-  Tencati Adolfo  -  04/07/2016

Responsabilità omissiva del professionista - Cass. 13007/2016 - Adolfo Tencati

Il professionista (nella specie dottore commercialista) è responsabile verso il cliente se non gli prospetta i rimedi proponibili avverso una pronuncia giudiziale sfavorevole. Non rileva l"impossibilità, per il professionista stesso, di porre in atto la soluzione che avrebbe dovuto proporre.

 

Sommario: 1. Perdita di chance e causalità – 2. Omissione del professionista e rapporto causale – 3. Calcolo del danno risarcibile – Bibliografia

 

1. Perdita di chance e causalità

La mancata informazione del cliente sui mezzi di impugnazione esperibili (e più genericamente sul comportamento da tenere) gli ha fatto perdere la possibilità di tutelare adeguatamente le proprie ragioni. Viene così all"attenzione il dibattuto problema della responsabilità per perdita di chance (i campi dove la perdita di chance è stata maggiormente analizzata sono quelli del lavoro: Minolfi 2014; della medicina: Norelli 2015; dei pubblici appalti: si veda infra).

Prima di stabilire se questa è risarcibile occorre però definire la chance.

A tal fine è prezioso un recente intervento del giudice amministrativo lombardo. A suo avviso, il danno da perdita di chance ha un ambito di applicazione del tutto distinto rispetto al nocumento cagionato all"aspettativa di risultato favorevole. Si tratta, invero, di figura elaborata al fine di "traslare" sul versante delle situazioni soggettive (quindi del danno ingiusto) un problema di causalità incerta: quello cioè delle fattispecie in cui non sia affatto possibile accertare, già in astratto ed in termini oggettivi, se un determinato esito vantaggioso si sarebbe o meno verificato senza l"ingerenza illecita del danneggiante. Per superare l"impasse (l"insuperabile deficienza cognitiva del processo eziologico), ecco come il sacrificio della possibilità di conseguire il risultato finale viene fatto assurgere a bene autonomo. Quando, invece, non sussiste alcuna incertezza empirica perché la verificazione dell"evento finale può essere empiricamente riscontrata, non ricorrono i presupposti (e finanche la necessità) per l"operatività della chance. Ragionando diversamente, la chance finirebbe per essere invocata in termini di mera semplificazione probatoria, ovvero come frazione probabilistica (che nella vera chance potrebbe rappresentare soltanto un criterio estimativo) di un risultato finale di cui (poteva essere fornita, ma) è mancata la prova (TAR 105 Lombardia 30 luglio 2014, n. 2152, UA, 2015,225, commentato da Masera 2015).

La rilevanza della condotta del cliente complica il ragionamento. Anche se il professionista gli avesse consigliato il comportamento da tenere, la sua effettiva realizzazione dipende dalla libera scelta del cliente stesso.

Questa dunque interrompe il nesso causale tra la mancata informazione e la perdita di chance . La scelta di non dar seguito al consiglio del professionista, infatti, è "causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l"evento", come dice l"art. 41, 2º co., c.p..

Tale circostanza rende ulteriormente interessante Cass. 13007/2016, la cui analisi deve ora proseguire immaginando la permanenza del nesso causale.

Le fattispecie giunte all"esame della giurisprudenza hanno prevalentemente riguardato:

  1. la non interruzione della prescrizione da parte dell"avvocato (Trib. Napoli 10 gennaio 2006, AGCSS, 2006, 399);

  2. la mancata proposizione dell"appello, sempre da parte dell"avvocato: peraltro, quand"anche il cliente abbia effettivamente incaricato il suo legale di proporre appello, la mancata interposizione dell"impugnazione non può di per sé generare responsabilità a carico del difensore, occorrendo dimostrare che l"appello, qualora azionato, avrebbe avuto serie probabilità di accoglimento (Trib. Milano 25 marzo 1996, RCP, 1997, 1170, commentata da De Fazio 1996);

  3. l"omessa presentazione di ricorsi tributari da parte del dottore commercialista. Ponendosi nella stessa linea ideale seguita dal Tribunale di Milano riguardo all"avvocato, la S.C. (Cass. 26 aprile 2010, n. 9917, RCP, 2010, 2505, commentata da Musolino 2010a)osserva: "anche nel caso di conferimento di incarico per la presentazione del ricorso alla Commissione tributaria (…) ai fini dell"accoglimento della richiesta di risarcimento sarebbe stato necessario dimostrare i vizi dell"accertamento fiscale e le connesse probabilità di successo del ricorso".

Queste ipotesi, ancorché importanti, si discostano dalla casistica ex Cass. 13007/2016, stante quanto sopra rilevato in ordine al comportamento del cliente come elemento interruttivo del nesso causale.

Trascurando la condotta del cliente, qui si analizza il possibile obbligo risarcitorio del professionista, anche perché questa è la prospettiva adottata da Cass. 13007/2016.


2. Omissione del professionista e rapporto causale

Una significativa pronuncia dei supremi giudici impone al cliente la prova non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dall"insufficiente o inadeguata attività del professionista. Pertanto – poiché l"art. 1223 c.c. postula la dimostrazione dell"esistenza concreta di un danno, consistente in una diminuzione patrimoniale – la responsabilità dell"avvocato per la mancata comunicazione al cliente dell"avvenuto deposito di una pronuncia sfavorevole – con conseguente preclusione della possibilità di proporre impugnazione – può essere affermata solo se il cliente dimostri che l"impugnazione, ove proposta, avrebbe avuto concrete possibilità di essere accolta (Cass. 27 maggio 2009, n. 12354,RCP, 2010, 2049, commentata da Azzalini 2009; Musolino 2010).

Si entra così nell"analisi della "causalità omissiva, ipotetica e normativa". In altri termini, il cliente deve  dimostrare:

  1. la derivazione del danno dalla mancata informazione del cliente, oppure dall"inosservanza degli obblighi positivi di comportamento ("causalità omissiva");

  2. la possibilità di  esito favorevole se quegli obblighi fossero stati diligentemente osservati ("causalità ipotetica"). La valutazione della diligenza prende avvio dalla considerazione per cui "la responsabilità professionale dell"avvocato" – ma anche del dottore commercialista, come nel caso giudicato da Cass. 13007/2016 –, "configura un"obbligazione di mezzi e non di risultato". Il professionista è pertanto responsabile quando ha violato il "dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, quello della diligenza professionale media esigibile, ai sensi dell"art. 1176, 2º co., c.c., da commisurare alla natura dell"attività esercitata". Pertanto "la responsabilità del legale non potrebbe affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell"attività professionale, ma è necessaria la verifica se l"evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla sua condotta professionale, se un danno vi sia stato effettivamente e, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone" (Cass. 22 luglio 2014, n. 16690, DResp, 2015, 577, commentata da Daini 2015). Bisogna aggiungere l"applicabilità dell"art. 2236 c.c. quando l"esecuzione dell"incarico professionale porta a risolvere "problemi tecnici di speciale difficoltà".

Il giusto argomentare di Cass. 16690/2014 diventa operativo grazie a criteri (e talora modelli matematici) tali da consentire una generalizzazione sul nesso di condizionamento omissione-evento, nel senso che se l'azione doverosa fosse intervenuta l'evento di danno si sarebbe evitato, e, quindi, essendosi verificato, può essere oggettivamente imputato (causalità normativa) alla condotta omissiva, che così viene a costituire l'antecedente necessario dell'evento (Amendolagine 2012, dove l"autore ripete quasi letteralmente le osservazioni di Musolino 2010).

Occorre dunque sviluppare il "ragionamento controfattuale". Sostituendo mentalmente l"attività doverosa a quella omessa, il risultato favorevole al cliente sarebbe stato raggiunto?

La risposta passa attraverso il richiamo a quanto altrove scritto nella ricerca sulla perdita di chance. La relativa voce di danno può infatti essere riconosciuta dimostrando, "da parte del creditore, (…) una probabilità di successo (…) almeno pari al 50%" (Cons. St. 30 luglio 2015, n. 3249, FI, 2015, III, 440, commentata da Giani 2015; Trimarchi Banfi 2015).

Tra le fattispecie dove il "ragionamento controfattuale" porta a concludere per il risultato favorevole ove il professionista si fosse comportato correttamente rientra quella giudicata da Cass. 5 giugno 1996, n. 5264 (DResp, 1996, 581, sulla quale cfr. Brunetti 1996).

Il dottore commercialista, non proponendo un ricorso alla Commissione tributaria, impedisce al cliente l"accesso "alla continuazione" tra le violazioni amministrative fiscali ed al condono, poi disciplinato dal Titolo VI della l. 30 dicembre 1991, n. 413.

Peraltro nella maggior parte dei casi non ci sono criteri sicuri per stabilire che il diverso comportamento del professionista (suggerimento di rivolgersi ad un avvocato abilitato a patrocinare dinanzi alle giurisdizioni superiori nel caso deciso da Cass. 13007/2016) avrebbe sortito esito favorevole per il cliente.


3. Calcolo del danno risarcibile

Venendo infine alla quantificazione dell"ipotetico danno, questo è direttamente proporzionale alle probabilità di successo dell"attività non consigliata. Se la probabilità si avvicina alla certezza, il risarcimento sarà notevole. Quando, invece, la probabilità dell"esito favorevole per il cliente diminuisce (od addirittura tende a 0), il risarcimento è proporzionalmente ridotto. Ciò perché, in tema di risarcimento del danno per inadempimento derivante da colpa del debitore, la prevedibilità del danno ponendosi nel paradigma dell'art. 1225 c.c., come autonomo requisito di determinazione del danno risarcibile, funge altresì come importante limite che incontra l'obbligo di risarcimento, sulla cui scorta va quindi precisato che il giudice non può prescindere dall'esame delle circostanze che possano avere una significativa incidenza, sotto il profilo innanzi considerato della prevedibilità del danno, sulla determinazione dell'anzidetta obbligazione risarcitoria, che dovranno essere addotte e provate dal creditore della prestazione professionale (Amendolagine 2012).

Distribuendo quindi l"onere probatorio:

  1. il cliente, sostenendo l"inadempimento al contratto d"opera intellettuale ritiene applicabile d"opera intellettuale, ritiene applicabile la presunzione di, di responsabilità ex art. 1218 c.c.;

  2. il professionista, anziché dimostrare la non imputabilità dell"inadempimento (come ancora prevede l"art. 1218 c.c.) replica che la sua condotta è improntata ai criteri di diligenza, prudenza e perizia indicati dall"art. 1176, 2º co., c.c. Infatti questa è "norma sull"adempimento, non sull"inadempimento". Pertanto la prova del comportamento diligente del professionista vince la presunzione di responsabilità a carico del debitore inadempiente (art. 1218 c.c.: quasi testualmente Amendolagine 2012, nota 30, ove citazioni).

Non si nascondono le difficoltà di arrivare all"effettivo risarcimento del danno da mancata consulenza professionale, ma queste difficoltà sono la logica conseguenza del carattere probabilistico è fattuale degli apprezzamenti affidati alla valutazione equitativa del giudice.


 

Bibliografia

Amendolagine V., 2012 La responsabilità del commercialista nei confronti del cliente esige la prova del rapporto e del danno, in GM, 1306.

Azzalini M., 2009 Responsabilità professionale dell"avvocato e risarcimento del danno: riflessioni su un curioso caso d"omessa informazione al cliente, in RCP, 2051.

Brunetti E., 1996 Responsabilità del commercialista per mancata presentazione del ricorso alla Commissione tributaria, in DResp, 581.

Daini C., 2015 Scelta del rito processuale e responsabilità del professionista legale, in DResp, 577.

De Fazio G., 1996 Responsabilità del legale e perdita della chance di vincere il processo, in RCP, 1174.

Giani R., 2015 Illegittimità dello svolgimento della gara d"appalto e risarcimento del danno: la tecnica della chance, in NNG, 574.

Masera S. R., 2015 Il nesso di causalità per il risarcimento della chance perduta, in UA, 225.

Minolfi F., 2014 La perdita di chance quale autonoma categoria di danno risarcibile: dal diritto del lavoro alla responsabilità civile, in DLM, 194.

Musolino G., 2010 Responsabilità dell"avvocato per perdita della chance di appellare la sentenza sfavorevole, in RCP, 819.

2010a Prova del vincolo contrattuale e responsabilità del commercialista per omissione, in RCP, 2508.

Norelli G. A., 2015 La perdita di chance: uno strumento da maneggiare con cura, in RIML, 1.

Trimarchi Banfi F., 2015 La chance giuridicamente rilevante: esistenza e consistenza, in FI, III, 442.




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