-  Mazzon Riccardo  -  12/01/2015

LA POSIZIONE GIURISPRUDENZIALE SULLE INNNOVAZIONI IN CONDOMINIO - Riccardo MAZZON

il combinato disposto degli articoli 1120 e 1121 c.c. si occupa di normare l'ipotesi delle innovazioni, particolare caso nel quale il patrimonio del condominio subisce un incremento rispetto alla sua consistenza originaria

gli esempi: da centrale dismessa a garage, portineria, vano scale, smaltimento dei rifiuti, telecamera

la posizione della Suprema Corte 

La Suprema Corte ha escluso che costituisca "innovazione" vietata l'ampliamento dell'autorimessa condominiale, mediante trasformazione dei locali adibiti a portineria ed a centrale termica (i cui servizi erano stati soppressi con regolari delibere condominiali precedenti); ciò in quanto, in tema di condominio negli edifici, per innovazione in senso tecnico - giuridico, vietata ai sensi dell'art. 1120 c.c., deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l'entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirino a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lascino immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini,

"non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto" (Cass., sez. II, 5 novembre 2002, n. 15460, GCM, 2002, 1907; GC, 2003, I, 2445).

Inoltre, si confronti anche l'interessante pronuncia che segue, con destinazione a "cucinotto" di locale precedentemente utilizzato quale ripostiglio: nella specie, è stato deciso che la delibera attraverso la quale un'assemblea di condominio dispone di mutare la destinazione d'uso di un locale comune, da vano ripostiglio a cucinotto, posto al servizio di tutti i condomini, decidendo altresì di trasferire in altra stanza adiacente gli attrezzi precedentemente conservati nel ripostiglio,

"realizza un'innovazione vantaggiosa che potenzia il godimento dell'edificio condominiale, soggetta ad approvazione con la maggioranza assembleare di cui al comma 5 dell'art. 1136 c.c." (Trib. Verona 9 ottobre 1995, ALC, 1996, 77).

Quanto al servizio di portierato [la disciplina dell'orario del quale non pare configurare innovazione: in tal senso, s'è deciso che la delibera dell'assemblea condominiale che riduce l'orario dello svolgimento del servizio di portineria (istituendo un servizio part time) non necessita del "quorum" deliberativo di cui all'art. 1136 comma 5 c.c.,

"non ritenendosi tale modifica una innovazione ai sensi dell'art. 1120 c.c." (Trib. Milano 14 dicembre 2000, GMil, 2002, 54)],

esso può essere modificato (o anche soppresso) dall'assemblea del condominio, con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, comma 5, del codice civile, sempre che vengano osservati i principi in materia di innovazioni e non ne derivino per taluno dei condomini vantaggi o svantaggi diversi rispetto agli altri; pertanto, osserva la seguente pronuncia, è nulla per violazione dell'art. 1120 citato, la deliberazione assunta a maggioranza che, conservando la proporzionalità di spesa sulla collettività condominiale, attui in un condominio costituito da più edifici la "centralizzazione" del servizio di portierato, in guisa da lasciare immutata la situazione per i condomini dell'edificio presso il quale il servizio viene svolto,

"mentre i condomini degli altri edifici vengono a trarre dal servizio una utilità minore" (Cass., sez. II, 29 aprile 1993, n. 5083, GCM, 1993, 795 - la soppressione del servizio di portineria non costituisce di per sè una innovazione della cosa comune di cui all'art. 1120 c.c., e nemmeno un atto di straordinaria amministrazione; di conseguenza essa può essere validamente approvata dalla maggioranza dei condomini: Trib. Napoli, 4 dicembre 1988, ALC, 1989, 338 – conforme: Trib. Torino 16 marzo 1981, GI, 1982, I, 2, 468 – contra, comportando il venir meno (od il sorgere) di un vincolo di destinazione di una parte comune del condominio: App. Milano 20 giugno 1989, AC, 1990, 286; conforme Trib. Milano, 20 giugno 1989, GI, 1991, I, 2, 62 – contra, in quanto l'istituzione del servizio di portierato, non previsto dal regolamento di condominio, che comporti la destinazione ad alloggio del portiere di locali di proprietà comune aventi in precedenza una diversa funzione, e la soppressione del medesimo servizio, nella opposta ipotesi in cui questo sia previsto dal regolamento anzidetto con destinazione ad alloggio del portiere di locali di proprietà comune, configurano, derivandone, rispettivamente, la nascita e l'estinzione di un vincolo di destinazione pertinenziale a carico di parti comuni, atti eccedenti l'ordinaria amministrazione: Cass., sez. II, 25 marzo 1988, n. 2585, GCM, 1988, 3; GC, 1988, I,1693).

E' considerata alterazione della cosa comune, vietata dalla legge, l'incorporazione del vano scale nell'appartamento di proprietà di un singolo condomino, poiché le scale sono annoverate tra le parti dell'edificio, per le quali l'art. 1117 c.c. stabilisce la presunzione di proprietà comune e ad esse si applicano le regole stabilite dagli art. 1120 ultimo comma e 1122 c.c.,

"secondo cui sono vietate le innovazioni che rendano talune parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino" (App. Firenze 4 febbraio 1997, GIUS, 1998, 1897).

Poiché non consiste nella approvazione di innovazioni e nell'impedimento al diritto dei condomini di beneficiare del servizio comune di smaltimento dei rifiuti, ma si esaurisce nella modifica delle modalità di svolgimento di esso, rientra nella competenza dell'assemblea il potere di deliberare a maggioranza la modifica delle modalità di attuazione del servizio di smaltimento dei rifiuti e, per conseguenza, trattandosi di parti comuni non indispensabili per lo svolgimento di esso, la decisione di sigillare le cosiddette canne pattumiere ormai obsolete ed antigieniche; così, la deliberazione dell'assemblea condominiale di sigillare le c.d. "canne pattumiere" non concreta l'approvazione di un'innovazione vietata a norma dell'ultimo comma dell'art. 1120 c.c., bensì la statuizione di una modalità di svolgimento del servizio di smaltimento dei rifiuti, per il quale dette "canne" non sono indispensabili,

"che può essere adottata dalla maggioranza dei condomini sulla base di valutazioni di opportunità (nella specie, relativa ai costi ed alle ragioni d'igiene) e, come tale, insindacabile, quanto al merito, dall'autorità giudiziaria" (Cass., sez. II, 26 ottobre 1995, n. 11138, GC, 1996, I, 114; GCM, 1995, 10).

Si segnale, ulteriormente, l'interessante seguente pronuncia, ove è stata ritenuta lecita l'installazione di una telecamera, nel pianerottolo comune, che consentiva la sola diretta osservazione del portone di ingresso e dell'area antistante la porta d'ingresso alla singola unità immobiliare [restando, invece, inammissibile l'installazione di apparecchiature che consentano di osservare le scale, gli anditi ed i pianerottoli comuni, in quanto ciò comporterebbe

"una possibile lesione e compressione dell'altrui diritto alla riservatezza" (Trib. Milano 6 aprile 1992, ALC, 1992, 823)].

Si segnalano, altresì, i seguenti, interessati orientamenti giurisprudenziale:

- le clausole del regolamento condominiale di un "villaggio" (costituito da lotti di proprietà individuale e parti comuni: nella specie era vietato, per le innovazioni esterne, unire le proprietà, costruire ad un altezza superiore e superare determinate cubature e, per quelle interne, recare danno alle parti e agli impianti comuni, ledere diritti dei terzi e violare il regolamento; la pronuncia di merito, confermata in sede di legittimità, aveva ordinato la rimessione in pristino rispetto ad innovazioni come: ampliamento del seminterrato; costruzione di mansarde fuori esposte, di balconi, di camini con focolare esterno; ampliamento di finestre, apertura di vedute, ecc.; la Suprema corte, peraltro, in relazione ai motivi di ricorso, si è limitata a constatare genericamente che il giudice di merito aveva accertato la violazione anche dei limiti obiettivi posti dalle clausole in questione), recepite con la qualificazione di servitù reciproche nei singoli contratti di acquisto (le quali, per le modifiche esterne ed interne delle proprietà individuali, richiedano il benestare scritto, rispettivamente, di un tecnico incaricato dall'assemblea condominiale o dell'amministratore di condominio), danno luogo ai vincoli di carattere reale tipici delle servitù prediali

"e non a limitazioni di portata meramente obbligatoria - e quindi giustificano la condanna alla riduzione in pristino in caso di violazione - qualora le clausole stesse specifichino i limiti di carattere sostanziale delle innovazioni" (Cass., sez. II, 16 ottobre 1999, n. 11688, GCM, 1999, 2127; GCM, 1999, 2128);

- l'ordinanza sindacale che prescrive l'installazione, presso un fabbricato, di un idoneo impianto di sollevamento dell'acqua potabile, con apposito serbatoio, per il fabbisogno del fabbricato stesso, deve essere adottata nei confronti dei proprietari e non può essere adottata nei confronti dell'amministratore del condominio, il quale ha limitati e controllati poteri di gestione (art. 1130 c.c.),

"trattandosi di provvedere all'installazione di nuovi impianti che, in quanto tali, costituiscono innovazioni richiedenti la manifestazione di volontà dei condomini, con una maggioranza qualificata (art. 1120 c.c.)" (T.A.R. Campania Napoli, 18 gennaio 1983, n. 7, T.A.R, 1983, I, 977);

- la speciale normativa, di cui all'articolo 12 della legge 14 maggio 1981, n. 219 (sugli interventi a seguito degli eventi sismici del novembre e febbraio 1981), laddove sancisce la validità delle delibere condominiali, relative all'opera di ricostruzione o riparazione degli immobili colpiti dal terremoto, se approvate con la maggioranza di cui al comma 2 dell'articolo 1136 del codice civile (cfr. capitolo ventunesimo del volume "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013), è applicabile nella sola ipotesi di ricostruzione che assicuri il rispetto del precedente equilibrio tra i vari piani dell'edificio: nell'esempio infra riportato, la Suprema Corte ha riformato la sentenza di merito, che aveva ritenuto valida la delibera assembleare adottata con le maggioranze previste dall'art. 1120 c.c. per le innovazioni consentite,

"in presenza di una ricostruzione comportante una sopraelevazione a mezzo di un aumento di volumetria e di ampiezza del piano sottotetto, di proprietà esclusiva del condomino proprietario dell'ultimo piano" (Cass., sez. II, 29 novembre 2007, n. 24956, GCM, 2007, 11);

- quanto all'annullabilità ovvero alla nullità delle delibere, è da ricordare, anche in questo contesto, come debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell"assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione,

"quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all"oggetto" (Cass., sez. II, 23 novembre 2009, n. 24658, Gdir, 2010, 11, 71, conforme Cass., Sez. U., 7 marzo 2005, n. 4806, conferma App. Roma 29 aprile 2000, FI, 2006, 10, 292 - le deliberazioni delle assemblee condominiali concernenti innovazioni lesive dei diritti di un condomino alle cose e servizi comuni e su quelle di proprietà esclusiva di ognuno di essi, non potendo formare oggetto di decisione assembleare a maggioranza, sono assolutamente nulle, e non già solo annullabili: Cass., sez. III, 21 aprile 1979, n. 2237, GCM, 1979, 4);

- nell'ipotesi di "stravolgimento" della fisionomia architettonica dell'edificio condominiale, il pregiudizio economico è una conseguenza normalmente insita nella menomazione del decoro architettonico che, costituendo una qualità del fabbricato,

"è tutelata - in quanto di per sé meritevole di salvaguardia - dalle norme che ne vietano l'alterazione" (Cass., sez. II, 31 marzo 2006, n. 7625, GCM, 2006, 3; ALC, 2007, 1, 45 – cfr. anche Cass., sez. II, 26 febbraio 2009, n. 4679, GCM, 2009, 2, 324; RGE 2009, 5-6, 1744);

- quanto all'ambito processuale, si confrontino le seguenti pronunce, in relazione a nuove eccezioni in appello, arbitrato, litisconsorzio, ambito penale, legittimazione, rimessione in pristino:

"l'esecuzione, su di una parte comune dell'edificio condominiale, di opere od innovazioni non consentite, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1120 c.c., dà diritto agli altri condomini di ottenere la rimessione in pristino e ciò soprattutto quando la innovazione, per essere stata eseguita in violazione delle norme antisismiche, sia tale da recare pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza del fabbricato" (Cass., sez. II, 20 agosto 1981, n. 4958, GCM, 1981, 8; - nuove eccezioni in appello: Cass., sez. II, 23 novembre 2007, n. 24446, GCM, 2007, 11; - arbitrato: Trib. Monza, 20 luglio 2004, GM, 2005, 1, 58; - litisconsorzio: Cass., sez. II, 13 giugno 1997, n. 5335, GCM, 1997, 984; Cass., sez. II, 26 marzo 1992, n. 3749, GCM, 1992, 3; Cass., sez. II, 31 maggio 1990, n. 5122, GCM, 1990, 5, conforme: Cass., sez. II, 5 giugno 1990, n. 5391, GCM, 1990, 6; Cass., sez. II, 18 febbraio 1987, n. 1757, GCM, 1987, 2; - ambito penale: Cass., sez. II, 10 giugno 1997, n. 5163, GCM, 1997, 951; VN, 1997, 816; - legittimazione: Cass., sez. II, 18 dicembre 1986, n. 7677, GCM, 1986, 12);

- è stata ritenuta illegittima l'esecuzione, da parte di un condominio, di opere relative ai viali di accesso comuni a più edifici facenti parte di un complesso residenziale, sul rilievo che il medesimo non avrebbe potuto operare su parti di uso comune di edifici limitrofi ed autonomi appartenenti a diversi proprietari, fisicamente distaccate ma destinate al servizio comune dei proprietari medesimi; un tanto ribadendo che qualora un complesso residenziale composto da più palazzine, ciascuna con un proprio distinto condominio, abbia spazi e manufatti di godimento comune, questi debbono ritenersi soggetti al regime della comunione e non a quello del condominio,

"con la conseguenza che, applicandosi le regole generali della prima e non del secondo, per le innovazioni si richiede la manifestazione di volontà di tutti i partecipanti; nè, d'altra parte, è configurabile la violazione dell'art. 1117 c.c. nell'ipotesi in cui più edifici siano dotati di opere comuni strutturalmente distaccate" (Cass., sez. II, 22 luglio 2005, n. 15357, GCM, 2005, 6);

- da ultimo, per completezza, si segnalano le seguenti massime giurisprudenziali, rilasciate in ambito di solaio divisorio tra due piani di edificio condominiale, onere reale, opere antincendio, esenzione del concorso alle spese, assistenza penale dell'amministratore, veduta in appiombo, abbattimento di muro portante, transito carrabile attraverso l'androne, appoggio sul muro comune di canna fumaria, espressione generica: "parere favorevole", articolo 1138 del codice civile (cfr., amplius, capitolo ventitreesimo del volume "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013), cooperativa edilizia, ripartizione spese condominiali relative a condomini morosi, provocare la delibera condominiale prima di adire l'autorità giudiziaria, consenso alle innovazioni, concrete modalità di godimento della cosa comune, apertura di porta su scala condominiale, immissioni moleste, azione reale imprescrittibile, distanze legali, reazione intempestiva:

"il comproprietario convenuto per l'eliminazione di un'innovazione alla cosa comune, non può invocare il preteso consenso dei comunisti per non avere essi reagito, fino a quel momento, alla sua iniziativa, poiché tale consenso deve emergere dalla volontà della maggioranza dei partecipanti all'assemblea, positivamente formatasi ed espressa" (Cass., sez. II, 14 febbraio 1980, n. 1111, GCM, 1980, 2; - solaio divisorio tra due piani di edificio condominiale: Giudice di pace Bari 24 maggio 2006, n. 3773, Giurisprudenzabarese.it, 2006; - onere reale: Trib. Roma, sez. XII, 15 ottobre 2002, www.dejure.it, 2005; - opere antincendio: Trib. Ravenna 6 ottobre 2000, ALC, 2001, 127; - esenzione del concorso alle spese: Cass., sez. II, 26 gennaio 1998, n. 714, GCM, 1998, 156; RLC, 1998, 276; - assistenza penale dell'amministratore: Cass., sez. II, 10 giugno 1997, n. 5163, GCM, 1997, 951; - veduta in appiombo: Cass., sez. II, 11 febbraio 1997, n. 1261, GCM, 1997, 223; - abbattimento di muro portante: Cass., sez. II, 11 novembre 1994, n. 9497, GCM, 1994, 11; - transito carrabile attraverso l'androne: Trib. Napoli 21 gennaio 1994, ALC, 1995, 429; - appoggio sul muro comune di canna fumaria: Cass., sez. II, 28 agosto 1993, n. 9130, GCM, 1993, 1342; - espressione generica "parere favorevole": App. Napoli 29 giugno 1991, ALC, 1991, 761; - articolo 1138 del codice civile (cfr., amplius, capitolo ventitreesimo del presente volume): Cass., sez. II, 26 maggio 1990, n. 4905, RGE, 1991, I, 27; ALC, 1991, 84; - cooperativa edilizia: Cass., sez. II, 9 dicembre 1989, n. 5456, GCM, 1989, 12; - ripartizione spese condominiali relative a condomini morosi: Trib. Firenze, 20 ottobre 1988, ALC, 1989, 527; - provocare la delibera condominiale prima di adire l'autorità giudiziaria: Trib. Piacenza 2 novembre 1989, ALC, 1990, 72; - consenso alle innovazioni: Trib. Firenze, 20 ottobre 1988, ALC, 1989, 527; - concrete modalità di godimento della cosa comune: Cass., sez. II, 21 luglio 1988, n. 4733, GCM, 1988, 7; - apertura di porta su scala condominiale: Cass., sez. II, 24 gennaio 1985, n. 312, GCM, 1985, 1; - immissioni moleste: Cass., sez. II, 6 aprile 1983, n. 2396, GCM, 1983, 4; - azione reale imprescrittibile: Cass., sez. II, 16 marzo 1981, n. 1455, GCM, 1981, 3; Cass., sez. II, 11 ottobre 1977, n. 4327, RGE, 1978, I, 755; - distanze legali: Cass., sez. II, 11 maggio 1981, n. 3105, GCM, 1981, 5).

 




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