La persona fragile - altro passaggio chiave - è in realtà la prima a non voler morire, almeno di solito; la più decisa a sperare di essere salvata. E’ spezzata in due parti, come tanti esseri umani, lei anzi più profondamente del consueto; e se la parte emergente/appariscente ripete che vuol continuare a non mangiare e a intossicarsi, quella nascosta, che esiste con altrettanta forza, e che è la più profonda, lascia intendere come sia vero il contrario.
E’ con questa seconda - dopo essersi congruamente avvicinati a lei - che giudice e l’amministratore di sostegno dovranno prendere contatti, approfondire le questioni; suggellando infine il ‘’patto di rifioritura’’, in sintonia con l’art. 1341 cod. civ.
Anche la prassi delle concessioni pudiche, semiclandestine, del “si fa ma non si dice”, nella motivazione, mostra di essere meno seguita ultimamente, presso le Corti di giustizia.
Se è vero poi che la salute va intesa secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, cioè come situazione di benessere, si perde perfino il conto di quante siano le microaree personali - collegate allo stare bene - rispetto a cui la nostra giurisprudenza è venuto riconoscendo, anno dopo anno dal 2004, l’applicabilità di una rappresentanza esclusiva, in favore dell’amministratore: lungo passaggi come il matrimonio, la scelta dell’abitazione, delle convivenze, il denaro e gli investimenti, l’entrata in una casa di riposo, le vaccinazioni, altre priorità esistenziali e antropologiche, la visita di estranei in una RSA, la scelta della badante e dello stesso amministratore di sostegno.
Non è salute anche questo, voce per voce? Difficile negarlo, dopo tanti decreti giudiziali, degli ultimi anni, impossibile contestare quindi che la legge n. 6 del 2004 è entrata ormai, a buon diritto, nel raggio del secondo comma dell’art. 3 Cost. In suo nome si potranno autorizzare oggigiorno, quando manchino alternative, con la prudenza del caso, tutti gli interventi capaci di evitare seri pregiudizi all’interessato e ai suoi cari