Deboli, svantaggiati  -  Alceste Santuari  -  22/05/2023

La co-progettazione nel Codice dei contratti pubblici. Brevi riflessioni in merito agli artt. 1, 6 e 7 del d. lgs. n. 36/2023

L’art. 6 del d. lgs. n. 36/2023, rubricato “Principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale. Rapporti con gli enti del Terzo settore”, recita quanto segue: “1. In attuazione dei principi di solidarietà sociale e di sussidiarietà orizzontale, la pubblica amministrazione può apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, modelli organizzativi di amministrazione condivisa, privi di rapporti sinallagmatici, fondati sulla condivisione della funzione amministrativa gli enti del Terzo settore di cui al codice del Terzo settore di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, sempre che gli stessi i contribuiscano al perseguimento delle finalità sociali in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente e in base al principio del risultato. Non rientrano nel campo di applicazione del presente codice gli istituti disciplinati dal Titolo VII del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017.”

La previsione normativa citata si colloca naturaliter nella scia normativa avviata con il d.l. n. 76/2020 (d.l. Semplificazioni), convertito nella legge n. 120 del 2020, che ha, per la prima volta, segnato la differenza “ontologica”, a seguito della nota sentenza n. 131 della Corte costituzionale, tra gli istituti giuridici cooperativi di cui al Codice del Terzo settore e le procedure d’appalto, disciplinate dal Codice dei contratti pubblici (nella sua versione allora vigente: d. lgs. n. 50/2016).

A ciò hanno fatto seguito sia le linee guida del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (d.m. 72/2021) sia quelle adottate da ANAC (linee guida n. 17, deliberazione n. 382 del 27 luglio 2022), Esse, rispettivamente, hanno dettagliato gli istituti giuridici di cui agli artt. 55 e seguenti del d. lgs. n. 117/2017 e ribadito che i rapporti giuridici non sinallagmatici debbano essere ricondotti al Titolo VII del Codice del Terzo settore, in quanto estranei alle logiche competitive.

L’articolo 6 in parola ha suscitato qualche perplessità e dubbio in non pochi commenti, nei quali si è sottolineato che il primo periodo del medesimo non sarebbe in grado di chiarire la distinzione sopra richiamata. Per contro, talune interpretazioni dell’articolo 6 sembrano paventare una eccessiva espansione degli istituti dell’amministrazione condivisa, che andrebbero a scapito delle procedure concorrenziali.

Al netto di alcune locuzioni che avrebbero potuto essere espunte dal testo finale, in quanto creano qualche confusione applicativa rispetto a quanto già previsto nel Titolo VII del Codice del terzo settore (si veda, per tutti, la nozione di “attività a spiccata valenza sociale”, che peraltro, al contrario, potrebbe anche aprire ad interpretazioni espansive dell’applicabilità degli istituti giuridici cooperativi), l’art. 6 costituisce un ulteriore caposaldo nella costruzione di un paradigma tanto riconosciuto dall’ordinamento giuridico quanto, ancora, talvolta poco agito e compreso nelle sue effettive potenzialità. Nello specifico, l’art. 6 contempla un principio giuridico di portata generale: le pubbliche amministrazioni possono ricorrere in via ordinaria ai procedimenti collaborativi. Da ciò consegue che le stesse pubbliche amministrazioni, in ragione delle finalità e degli obiettivi perseguiti, nonché dei risultati da realizzare possono decidere di esperire le procedure ad evidenza pubblica di natura collaborativa, anziché quelle di natura competitiva. Si tratta di un’applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale, che appare trovare una sua - per così dire - declinazione ulteriore nella previsione contenuta nell’art. 1, comma 4 del nuovo Codice dei contratti pubblici. In essa si afferma che il principio del risultato è il criterio attraverso cui si stabilisce l’esercizio del potere discrezionale e l’individuazione della regola da applicare al caso concreto al fine di valutare la responsabilità del personale e l’attribuzione degli incentivi secondo la contrattazione collettiva. Se a queste disposizioni, si aggiunge poi quella contenuta nell’art. 7 del Codice dei contratti pubblici, laddove il legislatore valorizza il principio di auto-organizzazione delle pubbliche amministrazioni, in ossequio a quanto già disposto nella Direttiva 24/2024/UE in materia di appalti pubblici, ben si comprende lo spazio di discrezionalità amministrativa di cui dispongono gli enti locali nella definizione della disciplina giuridica che informa i loro rapporti con gli enti non lucrativi. In questo contesto, invero, si collocano i regolamenti che gli enti locali e le aziende sanitarie possono adottare, proprio in funzione di una più organica e coerente disciplina dei loro rapporti giuridici con gli enti del terzo settore e non lucrativi in generale.

Da questi brevi note, si può forse desumere la portata confermativa e valorizzatrice del ruolo degli enti del terzo settore rispetto ai loro rapporti con la pubblica amministrazione, che anche il Codice dei contratti pubblici ha inteso promuovere.

 

 

 




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film