Responsabilità civile  -  Redazione P&D  -  02/07/2024

Immissioni  di  rumore  intollerabili  e  risarcimento  del  danno  non  patrimoniale ( in  margine  alla  sentenza n.301/2024  della  Corte  d’Appello  di  Firenze ) - Massimo Niro

1.Una  recente  sentenza  di  merito  si  sofferma  sulla  questione  delle  conseguenze  risarcitorie  delle  immissioni  di  rumore  eccedenti  la  soglia  della  normale  tollerabilità ( art. 844  c.c. )  e, in  particolare, della  risarcibilità  del  danno  non  patrimoniale  provocato  dalle  suddette  immissioni.

Il  caso  riguardava  il  proprietario  di  un  appartamento  compreso  in  uno  stabile  condominiale  che  lamentava  l’eccessiva  rumorosità  dell’ascensore, a  seguito  dei  lavori  realizzati  dal  Condominio  nel  2016,  e  quindi  chiedeva  la  cessazione  del  comportamento  lesivo  con  l’eliminazione  delle  immissioni  di  rumore  intollerabili, nonché  il  risarcimento  del  danno  patrimoniale  e  non  patrimoniale  conseguente. 

Il  giudice  di  primo  grado ( Tribunale  di  Firenze ), con  la  sentenza  n.2215/2020,  accoglieva  solo  parzialmente  le  domande  proposte  dal  condomino, dichiarando  che  a  seguito  dei  lavori  fatti  eseguire  dal  Condominio  il  rumore  provocato  dall’impianto  di  ascensore  aveva  superato  il  limite  di  tollerabilità  e, di  conseguenza, condannando  il  Condominio  ad  eseguire  i  lavori  indicati  dal  CTU  nominato  dal  Giudice ;  rigettava, invece, ogni  altra  domanda  di  parte  attrice, in  particolare  le  domande  di  risarcimento  del  danno  patrimoniale  e  non  patrimoniale 

( comprensivo  quest’ultimo  del  danno  alla  salute ).  

Il  condomino  ha  proposto  appello  avverso  la  sentenza  del  Tribunale  di  Firenze, sulla  base  di  diversi  motivi ; la  Corte  di  Appello  fiorentina  ha  accolto  il  motivo  relativo  al  diniego  di  risarcimento  del  danno  non  patrimoniale, disattendendo  gli  altri  motivi,  per  cui - in  parziale  riforma  dell’impugnata  sentenza - ha  condannato  il  Condominio  al  risarcimento  del  danno  non  patrimoniale  subìto  dal  condomino, liquidato  nella  somma  di  euro  5.000,00 ( v. dispositivo  della  sentenza  di  appello  n.301/2024  del  14  febbraio  2024 ). 

2. La  sentenza  in  esame  sembra  interessante  e  correttamente  motivata, laddove  censura  sul  piano  giuridico  la  pronuncia  di  primo  grado, da  ritenersi  senz’altro  errata  nella  parte  in  cui  ha  negato  il  risarcimento  del  danno  non  patrimoniale, sulla  base  dell’accertata  inesistenza  di  un  danno  biologico,  senza  verificare  la  configurabilità  di  tale  diversa  tipologia  di  lesione “ ( par. 3.2.1  della  motivazione ).  Infatti, il  giudice  di  prime  cure  aveva  respinto  la  domanda  attorea  di  risarcimento  del  danno  non  patrimoniale  osservando  che  il  danno  alla  salute  non  era  nella  specie  sussistente, “ in  quanto  le  certificazioni  mediche  prodotte  non  risultavano  supportate  da  esami  strumentali  o  da  relazioni  specialistiche  

( par. 1.3  della  sentenza  di  appello, ove  si  riporta  il  contenuto  della  sentenza  di  primo  grado).   Questa  motivazione, tuttavia, non  può  essere  in  alcun  modo  condivisa, in quanto  in  presenza  di  immissioni  intollerabili  non  è  configurabile  soltanto  un  danno  biologico o alla salute, come  ritenuto  dal  primo  giudice, ma  anche  una  diversa  tipologia  di  danno non  patrimoniale  costituita  dai  disagi  e  dalle  sofferenze  subite  e  dall’alterazione  delle  abitudini  di  vita  del  soggetto  leso :  diversa  tipologia  di  danno  che  il  primo  giudice  non  aveva  affatto  esaminato  e  di  cui  non  aveva  verificato  l’esistenza.  

Al  riguardo  la  Corte  d’Appello  di  Firenze  richiama  il  consolidato  orientamento  della  Corte  di  Cassazione, secondo  il  quale  la “ accertata  esposizione  ad  immissioni  sonore  intollerabili  può  determinare  una  lesione  del  diritto  al  riposo  notturno  e  alla  vivibilità  della  propria  abitazione, la  cui  prova  può  essere  fornita  dal  danneggiato  anche  mediante  presunzioni  sulla  base  delle  nozioni  di  comune  esperienza (…), senza  che  sia  necessario  dimostrare (…) un  effettivo  mutamento  delle  abitudini  di  vita “ ( così  Cass. civ. ord. 13  aprile  2022, n.11930 ). 

Anche  le  Sezioni  Unite  della  Corte, nel  2017,  avevano  affermato  che  “ il  danno  non  patrimoniale  conseguente  ad  immissioni  illecite  è  risarcibile  indipendentemente  dalla  sussistenza  di  un  danno  biologico  documentato, quando  sia  riferibile  alla  lesione  del  diritto  al  normale  svolgimento  della  vita  familiare  all’interno  della  propria  abitazione  e  del  diritto  alla  libera  e  piena  esplicazione  delle  proprie  abitudini  di  vita  quotidiane, trattandosi  di  diritti  costituzionalmente  garantiti, la  cui  tutela  è  ulteriormente  rafforzata  dall’art. 8  della  Convenzione  Europea  dei  diritti  dell’uomo, norma  alla  quale  il  giudice  interno  è  tenuto  ad  uniformarsi…” ( Cass. civ. sez. un. sentenza 1  febbraio  2017, n.2611 ).  

Il  richiamo  all’art. 8  della  CEDU ( che  sancisce  il  diritto  di  ogni  persona  al  “ rispetto  della  sua  vita  privata  e  familiare ” )  è  pertinente  e  significativo  e  la  stessa  Corte  d’Appello  fiorentina  evidenzia  come  il  nostro  giudice  di  legittimità  abbia  ricordato  che  la  Corte  europea  dei  diritti  dell’uomo  “ ha  sanzionato  più  volte  gli  stati  aderenti  alla  convenzione, i quali - in presenza  di  livelli  di  rumore  significativamente  superiori  a  quello  massimo  consentito  dalla  legge -  non  avevano  adottato  misure  idonee  a  garantire  una  tutela  effettiva  del  diritto  al  rispetto  della  vita  privata  e  familiare “ ( Cass. civ. ord. 13  aprile  2022  cit. ).

Dunque, alla  luce  di  questo  panorama  giurisprudenziale  anche  sovranazionale  e  tenuto  conto  che  nel  caso  di  specie  è  passato  in  giudicato  il  capo  della  sentenza  di  primo  grado  che  ha  accertato  e  dichiarato  che  a  seguito  dei  lavori  fatti  eseguire  dal  C1  convenuto  nell’anno (…) il  rumore  provocato  dall’impianto  di  ascensore  aveva  superato  il  limite  di  tollerabilità”,  la  Corte  di  Appello  di  Firenze  osserva  che  non  può  seriamente  dubitarsi  che  le  immissioni  abbiano  determinato  un’alterazione  delle  abitudini  di  vita  del  P1 “ ( par. 3.2.2  della  pronuncia  che  si  commenta ).  Infatti, tale  conclusione  è  avvalorata  dalla  posizione  del  vano  servizi  dell’ascensore, proprio  al  di  sopra  del  soggiorno  dell’appartamento  dell’appellante, per  cui  è  ragionevole  presumere  che, stante  l’entità  del  differenziale  con  il  rumore  di  fondo (…) rilevato  dal  c.t.u. (…), sia  stato  certamente  compromesso  l’esercizio  di  quelle  attività  normalmente  esplicabili  in  tale  ambiente ( quali, a  titolo  esemplificativo, leggere, guardare  la  televisione, ascoltare  musica, ecc. ) “ ( par. 3.2.2 ).

Invece,  non  vi  è  stata  nella  specie - ad  avviso  della  Corte - anche  una  lesione  del  diritto  al  riposo  notturno  del  condomino,  laddove  si  consideri  che  la  camera  da  letto  non  è  sottostante  al  vano  ascensore ( da  cui  risulta  separata  dal  soggiorno ), sicchè  è  arduo  ritenere  che  i  rumori  possano  essersi  propagati  anche  in  tale  stanza, tanto  più  in  orario  notturno  quando  l’uso  dell’ascensore  è, normalmente, maggiormente  ridotto “ ( ibidem ).

Riguardo  alla  quantificazione  del  danno  non  patrimoniale, la  sentenza  in  esame  rileva  come  è  stato  evidenziato  dal  C.T.U.  che  le  caratteristiche  strutturali  del  fabbricato  condominiale  in questione  rendono  ineliminabile  il  problema  delle  immissioni  rumorose  e, di  conseguenza, l’esecuzione  dei  lavori  del  2016  da  parte  del  Condominio  ha  avuto  un’incidenza  tutto  sommato  modesta  nella  produzione  del  danno  lamentato  dall’appellante “ :  di  qui, tenuto  conto  del  lasso  di  tempo  intercorso  dalla  denuncia  del  fatto ( 16.9.2016 ) fino  all’esecuzione  degli  interventi  individuati  dal  C.T.U.,  si  ritiene  di  dover  parametrare  il  danno  su  un  arco  di  50  mesi  e  di  quantificarlo  in  Euro  100,00  mensili, così  pervenendosi  ad  un  totale  di  Euro  5.000,00,  somma  già  rivalutata  all’attualità “ ( ibidem ).

L’appello  del  condomino  viene  rigettato, invece, con  riferimento  alle  voci  del  danno  alla  salute o biologico  e  del  danno  patrimoniale,  osservandosi  dalla  Corte, riguardo  al  primo, che  l’appellante  si  era  limitato  a  produrre  un  certificato  medico  privo  di  valenza  probatoria, dato  che  la  causa  della  patologia  indicata ( sindrome  ansiosa  con  episodi  di  insonnia )  non  era  stata  oggetto  di  alcun  accertamento  specialistico ( par. 3.2.3 ) ;  riguardo  al  danno  patrimoniale, che  l’appellante  non  aveva  fornito  alcun  elemento  atto  a  dimostrare  la  presunta  riduzione  del  valore  dell’immobile ( par. 3.3.2 ).  

3. A  questo  punto,  ricostruita  la  fattispecie  esaminata  e  la  ratio  decidendi  della  pronuncia  della  Corte  d’Appello  fiorentina,  giova  svolgere  qualche  breve  considerazione  conclusiva  in  ordine  al  danno  non  patrimoniale  derivante  da  immissioni  sonore  intollerabili  e  alla  sua  autonomia  rispetto  al  danno  biologico  strettamente  inteso.  Già  si  è  richiamato  il  passo  della  sentenza  delle  Sezioni  Unite  n.2611/2017,  ove  si  distingue  tra  il  danno  biologico  determinato  dalle  immissioni  sonore  e  il  “pregiudizio  non  patrimoniale  derivante  dallo  sconvolgimento  dell’ordinario  stile  di  vita “,  ribadendo  che  “ il  danno  non  patrimoniale  conseguente  ad  immissioni  illecite  è  risarcibile  indipendentemente  dalla  sussistenza  di  un  danno  biologico  documentato, quando  sia  riferibile  alla  lesione  del  diritto  al  normale  svolgimento  della  vita  familiare  all’interno  della  propria  abitazione  e  del  diritto  alla  libera  e  piena  esplicazione  delle  proprie  abitudini  di  vita  quotidiane (…)”.   In  effetti  tale  distinzione  è  corretta  e  doverosa :  si  è  autorevolmente  sostenuto  che  le  immissioni  sonore  intollerabili  possono  causare  fastidio  e  stress  e  che  Il  fastidio  e  lo  stress, anche  quando  non  degenerano  in  un  danno  alla  salute, costituiscono  un  danno  risarcibile  in  due  casi : o quando  la  condotta  illecita  dovesse  integrare  gli  estremi  d’un  reato ( ad  es., disturbo  delle  occupazioni o del  riposo  delle  persone : art. 659  c.p. ); o  comunque  quando  le  immissioni  siano  così  gravi  e  ripetute  da  pregiudicare  il  ‘diritto  al  normale  svolgimento  della  vita  familiare  all’interno  della  propria  abitazione  e  del  diritto  alla  libera  e  piena  esplicazione  delle  proprie  abitudini  di  vita  quotidiane’ “ ( M. Rossetti, Il  danno  alla  salute, Terza  edizione, Milano, 2021, pagg. 1100-1101 ).   Infatti, affinchè  un  danno  alla  salute, sia  fisica  che  psichica, sia  in  concreto  configurabile  è  pur  sempre  necessario  che  sia  accertata  l’esistenza  d’una  disfunzione  anatomo-patologica ( cioè  d’una  lesione  in  corpore ), oppure  l’insorgenza  d’una  patologia  psichica “ :  non  basta  dimostrare  la  sussistenza  delle  immissioni  e  l’intollerabilità  delle  stesse, ma  è  necessario  dimostrare  che  esse  abbiano  causato  una  effettiva  compromissione  dello  stato  di  salute, vuoi  in  modo  permanente, vuoi  in  modo  temporaneo   ( M. Rossetti, op. cit., pag. 1101 ).

A  questi  princìpi  e  criteri  delineati  dalla  Suprema  Corte  la  sentenza  della  Corte  di  Appello  di  Firenze  qui  commentata  si  è  uniformata  in  modo  lineare  e  consapevole,  correggendo  una  erronea  lettura  della  pronuncia  di  primo  grado,  che  invece  non  distingueva  tra  il  danno  biologico  provocato  dalle  immissioni  di  rumore  intollerabili  e  il  danno  non  patrimoniale  provocato  dalle  stesse  e  risolventesi  nella  lesione  del  diritto  al  normale  svolgimento  della  vita  familiare  all’interno  della  propria  abitazione  e  del  diritto  alla  libera  e  piena  esplicazione  delle  proprie  quotidiane  abitudini  di  vita.  

                                                                                                        Massimo  Niro

                                                                                                 ( giurista, ex-magistrato )

                                                            


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