Pomeriggio, l’arrivo del treno da Roma era previsto per le sei e un quarto. Fu quando vidi Lucia scendere sul marciapiedi, e avvicinarsi progressivamente, a me che l’aspettavo all’inizio del binario, fu soprattutto quando mi ebbe raggiunto sotto la pensilina, che ebbi quel tuffo al cuore.
Da due mesi ci telefonavamo quasi quotidianamente. Era stata lei a cercarmi al principio, via mail, per una collaborazione che lei proponeva, come esperta di sociologia, alla nostra rivista on line. I contatti telefonici si erano poi infittiti, man mano, confidenze, raccontini, piccoli segreti, risate, progetti.
Trent’anni Lucia, sola sentimentalmente, una vita complicata diceva; allegra, piena di fantasia, era stata lei a decidere di venire a trovarmi, per l’inizio di settembre. Solo che non mi aveva parlato, per telefono, di quella cosa - che adesso vedevo invece chiaramente, a pochi centimetri di distanza: la cicatrice rossastra che le attraversava la guancia sinistra, dall’angolo della bocca sino all’orecchio.
Mi ero aspettato una biondina liscia, paffutella, e invece ….
Il trucco e la cipria non bastavano a nascondere i segni
Abbracciandola l’avevo anche baciata, sugli zigomi, su entrambi nel saluto; lei si era accorta comunque del mio disagio. Non mi aveva inviato foto sue, in precedenza, tranne che una in piedi, di schiena, da lontano; solo ora scoprivo il perché, temeva andasse come altre volte, chissà … era rimasta vittima di un incidente stradale, dieci anni prima, me l’aveva raccontato dopo cinque minuti, aveva già subito vari interventi chirurgici.
A lungo ero rimasto come paralizzato. Mi aveva fatto varie domande, a cena, su di me, sulla rivista, non rispondevo; ero ancora sotto shock, non riuscivo a dissimulare.
Solo all’ultimo mi ero un po’ ripreso.
Era ospite in città di un’amica, Lucia; io a casa ero finito davanti allo specchio, in bagno, non sapevo più chi ero, a cosa pensare. Mi vergognavo per come mi ero comportato.
Lucia era la prova vivente della crudeltà della vita - io avevo contribuito coi miei blocchi a ferirla ancor più. Feci una cosa che non mi capitava da vari anni, scoppiai a piangere; continuando a guardarmi allo specchio, poi, a parlare da solo, due minuti di singhiozzi.
Il giorno dopo le regalai un braccialetto di peltro, riuscii un po’ a farmi perdonare: rivedendola nel pomeriggio non avevo più avuto reazioni strane, di disagio.
Con gli anni dovevamo diventare grandi amici.
La guancia di Lucia non sarebbe più cambiata.