Comunque la si veda e comunque la si voglia vedere, la parola “CAZZO” a seguito del certo più aulico e celebre acronimo “P.Q.M.” nella sentenza del massimo organo giudiziale italiano (ovviamente in una sezione “PENALE”) la dice lunga, anzi lunghissima, su quello che è lo stato del diritto in Italia.
Stiamo parlando di una sentenza che passerà alla storia, non tanto per il principio di diritto espresso, quanto piuttosto per il modo se non altro anomalo con cui è stato formulato il dispositivo della condanna. La sentenza è la n. 35183 del 2022 emessa dalla Suprema Corte di Cassazione, seconda sezione penale che, nel respingere il ricorso di un imputato per truffa ai danni dello Stato avverso la confisca di un’automobile (un’Opel Astra), alla fatidica formula finale che introduce la decisione, formula che, per chi non lo sapesse, è “P.Q.M.”, cioè “per questi motivi”, ha aggiunto uno stentoreo liberatorio, definitivo “CAZZO”.
Inutile dirlo, questa universale parola di cinque lettere su una sentenza è molto più scandalosa e irriverente dei baffi fatti da Duchamp alla Monna Lisa.
L'introduzione di detto vocabolo (che oramai più sdoganato di così si muore!) non può nemmeno essere attribuita, come di solito si usa fare in questi casi, al famigerato T9 o correttore automatico che dir si voglia. Ho provato infatti a scrivere PQM in tutte le salse ma mai il computer si è sognato di segnalarmi un' alternativa che fosse minimamente assimilabile a quella di cui stiamo parlando. I più benevoli commentatori (così benevoli nella difesa d'ufficio della cassazione da apparire quasi buonisti) hanno ipotizzato che l'estensore abbia utilizzato un programma di dettatura vocale e che, stanco per il troppo lavoro, si sia lasciato scappare la famosa e nota interiezione prima di concludere la sentenza. Anche in questo caso comunque la giustificazione non regge: possibile che nessuno si sia preso la briga di leggere il testo prima di firmarlo?
L'agenzia Adnkronos, che per prima ha lanciato la notizia, ha ipotizzato che il tutto potrebbe essere imputato al super lavoro che grava sugli uffici a causa della mole di provvedimenti che si sono accumulati, da qui lo sbotto del magistrato inesorabilmente registrato e stampato dal suo computer. Siamo comunque tutti lieti che si sia trattato solo di uno spiacevole e imperdonabile svarione e non della nuova formulazione del PQM introdotto dalla riforma Cartabia.
Chissà se il mai abbastanza compianto sonettista romano Giuseppe Gioachino Belli, nella sua notissima “Er padre de li santi” (che segue a breve), avrebbe trovato posto anche per il PQM tra i vari appellativi con cui può essere appellato l'organo genitale maschile?
Er CAZZO se po di' radica, ucello,
Cicio, nerbo, tortore, pennarolo,
Pezzo-de-carne, manico, cetrolo,
Asperge, cucuzzola e stennarello.
Cavicchio, canaletto e chiavistello,
Er gionco, er guercio, er mio, nerchia, pirolo,
Attaccapanni, moccolo, bruggnolo,
Inguilla, torciorello e manganello.
Zeppa e batocco, cavola e tturaccio,
E maritozzo, e cannella, e ppipino,
E ssalame, e ssarciccia, e ssanguinaccio.
Poi scafa, canocchiale, arma, bambino.
Poi torzo, crescimmano, catenaccio,
Minnola, e mi'-fratello-piccinino.
E tte lascio perzino,
Ch'er mi' dottore lo chiama cotale,
Fallo, asta, verga e membro naturale.
Quer vecchio de spezziale
Dice Priapo; e la su' moje pene,
Segno per dio che nun je torna bene.
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