenti di essi - per tali intendendosi, oltre al coniuge, i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76 - se il debito ha origine comune, come ad esempio nel caso di mutui cointestati, di fideiussioni o di altri rapporti di garanzia. 

Pertanto, ferma la necessità che i familiari siano conviventi e il sovraindebitamento abbia un’origine comune, si concretizza una procedura più snella e semplificata, concedendo la possibilità, ai membri dello stesso nucleo familiare, sia di presentare un unico progetto di risoluzione del proprio dissesto, sia di prevedere strumenti di coordinamento tra le molteplici e separate richieste dei risoluzione della crisi da sovraindebitamento presentate da ciascun membro, che verranno, comunque, individuate nelle distinte poste passive e attive e sottoposte al vaglio di un unico giudice.

Con l’introduzione del Nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, modificato dal Decreto Legislativo 17 giugno 2022, n. 83 – in attuazione della direttiva UE 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione e che modifica la direttiva UE 2017/1132 – il sovraindebitamento si articola ugualmente in quattro procedure, ma con parziali modifiche lessicali e procedurali.

Più precisamente, con l’entrata in vigore del Codice della Crisi di impresa, siamo in presenza di quattro procedure, e precisamente: a) la ristrutturazione dei debiti del consumatore, attivabile su istanza di parte, disciplinata al capo II del Titolo IV (articoli da 67 a 73), che a partire dal 15 luglio 2022 sostituirà il piano del consumatore di cui agli articoli da 12bis a 14bis L. 3/2012; b) il concordato minore, attivabile su istanza di parte, disciplinato al capo II del Titolo IV (dagli articoli 74 a 83 CCII), che a partire dal 15 luglio 2022 sostituirà l’accordo di composizione della crisi disciplinato dagli articoli 10 a 12 L. 3/2012; c) la liquidazione controllata del sovraindebitato, attivabile su istanza del debitore, del creditore o del PM se trattasi di imprese, disciplinata al capo IX del Titolo V (dagli articoli 268 a 277 CCII) ed è volta a sostituire la liquidazione dei beni prevista dagli articoli 14ter a 14quaterdecies della L. 3/2012; d) esdebitazione del sovraindebitato e del debitore incapiente, disciplinato al capo X del Titolo V alla sezione II (dagli articoli 282 a 283 CCII).

2. Requisiti soggettivi ed oggettivi per poter accedere alle procedure da sovraindebitamento

Sono ammessi alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento:

  • Imprese commerciali non fallibili;
  • Imprese agricole;
  • Startup innovative (non oltre 4 anni dalla costituzione);
  • Imprenditori/imprenditrici commerciali fallibili cancellati/e dal registro delle imprese da oltre un anno;
  • Consumatori/consumatrici;
  • Artigiani;
  • Soci illimitatamente responsabili di società di persone;
  • Fideiussori;
  • Professionisti/e, artisti/e o lavoratori/lavoratrici autonomi/e;
  • Società tra professionisti, associazioni professionali o studi professionali associati;
  • Associazioni.

Il soggetto/impresa che presenti ricorso per accedere al procedimento ex L. 3/2012 deve dimostrare la non fallibilità e quindi il possesso congiunto dei seguenti requisiti:

  1. Un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
  2. Ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
  3. Un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila; i predetti valori possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia adottato a norma dell’articolo 348.

Qualora anche solo uno dei sopra riportati parametri venisse superato, il debitore è considerato sopra soglia e, pertanto fallibile. Pertanto, il sovraindebitato per essere ammesso ad una delle procedure previste dalla disciplina in esame, in primo luogo, non deve essere assoggettabile ad altre procedure concorsuali rispetto a quelle regolate dalla legge.

3. La Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore: Premessa.

Come già illustrato, la ristrutturazione dei debiti del consumatore, attivabile su istanza di parte, è disciplinata al capo II del Titolo IV (articoli da 67 a 73), che a partire dal 15 luglio 2022 sostituirà il piano del consumatore di cui agli articoli da 12bis a 14bis L. 3/2012.

Rimane una procedura su base volontaria; non è sottoposta al voto dei creditori (come nel concordato minore), ma questi potranno presentare le osservazioni del caso sulla convenienza economica del progetto – la cui valutazione è rimessa al Tribunale – o fare reclamo in caso di omologa.  

La domanda di accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore è proposta con ricorso da presentare presso il tribunale, in composizione monocratica, competente (tenendo conto del luogo di residenza del richiedente), con la specificazione, desumibile dall’art. 68 del CCII, secondo cui non è necessario l’assistenza tecnica di un difensore.

Potrà accedervi, esclusivamente, il “consumatore”, definito dalla lett. e) dell’art. 2 CCII come la “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali”. Pertanto, il creditore che intenda promuovere una procedura concorsuale contro un consumatore non ha altra possibilità se non quella di chiedere l’apertura della liquidazione controllata, come si dirà meglio infra. In tale ultimo caso, alla luce del disposto di cui all’articolo 271 CCII, il consumatore può ancora proporre la procedura di ristrutturazione ed il Giudice non potrà dichiarare aperta la procedura di liquidazione controllata prima di aver esaminato la domanda di ristrutturazione, in base al principio di preferenza per le procedure di composizione concordate della crisi o dell’insolvenza di cui all’art. 7, comma 2, CCII.

Certamente innovativo, al fine di limitare i ricorsi cd. seriali ai percorsi di sovraindebitamento, è quanto disposto dall’art. 69, comma 1, del Codice in punto di condizioni soggettive ostative all’accesso alla procedura di ristrutturazione dei debiti, ossia che “il consumatore non può accedere alla procedura disciplinata in questa sezione se è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte, ovvero ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode”. Quanto alla prima condizione soggettiva ostativa, la disciplina previgente prevedeva, infatti, all’articolo 7, comma 2, lett. b), L. 27 gennaio 2012, n. 3 che la proposta non fosse ammissibile quando il consumatore avesse “fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al presente capo”. Quanto alla seconda e terza condizione ostativa, le stesse sono di nuova introduzione, nonché in vigore a far data dal 25 dicembre 2020 a fronte dell’intervento dell’articolo 4-ter, comma 1, lett. b), D. L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 sull’articolo 7.

La riforma ha, quindi, posto fine alle incertezze interpretative circa la connotazione della colpevolezza dell’inadempimento del consumatore, idonea ad escludere le condizioni per l’omologazione del piano: non può accedere alla procedura in esame il consumatore che abbia determinato la propria situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.

Da un lato, dunque, il requisito della meritevolezza permane e, ove il Giudice ritenga che il consumatore sia in colpa grave, non vi sarà alternativa alla liquidazione dei beni di quest’ultimo. Inoltre, sulla base di quanto previsto dall’articolo 282, comma 2, CCII, in tal caso alla soluzione liquidatoria si accompagna l’esclusione del beneficio dell’esdebitazione.

4. La Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore: domanda del consumatore e falcidiabilità dei crediti.

Nel caso in cui il consumatore decida di fare ricorso alla procedura di ristrutturazione dei debiti deve depositare dinanzi al Tribunale, con l’ausilio del professionista dell’OCC, la domanda corredata dalla relazione di quest’ultimo e dalla documentazione prevista dall’articolo 67 CCII.

Più precisamente, l’articolo 67, comma 1, CCII prevede che il “consumatore sovraindebitato, con l’ausilio dell’OCC, può proporre ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti che indichi in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento. La proposta ha contenuto libero e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale e differenziato, dei crediti in qualsiasi forma”.

L’articolo 68 del Codice prevede, con una formulazione innovativa, che “la domanda deve essere presentata al giudice tramite un OCC costituito nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’art. 27, comma 2. Se nel circondario del tribunale competente non vi è un OCC, i compiti e le funzioni allo stesso attribuiti sono svolti da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 358 nominati dal presidente del tribunale competente o da un giudice da lui delegato e individuati, ove possibile, tra gli iscritti all’albo dei gestori della crisi di cui al decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202” e che “non è necessaria l’assistenza di un difensore”.

A differenza della L. 3/2012, nel nuovo codice, il giudice con il decreto di omologazione, su istanza del debitore, può disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano. Il giudice, su istanza del debitore, può altresì disporre il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore nonché le altre misure idonee a conservare l’integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento, compreso il divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati.

Le misure protettive sono, però, revocabili, su istanza dei creditori, o anche d’ufficio, in caso di atti in frode. Il giudice, salvo che l’istanza di revoca non sia palesemente inammissibile o manifestamente infondata, sente le parti, anche mediante scambio di memorie scritte e provvede con decreto. Una volta che l’OCC abbia riferito al tribunale, tale autorità provvede a fissare l’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e dell’OCC. A tale udienza, verificata l’ammissibilità giuridica e la fattibilità economica del piano e risolte le osservazioni, il tribunale omologa il piano e dichiara chiusa la procedura. 

Una rilevante novità è rappresentata dal fatto che, come previsto dall’articolo 67, comma 3, CCII “la proposta può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno, salvo quanto previsto dal comma 4”. In questo caso la riforma ha posto fine alle incertezze interpretative della L. n. 3 del 2012, oscillanti tra l’infalcidiabilità (a fronte dell’avvenuto trasferimento con la cessione della titolarità delle quote in capo al cessionario) ovvero la facidiabilità (trattandosi di contratto che contempla una cessione del credito futuro, avente effetti meramente obbligatori) ovvero anche l’opponibilità per tre anni a far data dall’omologa della posizione creditoria assistita dalla cessione del quinto.

Peraltro, la Corte Costituzionale, con pronuncia del 10 marzo 2022, n. 65 ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 8, comma 1-bis L. n. 3/2012, nella parte in cui non stabilisce che il piano del consumatore possa prevedere, alle medesime condizioni, anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti per i quali il creditore abbia già ottenuto ordinanza di assegnazione di quota parte dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione. Secondo la Corte Costituzionale è la stessa ratio dell’articolo 8, comma 1-bis, L. n. 3/2012 ad attrarre, in via ermeneutica, nel contenuto della norma, qualunque debito per il quale la modalità solutoria o la garanzia di adempimento siano state affidate alla cessione pro solvendo del credito, ivi inclusa l’ipotesi nella quale la cessione del credito sia derivata da un provvedimento giudiziale anziché da un atto di autonomia privata.

Altra novità rilevante attiene all’obbligo per il professionista dell’OCC, previsto dall’articolo 68, comma 3, CCII, di indicare nella propria relazione “anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita. A tal fine si ritiene idonea una quantificazione non inferiore all’ammontare dell’assegno sociale moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159”.

Un’ulteriore novità è rappresentata dalla previsione contenuta nell’articolo 68, comma 4, CCII, per cui “l’OCC, entro sette giorni dall’avvenuto conferimento dell’incarico da parte del debitore, ne dà notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio dell’istante, i quali entro quindici giorni debbono comunicare il credito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti”.

5. La Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore: l’omologazione e l’esecuzione del piano.

L’omologazione è disposta con sentenza e non più con decreto, con la quale viene altresì chiusa la procedura; il provvedimento è comunicato ai creditori, pubblicato entro quarantotto ore sul sito web del tribunale o del Ministero della giustizia ed è impugnabile ai sensi dell’art. 51 del CCII. Nell’ipotesi in cui, invece, il tribunale neghi l’omologazione, provvederà con decreto motivato dichiarando contestualmente l’inefficacia delle misure protettive accordate.

È previsto che in tal caso, su istanza del debitore – ossia pure di un creditore o del pubblico ministero, in caso di riscontro di atti in frode - , verificata la sussistenza dei presupposti di legge, dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato.

In merito alla fase relativa all’esecuzione del piano omologato all’esito della ristrutturazione dei debiti del consumatore, l’art. 71 del CCII affida direttamente al debitore il compimento di ogni atto necessario a darvi attuazione; l’OCC, in tale fase, è incaricato di monitorare l’operato del debitore e di risolvere le eventuali difficoltà che abbiano a insorgere, sottoponendole al giudice laddove necessario. Ogni sei mesi, inoltre, l’OCC è tenuto a riferire al giudice per iscritto sullo stato dell’esecuzione. Terminata la fase dell’esecuzione, l’OCC, sentito il debitore, presenterà al giudice il rendiconto. In caso di approvazione, il tribunale procederà alla liquidazione del compenso dell’OCC e ne autorizzerà il pagamento. In caso di mancata approvazione del rendiconto, il tribunale indica gli atti necessari per l’esecuzione del piano e un termine per il loro compimento. Laddove tali prescrizioni non siano adempiute nel termine assegnato, il giudice procederà a revocare l’omologazione ai sensi del successivo art. 72.

Va poi detto che, in caso di comportamenti scorretti e/o di fase patologica dell’esecuzione del piano, si procederà per la revoca dell’omologazione, che potrà essere disposta d’ufficio dal giudice o su istanza di un creditore, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato, in contraddittorio con il debitore, con sentenza reclamabile ex art. 50 CCII, quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti o se risultano commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

Infine, per la ristrutturazione dei debiti del consumatore, l’esdebitazione, intesa come cessazione dell’obbligo del debitore di adempiere alle obbligazioni non soddisfatte, opera di diritto e può legittimamente conseguire, anche all’omologazione de piano del consumatore o dell’accordo del debitore ancorché tale effetto possa considerarsi definitivo solo a seguito del completo rispetto degli impegni assunti nel progetto. Quindi, in questo caso, l’esdebitazione è una conseguenza del provvedimento di omologa; quindi, è un effetto automatico dell’accesso alla procedura concorsuale.

 In allegato il saggio integrale con note


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