La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 25347 del 16 agosto 2023 in commento, si è pronunciata su una questione relativa all’ammissibilità dell’impugnazione della rinuncia all’eredità, da parte dei creditori del defunto, ritenendola ammissibile unicamente ove i creditori medesimi abbiano richiesto la fissazione di un termine entro il quale accettare o rinunciare all’eredità, ai senso dell’articolo 481 c.c., qualora non sia ancora maturata la prescrizione del diritto, nel termine decennale di cui all’articolo 480 c.c.
Quanto sopra al fine di evitare di rimettere in termini i creditori, con evidente pregiudizio dei successivi accettanti che confidano nell’ormai spirato termine decennale di prescrizione dell’azione.
L’ordinanza in commento trae origine da un contenzioso derivante dall’interpretazione di un testamento pubblico, con designazione di erede universale. Detto testamento aggiungeva che, nel caso l’erede designata non volesse o non potesse accettare, erede universale fosse la nipote.
Poiché la persona designata nel testamento non aveva formalizzato l’accettazione, né la rinuncia all’eredità, una società creditrice della de cuius, si rivolgeva al Tribunale di Milano - sezione di- staccata di Legnano, per chiedere la fissazione di un termine , ai sensi dell’articolo 481 c.c., entro il quale la chiamata all’eredità avrebbe dovuto manifestare la sua volontà in ordine all’accettazione o rinuncia.
All’udienza fissata, si dava atto della mancata accettazione dell’eredità nei modi e termini alla stessa consentiti, dovendo considerarsi la stessa, quindi, definitivamente rinunciata.
A questo punto, la società creditrice della defunta, promuoveva azione giudiziale ai sensi dell’articolo 524 c.c., al fine di chiedere l’autorizzazione ad accettare, in nome e in luogo dell’erede istituita, l’eredità.
Il Tribunale rigettava la domanda attorea, ritenendo l’articolo 524 c.c. non applicabile, rispetto al caso di specie, in quanto disposizione che autorizzerebbe il creditore del chiamato all’eredità ad agire in nome e luogo dell’erede, solo nel caso in cui quest’ultimo avesse rinunciato all’eredità. Peraltro, la mancata accettazione dell’eredità successiva alla fissazione del termine, ai sensi dell’articolo 481 c.c., veniva ritenuta come non assimilabile alla rinuncia.
Il giudice del gravame, proposto dalla parte soccombente, rigettava il ricorso, rilevando la natura decadenziale del termine di cui all’articolo 481 c.c. come tale finalizzato ad eliminare lo stato di incertezza connesso alla pendenza del termine per l’accettazione dell’eredità, destinato a estinguere sul piano sostanziale il diritto di accettazione del compendio ereditario.
Pertanto, si doveva ritenere avvenuta la perdita della qualità di chiamato all’eredità e, in conseguenza dell’inefficacia della devoluzione testamentaria, la devoluzione per legge dell’eredità medesima, come previsto dal codice civile, con impossibilità, quindi, di poter richiedere l’autorizzazione ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, come previsto dall’articolo 524 c.c
Ai due istituti disciplinati rispettivamente dagli articoli 524 c.c. e 481 c.c., secondo la Corte d’Appello, dovrebbero attribuirsi diversa natura ed effetti, che impediscono la loro analogica estensione o la loro assimilabilità.
Il ricorso per Cassazione proposto dalla società creditrice, veniva respinto, sulla base di diverse argomentazioni.
Anzitutto, i giudici di legittimità osservavano che il giudizio aveva ad oggetto la possibilità di ritenere applicabile l’articolo 524 c.c. a favore dei creditori, soltanto in presenza di una rinunzia formalizzata, oppure anche nelle ipotesi di decadenza del chiamato dal diritto di accettare l'eredità a seguito della fissazione del termine di cui all’articolo 481 c.c., o ai sensi dell articolo 487, comma 3, c.c. ovvero nel caso di prescrizione maturata.
Tuttavia, sul punto, la giurisprudenza prevalente, alla quale la Cassazione ha inteso uniformarsi, è nel senso di ritenere la natura decadenziale del termine dell’articolo 481 c.c., e, con riferimento alla disposizione dell’articolo 524 c.c., che non si possa procedere all'impugnazione della rinuncia all’eredità, da parte del creditore, qualora sia già intervenuta la prescrizione del diritto di accettare o rinunciare all’eredità stessa, come nel caso oggetto dell’ordinanza in commento.
La pronuncia, ad avviso dello scrivente, è condivisibile in quanto contempera, da un lato le esigenze di certezza del diritto, con le ragioni dei creditori dell’eredità, ponendo, ad avviso di chi scrive correttamente, un limite ai diritti di questi ultimi, laddove non sia più esercitabile il diritto di accettare o rinunciare all’eredità per intervenuta prescrizione di tale diritto.
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