Psichiatra psicoanalista
Esperta di Salute Mentale applicata al Diritto
Quando per decenni ti sei occupato della rieducazione di coloro che furono allevati nella violenza o nella trascuratezza o nel permissivismo accidioso o in climi incestuosi e ambivalenti, quando ti sei reso conto di come queste condizioni primarie e insistenti producano danni non sempre riparabili al meglio e talora neppure alla meglio, ebbene allora ti pare stantio continuare a ripetere le solite cose. Ti accorgi che chi è problematico non interessa granché alla collettività, che anzi la collettività, a qualsiasi livello, ambirebbe a liberarsene. Ti accorgi che la tua battaglia per rendere migliore la vita a questi disgraziati, in quanto vivono nella disgrazia e perdono la grazia, trascinando nell’abisso chi incontrano nel loro rotolare temerario, che questa è una battaglia persa o almeno in larga misura tale. Ti accorgi comunque che il tuo tempo non fu perso, che anzi servì a mettere a fuoco alcuni errori da evitare nell’allevamento del piccolo d’uomo, storture educative che disegnano disposizioni distruttive, maligne, aggressive, pericolose alla collettività e a chi è trascinato da simili disposizioni. Potrebbe allora attrarti maggiormente l’ipotesi di suggerire strategie preventive che servono a porre una cura nella scelta quotidiana di parole e azioni che siano di aiuto.
Provo stamani ad accennare a qualche aspetto della mala educación.
Qualche giorno fa ero in treno ed è salita in una stazione emiliana una piccola carovana di mamme con bambini decenni al seguito. Le mamme si sono preoccupate di collocare insieme i quattro fanciulli per dedicarsi indisturbate ai loro telefonini e alla conversazione, senza dire nulla ai bambini che si comportavano come se fossero all’ora di ricreazione e giocavano con l’intuibile baccano. Le madri non hanno mosso un dito per educarli alla convivenza con altri viaggiatori intenti alle loro faccende: dormire, parlare più o meno sommessamente al telefono, leggere, scrivere, scambiare qualche parola a bassa voce con il vicino, guardare oltre il vetro. Non sarebbe restato che maledire l’incontro con quei bimbi o meglio con quelle mamme, ma bisognava fare di più. Mi sono allora permessa di richiamare l’attenzione di una delle madri per chiederle se non le sembrasse il caso di dire ai ragazzini che non era l’ora di ricreazione e che avrebbero dovuto moderare il tono della voce. Quella, intenta a controllare il suo telefono, mi ha risposto seccatissima con un: “Sono bambini, hanno anche loro diritto a parlare, a respirare!”. Spero che sia evidente come la incapacità/pigrizia nel porre un argine al dilagare di condotte infantili disturbanti -ciò che non soffocherebbe le loro istanze vitali- sia il modo per rendere i figli incompetenti socialmente, incapaci di accettare limiti e delusioni, pronti piuttosto a ritenere un diritto agire in modo antisociale.
Poi penso alle madri che difendono figli adolescenti riconosciuti rei di abuso nei confronti di una compagna di classe, cercando di indicare la vittima come colpevole, instillando in lei sensi di colpa impropri, appoggiando la condotta criminale del figlio, cercando di alleggerire al massimo, quando non di annullare la pena/espiazione comminatagli, creando un clima di bullismo intorno alla fanciulla che non troverà neppure nella scuola un alleato disposto a sostenerne la ragione.
Sono queste mamme che allevano i prepotenti e gli stalker del domani, quando basterebbe poco per evitarlo. Piccoli gesti, piccole attenzioni o il loro contrario consentono, di fatto, alla brava o alla cattiva persona che alberga in ciascuno di noi di prosperare.