Diritto commerciale  -  Adolfo Tencati  -  10/04/2024

Partecipazioni societarie e procedure concorsuali

Sommario:1. Partecipazioni societarie e poteri dell’assemblea – 1.1. Partecipazioni comportanti responsabilità limitata – 1.2. Partecipazioni comportanti responsabilità illimitata – 1.3. La Srl socia illimitatamente responsabile – 2. Conseguenze di natura concorsuale – Bibliografia

Con l’ordinanza 204/2024 la S.C. considera le varie relazioni intercorrenti tra le società, vedendo in esse il presupposto per le considerazioni di natura concorsuale.

1. Partecipazioni societarie e poteri dell’assemblea

1.1. Partecipazioni comportanti responsabilità limitata

Accanto all’amministrazione di fatto ed alla direzione e coordinamento di società, regolate dagli artt. 2497 – 2497-septies c.c., rileva la relazione tra società disciplinata dall’art. 2361, 1º co., c.c. L’attuale stesura della norma supera S. U.5636/1988, pur mantenendo intatta la ratio sottostante all’originaria versione della norma. 

Infatti, prescindendo dal contenuto dell’art. 2361, 1º co., c.c. pro tempore vigente, 

“il limite ivi espresso [è] rivolto ad evitare modificazioni tacite e informali dell'oggetto sociale”.

(Cass. S. U. 5636/1988, Riv. Dir. Comm., 1989, II, 195; Borgioli 1989).

Anche se il legislatore nulla dice, quando l’assunzione di partecipazione in altre imprese modifica in maniera sostanziale l’oggetto della società partecipante occorre l’intervento dell’assemblea straordinaria per modificare lo statuto inserendovi la nuova attività. (Più ampio esame in Abbadessa, Mirone 2010). Peraltro, 

“l'imprenditorialità della holding non deriva dal fatto che essa svolge l'attività di partecipazione e di coordinamento tecnico finanziario, in sè e per sè considerata, ma deriva dalla specifica attività di produzione e di scambio che formano oggetto delle società operanti ed il cui esercizio, in forma indiretta tramite la direzione ed il coordinamento ed a mezzo della partecipazione di controllo, è attuabile dalla capogruppo. [Sicché] la conversione di una società operativa in società holding non è colpita dal divieto ex art. 2361, 1º co., c.c.”. 

(Cass. 1439/1990, Giur. Comm., 1991, II, 366; Rondinone 1991; Galgano 2002).

Ciò qualora “l'attività economica delle società partecipate sia identica a quella originaria della società partecipante, in quanto l'operazione non comporta un cambiamento dell'oggetto sociale”. (Galgano 2002).

Se gli amministratori violano il divieto ex art. 2361, 1º co., c.c. sono responsabili verso la società, ma l’atto con cui la partecipazione è acquistata impegna la società stessa, salva la difficile dimostrazione che la controparte ha intenzionalmente agito a suo danno (Bruno, Nocera 2016 (2024).

1.2. Partecipazioni comportanti responsabilità illimitata

L’art. 2361, 2º co., c.c. è una novità introdotta dalla riforma societaria. (Bruno, Nocera 2016 (2024).

Le formalità previste dalla norma sono completate da quelle ex art. 111-duodecies disp. att. c.c. 

Le maggiori questioni interpretative sollevate dalle suddette norme riguardano la delibera dell’assemblea ordinaria ex art. 2361, 2º co., c.c., che la giurisprudenza prevalente ricordata da Cass. 204/2024 considera una semplice autorizzazione. Entra quindi in campo la casistica descritta dall’art. 2364,1º co., n. 5), c.c. sicché “l'ultima parola spetterebbe comunque agli amministratori, ai quali la legge riserva in via esclusiva la gestione dell'impresa”: artt. 2380-bis, 1º co., 2455 e 2475, 1º co., c.c. (Irrera 2016).

Di conseguenza, gli amministratori della società partecipante “sarebbero gli unici soggetti competenti a valutare l'opportunità di acquisire le partecipazioni in società i cui soci siano illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali”. (Irrera 2016). La violazione degli obblighi formali precedentemente indicati determinerebbe, sempre in quest’ottica, soltanto la responsabilità degli amministratori verso la società ed i suoi creditori.

La mancanza dell’autorizzazione assembleare ad acquisire la partecipazione, inoltre, non sarebbe opponibile ai terzi ex art. 2384, 2º co., c.c.: la società, quindi, non sarebbe obbligata solo opponendo con successo alla controparte l’eccezione di dolo [azioni intenzionalmente a danno della società stessa]. (Irrera 2016).

Peraltro, si aderisce all’idea per cui

“la mancata formalizzazione della partecipazione, attraverso l'assunzione della necessaria delibera assembleare, sia tale da inibire la venuta ad esistenza del legame societario. 

L'espressa previsione di cui all'art. 2361, secondo comma, c.c. [è infatti tale] da prevedere un limite legale ai poteri degli amministratori, atto a presidiare gli interessi collettivi dei soci e dei creditori alla trasparenza delle partecipazioni di società di capitali in società di persone. [Si costituisce], in capo all'assemblea dei soci, una competenza funzionale, rispetto alla quale non opera il disposto di cui all'art. 2384 c.c., posto appunto che non si tratta di una limitazione convenzionale al generale potere di gestione degli amministratori (come tale non opponibile ai terzi) bensì di una previsione legale incidente sulla stessa distribuzione di competenze esclusive tra i vari organi della società”.

(Trib. Bergamo 19/3/2015, www.ilcaso.it, 2015; Irrera 2016).

Il giudice di Bergamo aderisce implicitamente alla teoria degli “interessi primordiali” dei soci. (Portale, De Luca 2019). Essendo la gradazione del rischio d’impresa un elemento fondamentale della società, in altre parole, il legislatore lo sottrae alla competenza gestionale esclusiva degli amministratori per rimetterlo all’organo sovrano. Ciò perché l’assunzione di partecipazioni in società, comportanti la responsabilità patrimoniale illimitata per le obbligazioni di queste ultime, rappresenta “una deviazione rispetto al normale e fisiologico esercizio dell'attività costituente l'oggetto sociale attraverso lo schema tipico delle società di capitali”. (Galgano 2012; Trib. Bergamo 19/3/2015, www.ilcaso.it, 2015).

1.3. La Srl socia illimitatamente responsabile

Nell’ordinamento delle Srl non esistono disposizioni sovrapponibili all’art. 2361, 2º co., c.c. (Cagnasso 2016). Sorge quindi un dibattito che vede la dottrina schierata in senso favorevole all’applicazione analogica del suddetto art. 2361, 2º co. alle Srl. (Cagnasso 2014; Cagnasso 2016).

Invece la giurisprudenza — seppure con qualche importante eccezione (App. Torino 30/1/2007, Giur. It., 2007, 2220; altre citazioni in Cottino 2007) —sostiene:

“la partecipazione di una società a responsabilità limitata in una società di persone […] non esige il rispetto dell'art. 2361 c.c., comma 2, dettato per la società per azioni, e costituisce un atto gestorio proprio dell'organo amministrativo, il quale non richiede — almeno allorché l'assunzione della partecipazione non comporti un significativo mutamento dell'oggetto sociale […] — la previa decisione autorizzativa dei soci, ai sensi dell'art. 2479 c.c., comma 2, n. 5), c.c.”. 

(Cass. 1095/2016, Giur. It., 2016, 1138).

Concordano: Trib. Bergamo 19/3/2015, www.ilcaso.it, 2015; Cass. 5458 /2023, www.dirittobancario.it, 2023; Cass. 204/2024, www.adolfotencati.net, 2024.

L’insegnamento giurisprudenziale si fonda:

  • sul “carattere personalistico” della Srl;
  • sull’autonomia che la riforma societaria stabilisce tra le norme sulle società azionarie e sulle Srl;
  • sul fatto che l’aggravamento del rischio d’impresa, derivante dal partecipare ad una società con responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, “riguarda la società e non i soci”. (Questi sono gli argomenti addotti dalla giurisprudenza sopra richiamata).

Nessun argomento è irresistibile. Innanzitutto, il carattere personalistico della Srl non è un suo dato strutturale. L’applicazione delle regole sul governo delle società di persone, infatti, è una semplice facoltà: art. 2475, 3º co., 2ª frase, c.c. 

Il solco tra le norme sulle Srl e sulle S.p.A., particolarmente accentuato quando la riforma societaria è stata scritta, è oggi notevolmente ridotto anche grazie all’entrata in vigore del CCI. (Cagnasso 2016, che ovviamente si riferiva ai progetti poi tradottisi nel CCI).

Infine, esistono principi di corporate governance comuni alle S.p.A. ed alle Srl. Tra questi rientra la necessità che le modificazioni peggiorative del rischio di impresa siano deliberate dai soci: art. 2479, 2º co., n. 5), c.c., che oltretutto non contiene un elenco tassativo delle materie sottratte alla competenza gestionale esclusiva degli amministratori. (Cagnasso 2016).

Le critiche all’insegnamento giurisprudenziale sono qui condivise, in quanto fondate su dati sistematici e sull’evoluzione normativa, sperando che la giurisprudenza le accolga.

2.Conseguenze di natura concorsuale

L’aggravamento del rischio d’impresa, cui precedentemente si accennava, consiste nell’approdo cui giungono Cass. 204/2024 e la giurisprudenza ivi richiamata. 

Infatti, i giudici, mancando l’autorizzazione assembleare all’acquisto della partecipazione comportante responsabilità patrimoniale illimitata, sottopongono alla liquidazione giudiziale [= fallimento]:

  • innanzitutto, la società di persone dichiarata insolvente; 
  • in estensione. Accertata l’esistenza della supersocietà di fatto tra la società di persone soggetta alla procedura concorsuale ed i propri soci illimitatamente responsabili a struttura societaria, la società di capitali partecipante è coinvolta nella procedura stessa in base all’art. 147, 4º e 5º co., l. fall.  o 256, 4º e 5º co., CCI. In ogni caso i creditori della società di capitali partecipante, compresi i propri soci in quanto creditori di ultima istanza, “correranno il rischio non solo che la società debitrice fallisca, ma anche che subisca gli effetti del fallimento della società di fatto a cui abbia preso parte”. (Cagnasso 2016).

La giurisprudenza si fonda sull’art. 147, 4º e 5º co., l. fall., che peraltro menziona il solo imprenditore individuale.

Peraltro, la questione di incostituzionalità per contrasto delle suddette disposizioni con il principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. è stata respinta perché l’interpretazione costituzionalmente orientata porta a considerare anche le società. (Corte cost. 255/2017, www.cortecostituzionale.it, 2017).

Il ragionamento svolto dai giudici costituzionali appartiene in parte alla storia, stanti le disposizioni transitorie dettate dall’art. 390 CCI.

Considerando quindi soltanto l’art. 256, 4º e 5º co., CCI, applicabile alle procedure aperte dopo l’entrata in vigore del CCI, occorre 

“il riscontro di una autonoma e affatto propria insolvenza della supersocietà anche eventualmente muovendo — quale fatto indiziante — dalla rilevazione dell'insolvenza di uno o più soci. [Tuttavia, non è consentita] alcuna automatica traslazione ovvero dogmatico esaurimento in esse della prova [dello stato di insolvenza della Srl socia illimitatamente responsabile]”. 

(Cass. 12120/2016, Fisco, 2016,27, 2698; Ciirota 2022).

Le osservazioni svolte dalla giurisprudenza sono ovviamente inutili sostenendo che l’art. 2361, 2º co., c.c. non si applica alle Srl in quanto scritto per le sole società azionarie.


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