-  Anceschi Alessio  -  10/03/2014

LA LEGGIBILITA' DELLA FIRMA - Alessio ANCESCHI

Diverse Pubbliche amministrazioni richiedono spesso che la firma apposta dall'utente sia leggibile. La leggibilità della firma è solitamente richiesta anche dai notai nella sottoscrizione degli atti notarili.

Nessuna norma giuridica prevede il realtà che la sottoscrizione sia "leggibile", anche in considerazione del fatto che, secondo i canoni grafologici, la firma costituisce un segno distintivo della propria personalità che può caratterizzarsi anche in una sottoscrizione illeggibile. Secondo l'accezione comune, per sottoscrizione si intende infatti la "firma redatta di proprio pugno, con la funzione di certificare l'attribuibilità del documento a colui che l'ha firmato".

Appare di tutta evidenza che un segno grafico che non presenti caratteristiche tali da definire la personalità del sottoscrittore, quale ad esempio un semplice "cerchio" od un "onda" non sia tale da definire con certezza la persona al quale l'atto è riferito.

In tali circostanze, peraltro, verrebbe impedita anche l'attribuibilità della sottoscrizione al presunto sottoscrittore anche attraverso un'eventuale perizia grafologica.

Fermo restando pertanto l'esclusione di segni grafici semplici "non distintivi", si ci pone quindi il problema di come considerare quelle sottoscrizioni che non siano pienamente leggibili da parte dei terzi. In questi casi, costringere chi non abbia una sottoscrizione "leggibile" a vergare una firma leggibile significa, dal punto di vista grafologico, costringerlo a redarre un segno grafico non distintivo della persona. In quanto "forzato" tale gesto grafico potrebbe in effetti anche dare luogo a qualche difficoltà di comparazione in sede di perizia grafologica e quindi creare problematiche proprio in ordine a quell'aspetto che la sottoscrizione tende a garantire, ovvero, appunto, l'attribuibilità del documento sottoscritto alla tal persona.

Secondo la prassi giurisprudenziale la leggibilità della firma assume una particolare rilevanza in ambito notarile, ai sensi della l. 16.2.1913 n. 89. Secondo una certo orientamento interpretativo, ampiamente consolidato in ambito notarile, la sottoscrizione del privato innanzi al notaio dovrebbe essere "leggibile" al fine di consentire ai terzi la precisa attribuibilità della firma alla tal persona (artt. 51 e 58, l. 89/1913). La violazione di tale disposizione non determina la nullità dell'atto (come pure in passato è stato sostenuto) bensì una mera violazione disciplinare a carico del notaio. 

La prassi notarile è stata quindi estesa, sia per analogia che in virtù di specifiche disposizioni regolamentari, anche agli atti della pubblica amministrazione, soprattutto laddove si richiede al pubblico ufficiale l'autenticazione della sottoscrizione della firma dell'utente.

Ebbene, sia sotto il profilo giuridico che "grafologico" deve ritenersi che la leggibilità della firma non costituisce un requisito vincolante, nè per l'autenticazione della stessa da parte del pubblico ufficiale, nè tantomeno per la validità dell'atto. Ai fini dell'autenticazione della firma da parte del pubblico ufficiale è infatti sufficiente che la stessa sia stata redatta in presenza del pubblico ufficiale o quantomeno "riconosciuta" innanzi al medesimo, se effettuata in precedenza, mentre ai fini della validità dell'atto è sufficiente che la sottoscrizione sia imputabile a colui che l'ha realizzata.

In conclusione, la "leggibilità" della firma non costituisce un requisito essenziale della sottoscrizione e non può ragionevolmente essere imposta. Peraltro, anche secondo una più oculata interpretazione della normativa notarile, i presupposti di validità degli atti notarili sono ricollegati all'esistenza della sottoscrizione e non alla sua leggibilità.

Tale conclusione emerge peraltro anche da altre considerazioni.

In primo luogo, l'art. 51 n. 10), l. 89/1913 prevede, in alternativa alla sottoscrizione, che l"atto sia ugualmente valido anche senza la sottoscrizione nel caso in cui il soggetto non sappia o non possa sottoscrivere (perché analfabeta od invalido), purchè venga fatta menzione della causa dell"impedimento. Se, dunque, l"ordinamento ha reso possibile, qualora la parte non sappia o non possa sottoscrivere, la possibilità di omettere completamente la firma, sarebbe irrazionale sanzionare di nullità la firma apposta da persona che sappia o possa sottoscrivere, ma non firmi in maniera leggibile, tanto più in tempi in cui l"evoluzione tecnologica propende verso la firma digitale, (D.P.R. 10.11.1997 n. 513 e ss. mod.), che non ha nulla a che vedere con l"insieme dei segni grafici convenzionali.

In secondo luogo, non si ravvisa nella legge notarile alcuna espressione che indichi la necessità che la firma debba essere "leggibile". Nella disciplina sull'assegno (r.d. 21.12.1933 n. 1736) viene espressamente previsto che la girata degli assegni debba contenere il nome, anche abbreviato o indicato con la sola iniziale, e il cognome o la ditta dell"obbligato, ma nulla riferisce in ordine alla leggibilità della sottoscrizione (art. 11, r.d. 1736/1933). Sul punto, la giurisprudenza ha precisato il principio secondo cui l"obbligazione cartolare sarebbe egualmente valida se, in difetto di tali requisiti, il segno grafico del girante sia comunque noto e riconoscibile (Cass.Civ.Sez. I, 15.10.1999 n.11621, in Giust.civ. 1999, 2121). Occorre peraltro evidenziare che, nel caso dell"obbligazione cartolare, l"identità del girante non è autenticata da nessun funzionario o Notaio, e la sua leggibilità sarebbe giustificata dall"esigenza pratica di far cono-scere al portatore del titolo il nominativo dei coobbligati.




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